Capitolo 8 - Little wonders (Pt. 1)

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Let it go, let it roll right off your shoulder

Don't you know the hardest part is over?

Let it in, let your clarity define you

In the end we will only just remember how it feels

(Rob Thomas - "Little wonders")*


Pietro attese con calma che l'acqua della doccia si scaldasse, prima di infilarsi dentro la cabina e tirare un sospiro di sollievo. A starsene lì fuori in attesa aveva cominciato ad avere la pelle d'oca: nonostante aprile fosse già iniziato da alcuni giorni, alla mattina faceva ancora troppo freddo per restarsene ad aspettare per interi minuti senza niente addosso.

Chiuse la cabina della doccia, finalmente solo e abbastanza sicuro di potersene restare in pace almeno per un po'. Erano solo le otto di mattina, e Giada doveva ancora dormire tranquilla: le piaceva svegliarsi tardi quando aveva lezione solo per qualche ora al pomeriggio, e quello era proprio uno di quei giorni.

Pietro si buttò sotto il getto dell'acqua, chiudendo gli occhi mentre sentiva la sensazione di calore e le gocce d'acqua scorrere lungo il suo corpo.

Quella si prospettava come una giornata lunga, sebbene non avesse lezione il giorno stesso né il giorno successivo: probabilmente Giada sarebbe rimasta con lui fino all'ora di doversene andare in università, e la sera se ne sarebbe uscito per festeggiare il compleanno di Alessio.

Sorrise tra sé e sé a quel pensiero, e a nulla servirono gli sforzi per trattenersi. Si sentiva uno stupido, in momenti simili, quando sorrideva automaticamente quando il pensiero tornava a lui, a dispetto di tutte le loro incomprensioni e le parole non dette.

Era da un po' di tempo che non lo vedeva: seguire due corsi diversi alla magistrale li aveva portati inevitabilmente a dividersi anche all'università. Di certo erano passate due settimane dall'ultima volta in cui aveva parlato con Alessio: l'ultimo loro incontro, in una sala studio della loro facoltà, risaliva a prima della sua partenza per l'Inghilterra. Ovvio che quella sera non sarebbero stati da soli – non sarebbe stata una vera festa per il suo ventiquattresimo compleanno, se fossero mancati Nicola, Caterina, Giulia, Filippo e anche Alice-, ma gli andava bene ugualmente. Cominciava pian piano ad abituarsi all'assenza di Alessio in casa e più in generale attorno a lui, ma non poteva nemmeno negare a se stesso di gioire dentro di sé ogni volta che era sicuro l'avrebbe rivisto. Ed era una cosa del tutto masochistica, lo sapeva: non poteva credere davvero di poterlo dimenticare, se passava gran parte del suo tempo sperando di ricevere un suo messaggio in cui Alessio gli chiedeva se era libero per uscire.

Era che, in certi momenti, per quanto potesse essersi abituato, sentiva la sua mancanza così tanto da sentirsi bloccare il respiro. Ed erano in quei momenti che doveva far forza sulla sua volontà per far finta che andasse tutto bene. Il pensiero di Alessio sembrava accompagnarlo sempre, anche quando non pensava a lui consapevolmente.

Chiudendo gli occhi, facendo un piccolo sforzo per riportare alla mente ricordi che apparivano ormai quasi del tutto sfumati, sarebbe riuscito a ricostruire il sogno che aveva fatto quella notte stessa. Cominciava a sentirsi colpevole, per quei suoi sogni: dormiva con Giada accanto, ma la sua mente, anche dormiente, era rivolta a qualcun altro.

Riaprì gli occhi giusto il tempo per girare la manopola della doccia, bloccare il getto d'acqua e prendere un po' di bagnoschiuma tra le mani, prima di richiudere gli occhi.

In quel momento, rilassato e senza troppi pensieri per la testa, con ancora il tepore dell'acqua calda stampato sulla pelle, gli era più facile ricordare le sensazioni che gli davano i sogni che ancora faceva su se stesso ed Alessio. Arrossì appena, nel ripensare allo stesso calore che riusciva ad associare a quelle immagini.

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