Capitolo 37 - Heavy (Pt. 2)

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-Non male-.

Aveva tutta l'aria di essere una bugia bella e buona, ma Pietro non insistette oltre: non voleva innervosirla più di quanto non sembrasse già. Si era abituato a quel perenne stato di Giada: sembrava avercela costantemente con lui, in qualsiasi caso e in qualsiasi momento. A stento si faceva toccare, facendo qualche eccezione solo quando il bambino si muoveva: almeno in quei momenti, Pietro poteva concedersi un sorriso intenerito nel sentire i calci di suo figlio contro il grembo di Giada.

-Mi puoi ricordare quand'è la prossima visita?- chiese poco dopo, cercando di reprimere uno sbadiglio. Cercava di non perdersi nemmeno un'ecografia, anche se a volte doveva far i salti mortali per far combaciare il lavoro con le visite. Erano appuntamenti importanti, anche per lui: non sapeva se avrebbe mai avuto un altro figlio, e non aveva alcuna intenzione di perdersi nemmeno un secondo della crescita del piccolo che Giada portava in grembo. Per quanto tra di loro i rapporti si fossero deteriorati, Pietro era fermamente convinto che di quello, suo figlio, non avesse colpa alcuna.

-Lunedì prossimo- Giada bevette un lungo sorso dalla tazza, evitando gli occhi di Pietro – Alle sei, se non ricordo male-.

Pietro si ritrovò ad annuire, prendendo mentalmente nota che sarebbe dovuto uscire in anticipo dall'ufficio ancora una volta.

-Prenderò un permesso, così posso accompagnarti- disse infine, alzandosi per prepararsi un po' di caffè.

-Ma che gentile-.

Le parole di Giada erano state quasi silenziate dal rumore della sedia spostata, ma Pietro fu comunque quasi del tutto sicuro di ciò che aveva appena sentito:

-Scusa?-.

Si bloccò in piedi, tenendo gli occhi fissi su di lei. Aveva già capito che in quella giornata tirasse un'aria ancora peggiore del solito, ma non aveva nemmeno immaginato che potesse essere davvero così tanto peggiore.

Giada ricambiò lo sguardo con aria di sfida:

-Venire ad una visita che riguarda quello che è anche tuo figlio mi sembra il minimo-.

Pietro rimase immobile per diversi secondi, raggelato, la mente svuotata come se avesse appena ricevuto un pugno dritto in faccia.

Cercò di riportare alla mente le conversazioni degli ultimi giorni avute con Giada, come a voler ricercare il seme dal quale doveva essere nata quell'ostilità particolarmente viva di quella mattina.

Non ricordò nessuno sgarbo in particolare che doveva averle riservato.

-Che diavolo ti prende?- cercò di nascondere il meglio possibile la rabbia che si sentiva dentro, ma era piuttosto consapevole di esserci riuscito ben poco – Non mi sembra di aver saltato nemmeno una visita finora, e di non essermi nemmeno mai lamentato dei permessi che devo prendere per venire con te-.

Giada non sembrò minimamente impressionata; continuò a rigirare il cucchiaio nella sua tazza di thè, come a voler ignorare Pietro ancora per un po'. Dopo almeno un minuto passato ad attendere una qualsiasi risposta, Pietro giunse alla conclusione che l'unica che avrebbe avuto sarebbe stato quel silenzio pesante e teso.

Giada bevette un altro sorso di thè, prima di alzarsi a sua volta, circumnavigare il tavolo ed arrivare di fronte a Pietro. Lo teneva fissato con gli occhi azzurri, freddamente:

-Potrai anche non lamentartene a voce, ma ti si legge in faccia che preferiresti essere altrove piuttosto che qua-.

"Preferiresti essere altrove piuttosto che qua".

Pietro sentì rimbombare quelle parole nella testa come una fastidiosa cantilena, una nenia avvelenata e acida che lo faceva sentire a disagio.

Eppure Giada aveva ragione, quello doveva riconoscerglielo. Solo, si sbagliava ancora una volta sul perché.

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