Capitolo 11 - Runaway (Pt. 1)

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I wanna runaway

Never say goodbye

I wanna know the truth

Instead of wondering why

I wanna know the answers

No more lies

I wanna shut the door

And open up my mind

(Linkin Park - "Runaway")*


Le mani le tremavano in modo quasi incontrollato, mentre cercava di spostare i capelli dal viso. Faceva fatica a reggersi in piedi, più per la testa che girava per l'agitazione che per la pressione bassa che doveva effettivamente avere.

Caterina fece qualche passo incerto, tirando lo sciacquone del water prima di dirigersi verso il lavandino, lentamente e ancora scossa dai tremiti. Si risciacquò la bocca il più possibile, il sapore odiato del vomito che però sembrava non volersene andare facilmente.

Restò ferma aggrappata al lavandino per minuti che le sembrarono interminabili, osservando la propria figura riflessa nello specchio: era terribilmente pallida, i capelli scomposti ed arruffati, gli occhi vagamente arrossati e lucidi per lo sforzo di vomitare. Cercò di reggersi dritta, senza più appoggiarsi con le mani sui bordi del lavabo, girandosi di fianco. Secondo i calcoli che aveva fatto con l'aiuto di Giulia, doveva aver appena concluso il primo mese di gravidanza. Non sapeva quanto fossero affidabili i calcolatori automatici che si potevano trovare su internet, ma a quanto pareva il 1°maggio doveva essere il primo giorno del secondo mese. Probabilmente lo avrebbe saputo con più certezza solo dopo la visita con la ginecologa, alla quale mancava ancora una settimana.

Spostò verso l'alto il tessuto della maglietta, lentamente e con gesti malfermi: studiò il riflesso che le restituiva lo specchio, e ad una prima occhiata la sua pancia le sembrò già più gonfia e piena rispetto a qualche giorno prima. Probabilmente era soltanto un'impressione – era decisamente troppo presto perché la pancia sporgesse davvero-, ma le bastò per ritirare giù la maglietta e coprire la pelle di nuovo.

Per un breve momento si immaginò nella stessa posizione, lì davanti allo specchio, di lì a qualche mese: si sarebbe rivista con il pancione, o tutto sarebbe finito ben prima di arrivare a quel punto?

D'altro canto, avrebbe sempre potuto perderlo spontaneamente.

O forse, semplicemente, non l'avrebbe tenuto.

Caterina tirò un sospiro, allontanandosi da quell'angolo del bagno, per fermarsi un attimo davanti alla finestra: il cielo era talmente scuro e grigio da minacciare sicuramente qualche temporale. Tutto preannunciava una turbolenza, un po' come stava capitando in lei da una settimana.

Avrebbe dovuto pensare seriamente a cosa fare. Sapeva che doveva farlo: avrebbe dovuto informarsi meglio su come fare per prenotare un'interruzione di gravidanza, o capire se il Comune disponesse qualche aiuto alle giovani donne incinte. Doveva tenere presente tutte le possibilità da ambo le parti, ma la concentrazione negli ultimi giorni sembrava essere andata persa completamente.

L'unica consolazione era che era riuscita a fare quelle maledette analisi del sangue e prendere un appuntamento per una visita ginecologica. E a decidere, finalmente, che era decisamente giunto il momento per parlare con Nicola.

Per quanto si fosse sforzata di iniziare il discorso, non c'era davvero stata una vera occasione, fino a quel momento, in cui se l'era sentita sul serio: sabato se ne era tornato a Torre San Donato, per il compleanno della madre, e Caterina era rimasta a casa giustificandosi come non si sentisse affatto bene. Nicola non aveva nemmeno indagato oltre, né aveva insistito ulteriormente. E poi domenica, una volta tornato, era dovuto praticamente andare subito al lavoro, nel ristorante dove lavorava da un anno come cameriere.

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