47. Dobbiamo parlare

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Olive


Il giorno successivo, arrivo a casa di Dave, e appena lui apre la porta, gli salto addosso e lo bacio.
«Sei un fuoco anche stasera, eh?»
Vado verso la sala e mi giro verso di lui per sorridergli, mentre Dave chiude la porta. Seduta sul divano, accavallo le gambe e gli dico:
«Avanti, vieni qui.»
Dave non risponde e se ne sta fermo immobile sulla soglia della porta. Lo osservo e mi alzo per raggiungerlo. Mi avvicino a lui e gli chiedo:
«Ti va di replicare quello che è successo ieri sera?»
Sto per baciarlo, ma lui mi ferma e dice:
«Olive, no.»
Rimango stupefatta, così gli chiedo:
«Che c'è?»
«Dobbiamo parlare.»
Dobbiamo parlare. Due parole che vogliono dire solo una cosa.
«Dobbiamo parlare? Non sono mai state due belle parole, almeno non tra due persone che si frequentano o stanno insieme.»
Dave mi guarda senza dire niente.
«Parla, allora.»
Fa un respiro e poi inizia il discorso, dicendo:
«Ci ho pensato per un giorno intero e... sono arrivato ad una conclusione. Dobbiamo finirla qui, Olive, non possiamo continuare così. Da quando ti conosco non faccio altro che fare cose da adolescente, ma io non sono più un adolescente da molto tempo. Ho trentun anni, non sono più un ragazzino.»
«Io per te sarei una ragazzina?» chiedo, delusa.
«No, per me sei una donna e non dimostri neanche la tua età, ma hai comunque sedici anni.»
«Perché fino a ieri sera andava tutto bene e oggi improvvisamente vuoi finirla?»
«Perché io sono un tuo professore, e perché tu hai sedici anni e io trentuno. In questo mese non abbiamo fatto altro che fare sesso. È stato divertente, ma non può durare.» risponde Dave, deciso.
«Non ti sei fatto problemi quando abbiamo scopato sul tavolo della cucina la prima volta e non ti sei fatto problemi neanche ieri sera sul mio letto, e poi nella vasca da bagno.» dico, infastidita.
«Dovresti frequentare quelli della tua età, Olive, o al massimo quelli del college. Kurt, ad esempio. Kurt è interessato a te e lo sai. Ti sbava dietro praticamente, ma tu te ne freghi.»
«Non sono attratta da lui. Mi interessi solo tu, Dave.»
Giocherello con i suoi capelli e lui mi allontana la mano.
«Per favore, Olive, cerca di capire. È stato bello, è stato divertente, ma adesso è tutto finito. > >
«Quindi è tutto qui? Così... tu da un giorno all'altro metti la parola fine e basta?» domando.
«Sì. Dai una possibilità a Kurt. Lui è davvero interessato a te. Potrai fare sesso con lui, invece che con me.»
«Ma lui è un ragazzino, mentre tu sei un uomo.»
«Appunto.»
Mi rassegno. Credo che non ci sia altro da fare. Dave sembra molto deciso. Adesso sembra più il mio professore che il ragazzo con cui faccio sesso abitualmente. Obiettivamente lo è.
Mi guarda negli occhi e mi accarezza una guancia, dicendomi:
«Sei davvero bellissima, Olive, ma io non posso più stare con te, o meglio, non posso più fare sesso con te, perché alla fine l'unica cosa che facevamo era quella.»
Non dico niente e Dave invece continua il suo discorso.
«D'ora in avanti mi chiamerai solo professor Keaton o signor Keaton, e non più Dave o David. E, per favore, parla con Kurt e prova a dargli una possibilità. È un ragazzo carino, non capisco perché non dovrebbe interessarti.»
Faccio un respiro profondo e dico:
«D'accordo.»
Vado verso la porta e la apro, ma mi fermo quando Dave mi chiede:
«Perché te ne vai?»
«Sono una tua alunna, non dovrei essere qui.» rispondo, senza neanche girarmi.
C'è silenzio per pochi secondi, poi Dave dice:
«Allora, ciao.»
«Ciao.» lo saluto, freddamente.
Esco dalla porta e la chiudo.
«Olive!» mi sento chiamare.
Mi volto e lo guardo senza dire niente.
«Non voglio che torni a casa da sola, lasci che ti accompagni.»
Sorrido e lui chiude la porta dietro di sé, raggiungendomi.
Una volta davanti a casa Pope, Dave ferma la macchina e dice:
«Ci vediamo a scuola, allora.»
«Sì.»
Mi volto verso di lui, ma lui guarda davanti a sé.
«Ciao.»
Finalmente si volta e semplicemente mi saluta.
Gli faccio un leggero sorriso, poi apro la portiera ed esco dalla macchina, raggiungendo la villa dei Pope.
Quando sono nel corridoio del primo piano, una voce mi chiede:
«Già a casa?»
Mi giro e Chad è a pochi metri da me.
«Sì, già a casa.» rispondo.
«Come mai? È successo qualcosa?»
«Non sono affari tuoi, Chad. Per favore, non fare mille domande.» rispondo, scocciata.
«Okay, okay, scusa.» dice lui, e lo vedo avvicinarsi a me.
«Sembri triste.» aggiunge, guardandomi dritto negli occhi.
Lo guardo confusa e dico:
«Non lo sono.»
«D'accordo.» afferma, e fa dietro front, ma pochi secondi dopo si gira verso di me e aggiunge:
«Ma come tu hai aiutato me, se vuoi parlare io ci sono, okay?»
Sarà anche petulante, però è stato dolce a dirmi così.
«Okay.» rispondo semplicemente, poi ognuno entra nella propria camera.

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