CAPITOLO 36

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Avrei voluto che le cose fossero andate diversamente ma capita spesso che non siamo padroni di ciò che accade. Poco importa ciò che voglliamo, a volte le cose succedono e basta.
Tutto è incerto, soggetto a variabili incostanti, frutto del caso.
Ho sempre amato avete il controllo ma non è altro che un'illusione.
Una barzelletta che mi sono raccontata per anni ma che non fa più ridere..

Due anni dopo.
ZULEMA

Rigiro il liquido nel mio bicchiere dal colore ambrato e il sapore pungente, ghiacciato come lo sono io. Il vento impetuoso rende animati gli alberi che si muovono in torsioni e danze senza mai spezzarsi. Sento freddo ma non tremo, non ci sono emozioni o avvenimenti che riescono a darmi un briciolo di calore. È come se avessi spento tutto quanto con la consapevolezza che semplicemente è meglio così. Non sono una buona compagna, non sono una buona madre ma sono brava a manovrare la politica. Per questo mi attendono le elezioni da Primo Ministro. Abbiamo scacciato il terrorismo usando le maniere forti e abbiamo vinto.

Ho vinto. Ma ho anche perso.

Ho perso principalmente parti di me che non riavrò. Mi sento vuota, arrabbiata con il mondo intero. Per soffocare la sofferenza sono ricaduta nei vecchi vizi che mi fanno sentire solo peggio ma per un breve istante quando riesco a spegnere il cervello posso lasciarmi libera di sfogare i miei istinto senza pensare a quello che poteva essere ma che non è mai stato.

Io so che non tornerà.
I primi mesi la cercavo nei volti di coloro che incontravo, mi sembrava di sentire la sua voce, il suo profumo. Poi ho smesso di sperare. Di aspettare.
Mi sono resa conto che era finita. Che mi aveva lasciata.
È stato facile iniziare ad odiarla perché era il modo migliore per non ammettere che l'amo.
La parte difficile è dimenticarla, rimuovere anche il più piccolo ricordo di Lei. Ci sto ancora lavorando.

Due mani mi accarezzano la schiena fino ad arrivare sul grembo, un abbraccio da dietro che non sento mentre la sua voce roca e sensuale mi sussurra "Sei già in piedi?"

"Non avevo più sonno" rispondo bevendo un altro sorso. Le sue mani mi slacciano il chimono che indosso ed entrano a contatto con la mia pelle. Neppure un brivido. Nessun calore. Solo ghiaccio e deserto roccioso nel mio cuore fatto a pezzi e mai più ricostruito.

"Ora non ho più sonno nemmeno io" mi sussurra sento le sue mani andare dritte al punto.

Lo so bene cosa vuole. Sesso.
Ed io voglio lo stesso. Una pausa da me stessa.

Mi volto e l'afferro per il collo prima di spingere prepotentemente la lingua in fondo alla sua gola in un bacio che non sa d'amore. Incontro il suo sguardo pieno di desiderio che mi spinge a baciarla ancora. Prepotentemente. Senza un briciolo di passione, solo pura possessione.

Mi scolo l'ultimo sorso prima di posare il bicchiere, la guardo trucidandola. La intimorisco.

Ho il completo controllo.

"Che cosa vuoi, Helena?" Le domando mordendole il labbro.

"Scoparti" mi risponde prendendomi per i fianchi e tirandomi a sé.

Non vuole me.
Lei avrebbe risposto diversamente.
Lei avrebbe detto che vuole me.
Forse perché sapeva che poteva avermi in un modo che Helena non potrà mai nemmeno avvicinarsi.
Forse perché sapeva che era diverso.
Ma lei non è qui.

Se è scopare ciò che vuole, sono la prima a volerglielo dare. Me la porto in camera senza più nemmeno parlare, ma non è ossigeno quello che sento piuttosto un continuare a cadere negli abissi senza mai riemergere.

Un anno dopo..

Un fortissimo temporale è esteso su tutta la città, il rumore delle gocce che picchiano violentemente contro i vetri mi impedisce di sentire qualsiasi altro rumore.

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