CAPITOLO 32

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La vita.

Che cos'è? Io ancora non l'ho capito fino in fondo. Non so cosa voglia dire vivere.

C'è un percorso già scritto per noi? O siamo noi a scriverlo? Non so rispondere.

Se sono io a scriverlo, temo di non aver capito come funziona perché non succede mai quello che voglio.

Ma se qualcuno l'ha scritto al posto mio.. chi è? Che cosa vuole da me? Che cosa vuole insegnarmi? Forse niente. Forse sono solo la pedina di una gigantesca scacchiera che viene mossa per puro divertimento. Nella sua follia, questa teoria ha più senso delle altre. 

Preparo il pranzo spadellando in cucina quando sento le sue labbra posarsi sulla base del mio collo ancora umido. Sorrido.

"Profumi di buono" sussurra sulla mia pelle prima di lasciarmi un secondo bacio, un po' più lungo.

Mi mordo il labbro inferiore mentre mi abbandono, appoggio la schiena al suo corpo e lascio che mi avvolga con le sue braccia "Credo sia il tuo bagnoschiuma"

"Trovo deplorevole il fatto che hai voluto fare le docce separate" Si lamenta stringendo il mio ventre "Avremmo potuto farla insieme.."

Una chiara immagine si disegna nella mia testa grazie alla mia immaginazione che attinge direttamente dai ricordi che stiamo costruendo insieme "Se ti avessi lasciata entrare, probabilmente saremmo ancora lì e dovremmo pur mangiare qualcosa.." mi rigiro per poterla guardare negli occhi, lego le braccia sulle sue spalle "..ma in giornata ho in mente di farne un'altra.. se questo ti può interessare" le sussurro sulle labbra prima di baciarle appassionatamente. Mi spinge contro il mobile mentre lo approfondisce con la lingua. Non siamo in grado di stare lontane. La nostra chimica è pazzesca, così come il magnetismo e il trasporto fra noi.  

Appoggia la fronte contro la mia mordendosi il labbro inferiore con un sorriso che è una meraviglia "Mi fai impazzire" si lascia sfuggire in un sussurro. Siamo noi. Semplicemente noi. 

L'olio nella padella inizia a fare brutti rumori, scoppio a ridere "E tu mi farai bruciare tutto!" esclamo rivolgendo l'attenzione ai fornelli. 

Si stacca da me per appoggiarsi al mobile, sento i suoi occhi puntarmi e riesce a mettermi in imbarazzo tanto che ridacchia "Non dirmi che riesco ancora a metterti a disagio" Arrossisco immediatamente, ci scambiamo un'occhiata veloce e mi sorride divertita prima di avvicinarsi in modo pericolosamente attraente "Lo prendo come un sì.." mi bacia, spegne con una mano il fornello e mi spinge verso l'isola della cucina. Le mie mani sono sul suo viso mentre la tengo vicino a me per divorare le sue labbra. Non resta indietro, mi solleva sul mobile con facilità, lego le gambe intorno alla sua vita e la intrappolo nonostante io sia più che convinta che non intende andare da nessuna parte. Le sue mani scivolano sotto la felpa che indosso, una felpa che le ho rubato, e arrivano sulla mia pelle. Il mio cuore batte così forte ogni volta che la sento vicina. Il cibo è l'ultimo dei nostri pensieri se non che un infarto, con due gambe e due braccia, irrompe prepotentemente.

"Mammaaa" Zulema si toglie appena in tempo, lasciandomi seduta e spaesata sull'isola della cucina. Troppo tardi per scendere, la bambina mi sta puntando altrettanto confusa. Segue un momento di silenzio assordante. Fatima è la prima a parlare "..Maca, ma che fai seduta lì? Abbiamo le sedie!" 

"Ehi..." balbetto incerta "Io stavo solo.. controllando se fosse resistente" 

"Per la sicurezza?!" chiede un po' confusa.

"Certo" Mento, Zulema sta soffocando una risata senza minimamente essere d'aiuto.

"E lo è?" chiede la bambina.

Io sto ancora valutando di regolarizzare il mio battito cardiaco "Cosa?"

"Come cosa?! Resiste o no?" chiede lei spazientendosi, tutta sua madre.

Spalanco nuovamente lo sguardo che porto sul mobile sul quale sto seduta "Beh sì ecco.. mi sembra di sì" rispondo fingendo di fare qualche prova.

