Capitolo 21 - Il regalo più grande (Pt. 3)

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Voglio farti un regalo

Qualcosa di dolce

Qualcosa di raro

Non un comune regalo

(Tiziano Ferro - "Il regalo più grande")*





-Cerca di respirare! Così, brava!-.

I ciuffi di capelli scuri le si erano appiccicati alla fronte sudata, e Nicola aveva quasi rinunciato a spostarglieli, ormai ben più preoccupato per i gemiti di dolore che Caterina cercava inutilmente di soffocare.

Erano passate diverse ore da quando erano arrivati in ospedale, e sebbene fossero le due e mezza passate di mattina, Nicola non riusciva a provare alcuna stanchezza.

Se ne stava accanto al letto d'ospedale, piegato sul viso di Caterina, contratto ormai costantemente da smorfie di sofferenza. Le contrazioni ormai avvenivano a distanza di pochissimo, e Nicola immaginava fosse come un dolore continuo.

Si sentiva estremamente impotente, in quel momento: vedeva Caterina soffrire, e lui non era in grado di darle alcun conforto che potesse darle sollievo anche solo per qualche minuto. Nel guardarla gli sembrava quasi di sentire lui stesso le fitte che doveva provare lei.

-La dilatazione è completa-.

La voce dell'ostetrica lo distrasse per un attimo, spingendolo a staccare lo sguardo da Caterina. Aveva appena finito di fare il consueto tracciato, e a quanto pareva il momento doveva essere giunto.

-E ora che succede?- chiese Nicola, ingenuamente. In realtà credeva di sapere bene quale risposta aspettarsi, ma ormai l'agitazione era tale da non riuscire bene a parlare del tutto lucidamente.

Caterina, invece, non rispose nemmeno. Spostava solo gli occhi lucidi da Nicola all'ostetrica, in preda a quello che Nicola avrebbe definito puro panico.

-Ora la porteremo in sala parto e la prepareremo- spiegò l'ostetrica, con lo stesso tono di voce calmo e disponibile che aveva mantenuto per tutta la nottata – E poi ... Beh, seguiremo il corso degli eventi-.

Nicola annuì, senza troppo entusiasmo. Era dolorosa l'idea di doversi separare da Caterina, e forse avrebbe voluto rimandare ancora un po' il momento del parto. Forse non si sentiva del tutto pronto, ma allo stesso tempo dubitava anche che lo sarebbe stato mai del tutto.

-Vado ad avvisare la ginecologa e l'altra ostetrica- riprese a parlare la donna, rivolgendosi direttamente a Nicola – Ci metterò un attimo. Vi lascio da soli, nel frattempo-.

Nicola la sentì camminare verso la porta della sala, e richiuderla dietro di sé. Non aveva sperato in una simile occasione – un ultimo attimo da solo con Caterina-, e gli sembrava perfino irreale ritrovarsi a viverla sul serio.

-Io tra poco dovrò andare- si avvicinò ulteriormente a lei, carezzandole piano i capelli scompigliati, cercando di trasmetterle più forza possibile – Andrà tutto bene, lo sai?-.

Caterina lo fissò per lunghi attimi; una lacrima le scivolò lungo la guancia, ma non si curò nemmeno di asciugarla.

-Ho paura- mormorò flebilmente, e con una tale sincerità che a Nicola si strinse il cuore. Si ritrovò a pensare che, nonostante tutto, in quel momento riusciva a capire benissimo come doveva sentirsi.

-Anche io- le baciò piano la fronte sudata, rimanendo con le labbra poggiate sulla pelle accaldata per un tempo imprecisato – Anche io-.

Non si era mai sentito così tanto un pesce fuor d'acqua come in quel momento. Nella sala d'attesa dell'ospedale, raggiunta dopo aver attraversato il lungo corridoio del reparto, vigeva un'insolita calma quasi irreale.

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