CAPITOLO 52

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Era facile quando non mi importava dell'incolumità di coloro che proteggevo. Svolgevo il mio lavoro in modo impeccabile grazie alle mie capacità ma restavo sempre calma dentro. Avevo la fama di essere una persona fredda e razionale, al limite della patologia. Perché di base sapevo che non avrei perso nulla se non il lavoro stesso nel caso le cose si fossero messe male. 

Ma quando tieni a qualcuno, quando ami chi stai proteggendo, quando mescoli lavoro e vita privata, le cose sono molto diverse.

Una voce, quella di Gibbs, insiste a chiedermi come sto ma in questo momento non riesco a capirlo.

"Maca! Situazione?"

Un fischio prolungato mi perfora il timpano mentre il caos si genera intorno a me, l'altare alle nostre spalle prende fuoco così come i fiori che gli facevano da cornice. L'inferno si scatena. Sento grida e pianti intorno a me, ovattati mi arrivano in lontananza. 

"Maca! Situazione??"

Sento dolore ma resisto. Sono disorientata e devo concentrarmi per riuscire a mettere a fuoco il mondo intorno a me. Mantengo il sangue freddo ma il mio battito cardiaco è accelerato quando i miei occhi cercano i suoi. Non diciamo una parola ma so che sta bene "Stiamo bene" dico all'auricolare prima di accarezzarle il viso e sorriderle "Dico bene?"

"Quando ti ho chiesto di far saltare il matrimonio, devi avermi fraintesa" mi risponde, scoppiamo a ridere come due deficienti. Annuisco e riprendo a respirare adesso  che so che anche lei sta bene. Le ho salvato la vita.

Nei nostri sguardi reciproci c'è un discorso lungo che non viene espresso a parole ma è così chiaro da non lasciar dubbi. Anche un cieco vedrebbe l'immensità del sentimento che proviamo.

Mi guardo intorno, so che devo portarla via. Riprendo i contatti tramite l'auricolare "Gibbs, aggiornami!"

"...Lo abbiamo perso, Maca"

"Cosa?! Siete sicuri?" Spalanco lo sguardo "Com'è possibile?!"

"Ha eluso la sicurezza.. non so come, ma c'è riuscito!"

Ho la sua immagine bene impressa nella mia testa, conosco i dettagli del suo volto a memoria, saprei riconoscerlo ovunque. 

Sento le sirene dei soccorsi farsi sempre più vicine.

Mi alzo e aiuto Zulema, con lo sguardo mi chiede se lo abbiamo preso e per me è dura dirle di no.
Ho fallito, di nuovo.

Guardo l'altare in legno dal quale l'ho spinta giù, è ormai ridotto a un mucchio di cenere.

Di Fabio non c'è traccia, ed era accanto a lei. 

Lei sbianca di colpo  "Dov'è Fatima?" mi chiede guardandosi intorno "Non era vicino all'altare perciò.. non.. lei non.." va in panico in tempo zero mentre non la troviamo da nessuna parte.

Io vado in panico con lei al solo pensiero di poterla perdere. Come due madri, iniziamo a cercarla con lo sguardo e a chiamarla ripetutamente cercando di sovrastare il rumore delle urla e delle sirene.

Ma poi..

"Mamma! Maca!"

Ci piomba tra le braccia dopo una corsa a perdifiato. Ci stringiamo, noi tre, finalmente torno a respirare e la preoccupazione si allevia.

Le mie ragazze.
La mia famiglia.
Casa.

"Pensavo di avervi perse! Ho sentito il boato!" La ragazzina inizia a piangere mentre noi cerchiamo di consolarla, inutilmente "Non potete lasciarmi! Non potete farlo!"

"Ehi" le dico prendendo il suo viso tra le mani, proprio come avevo fatto nell'auto poco prima di finire sul fondo del fiume "Fatima, respira, ti prego.. va tutto bene" le sussurro asciugandole le lacrime mentre Zulema le accarezza la schiena, tranquillizzandola.

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