Capitolo 21 - Il regalo più grande (Pt. 4)

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Vorrei mi facessi un regalo

Un sogno inespresso

Donarmelo adesso

Di quelli che non so aprire

Di fronte ad altra gente

Perché il regalo più grande

È solo nostro per sempre


Aveva controllato da poco l'ora sul suo cellulare, constatando che ormai erano le tre e mezza del mattino. Era ancora seduto mollemente sulla sedia della sala d'attesa, in quel momento più silenziosa rispetto a prima; forse fu proprio grazie a quel silenzio che riuscì a distinguere piuttosto in fretta il rimbombo di passi lungo il corridoio.

Alzò il viso proprio mentre sopraggiungeva di nuovo l'ostetrica. Di nuovo sentì il fiato accorciarsi, e il cuore gli sembrò quasi pronto a saltargli fuori dal petto, quando si accorse che, stavolta, la donna stava puntando proprio lui. Si rimise in piedi in un batter d'occhio, avanzando di qualche passo. Cercò di mantenere un'apparenza calma, ma la verità era che si sentiva ad un passo dal crollo nervoso.

L'ostetrica gli si fermò di fronte qualche secondo dopo, osservandolo con quello che a Nicola parve un sorriso ancor più aperto:

-Come si sente? È riuscito a calmarsi un po'?- gli chiese subito, nonostante dovesse aver già intuito quale sarebbe stata la risposta.

-Più o meno- ribatté Nicola, a bassa voce. In realtà non si era calmato affatto: aveva passato l'ultima mezz'ora più agitato di prima, vagliando tutte le ipotesi su quello che poteva star avvenendo nella sala parto dove c'era Caterina. Si era odiato profondamente per la sua totale incapacità di distrarsi anche solo minimamente.

-La sua compagna sta bene- Nicola si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo non appena la donna ebbe pronunciato quelle parole – Stanca, ma in salute. È prassi tenere le partorienti per un paio d'ore nella saletta accanto alla sala parto, ma non è nulla per cui allarmarsi. La vedrà tra un po'-.

Quella era senz'altro una delle buone notizie che voleva sentire.

-E il bambino?- azzardò Nicola, ancor più curioso e ancora non del tutto tranquillo.

L'ostetrica lo osservò affabilmente, prima di ammiccargli e dire:

-Venga con me. C'è qualcuno che desidererebbe conoscerla-.

Nicola non riuscì nemmeno a rispondere. Sentiva il cuore in gola come non mai, e il respiro farsi ancor più accelerato. Dubitava perfino di riuscire a camminare, ma non appena vide l'ostetrica voltarsi e incamminarsi lungo il corridoio, la seguì all'istante.

Quel tragitto gli sembrò quanto di più surreale avesse mai vissuto. L'ostetrica continuava a spiegargli come era andato il parto e le prime visite che erano state fatte al piccolo – a Nicola, in fondo, interessava solo sapere che era andato tutto bene, al momento i dettagli non gli importavano-, ma la ascoltava come se la sua fosse una voce distante, proveniente da un altro mondo.

Non sapeva bene cosa aspettarsi o come si sarebbe dovuto comportare di lì a poco: quella era una di quelle cose che non venivano mai spiegate, che nessuno raccontava mai. Si sentiva totalmente impreparato, e in fondo dubitava altamente esistesse un qualche tipo di preparazione al primo incontro con un figlio appena nato.

Quel tragitto lungo quel corridoio dall'aria asettica, grigia e impersonale, fu probabilmente quello che lo fece sentire più strano in tutta la sua vita. Era un semplice camminare per gli spazi dell'ospedale, ma sospettava che quei momenti sarebbero rimasti incisi nella sua memoria per tutti gli anni a venire. Era come andare incontro ad un destino già conosciuto e totalmente ignoto allo stesso tempo. Una contraddizione che lo faceva vibrare nel corpo, di paura e felicità contemporaneamente.

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