"Quindi.. puoi scendere adesso no?" Propone lei.

"Giusto.." con un balzo scendo e calpesto volontariamente il piede di Zulema che soffoca il dolore stringendo i denti "Ad ogni modo stavo preparando cena.. hai fame?"

"Un po'!" Esclama lei sedendosi sullo sgabello ma ci guarda un po' perplessa "State bene? Avete una faccia.."

Tiro una gomitata a Zulema.
Insomma è sua figlia dopotutto, che dica qualcosa!

"Sì tesoro.. è solo che entrambe abbiamo dormito poco" risponde facendo la vaga.

Soffoco una risata e lei mi restituisce la gomitata "Che posso dire.. delle vere stacanoviste.." 

"Staca.. cosa?" chiede la bambina sempre più spaesata "Oggi siete proprio strane.."

Rido e decido di porre fine a questa scena esilarante e pietosa "Chi vuole mangiare?"

La bambina si anima "IO!"

"Allora corri a tavola perché è pronta" le faccio l'occhiolino, balza giù dallo sgabello e corre in sala da pranzo.

Mi sento afferrare per la vita e mi ritrovo faccia a faccia con Lei "E se io volessi mangiare te?" 

"Vuoi testare la resistenza del mobile della cucina, Zahir?" domando con tono sensuale sulle sue labbra.

"Mi fai venire voglia di testare tutti i mobili della casa" mi risponde prendendomi il labbro inferiore tra il denti.

Mi fa perdere la testa. La spingo contro il frigo e la bacio, la divoro, me la mangio. Per qualche minuto interminabile la sovrasto con decisione e faccio in modo che si senta mia. Solo mia. Mi attacco al suo collo e la sento gemere appena quando con scarsa lucidità mi sussurra "Maca.. tornerà se non ci vedrà arrivare.. e non vorrei mai che dovessi spiegarle perché stai testando la resistenza del mio frigo" scoppiamo a ridere insieme. 

"Sarà meglio che tu vada allora" le sussurro staccandomi dal suo corpo, mi regala un ultimo sorriso prima di sparire in sala da pranzo.

Rimango in balia di quel sorriso, di quel profumo, della sua impronta sulla mia pelle. Sento quel calore nella pancia, il mio cuore è diventato più grande. In questo momento c'è una parte di me che sa che potremmo fare tutto, essere tutto, finché resteremo insieme.  Ma c'è una parte di me che mi pizzica in gola e mi morde le viscere, una parte che non si lascia influenzare dai sentimenti forti che provo e che sa che arriverà presto il momento in cui dovrò allontnarmi.

C'è un bivio importante davanti a me: 

Da una parte c'è una strada piena di luce dove non mancherebbe l'amore, una strada che sa di famiglia che conduce in un luogo caldo e accogliente. Una strada che porta a Zulema e alla bambina, un giorno potremmo forse essere una famiglia, costruire qualcosa di importante. So che sarei molto felice. 

E poi c'è la realtà. La strada è lastricata di ricordi del passato e avvenimenti del presente, una strada fredda, piove sangue e le urla di dolore le sento fin qui, odora di morte. Mi ricorda che là fuori c'è qualcuno che mi vuole far soffrire e qualcun altro che la vuole morta. Stando insieme, i rischi che corriamo schizzano alle stelle. 

Prendo la padella e le raggiungo pensando che ho passato gli ultimi trent'anni a cercare un barlume di felicità, trovo sia paradossale che, adesso che l'ho trovato, non posso averlo. 

Le trovo già a tavola, hanno apparecchiato per noi tre. 

"Sono contenta che Maca sia qui!" esclama la bambina mentre le servo un pezzo di frittata.

"Anche io" aggiunge la donna che ho accanto, non la guardo ma so che mi guarda.

Questa potrebbe essere la mia normalità. Un giorno. In un'altra vita. 

Maschero l'angoscia, sopprimo la sofferenza ma mi passa l'appetito. Trovo difficile riuscire a reggere questa recita, fingere che vada tutto bene, questa parvenza di serenità non è altro che una bolla rosa e fragile. Scoppierà presto, è solo questione di tempo, è come se avesse la data di scadenza impressa sopra.

C'è un bivio importante davanti a me, ma ho come la sensazione che, non importa ciò che voglio, alla fine andrà come il destino vorrà. 

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