CAPITOLO 46

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«Anche se li amiamo, i fiori appassiscono. Anche se le detestiamo, le erbacce crescono».
Detto Zen.

Che cos'è la morte?

Gli insegnamenti del buddismo sostengono che nulla in questo mondo fisico è permanente. Le cose sono in un flusso costante di impermanenza e cambiamento e la maggior parte dei buddisti trova conforto nella pratica spirituale del non attaccamento. Per loro il dolore è trasformativo e in costante evoluzione e la morte rappresenta la fase iniziale di un altro ciclo.

Insegna che la morte fa parte della vita, è un aspetto della stessa realtà. Siamo noi che la separiamo e dunque soffriamo. Interpretiamo la morte come un'ingiustizia, piuttosto che come un evento naturale. Ma in un fiore che cade non c'è errore. E' la via delle cose.

Non accettarlo, resistere a quel cambiamento, opporre resistenza, combattere contro l'accadere delle cose, genera sofferenza, in tutte le sue forme: fisica, psicologica, sociale. Sofferenza generata dalla brama, dai desideri, i quali a loro volta generano attaccamento alle cose e alle persone.

Uno dei modi per liberarci dalla sofferenza è accettarla per quello che è: prima non c'era, poi arriva, poi in qualche modo cessa. Perché anche la sofferenza, come ogni pensiero, come ogni bellezza, come ogni giovinezza, come ogni esistenza, come ogni forma animale o vegetale, come ogni inspirazione e come ogni espirazione, è impermanente. 

La realtà non va giudicata né buona né cattiva, ma impermanente, sia nel bene che nel male. 

In quel momento l'auto stava imbarcando acqua dopo aver fatto un volo perpendicolare di 65 metri dal Tower Bridge, il ponte più grande di Londra, lungo circa 244 metri. Nel giro di pochi istanti avrebbero cominciato la rapida discesa verso il fondale del fiume Tamigi, profondo circa venti metri. 

Nello stesso momento, anche Zulema stava lentamente sprofondando in un mare di sentimenti contrastanti che le impedivano di respirare. Annegava nel terrore di perdere tutto, così come Macarena e Fatima. Tre destini incrociati lontani chilometri.

MACARENA

"Non voglio morire! Non voglio morire!" Urla Fatima in panico.

Tento di aprire la portiera ma l'acqua fa effetto compressione, non ci metto molto a capire che siamo vive chiuse dentro una tomba che sta procedendo rapidamente verso il fondo del fiume.

Dobbiamo uscire e dobbiamo farlo subito, ma lei prima deve tornare lucida.

"Calmati" le dico ma ovviamente non ascolta.

L'acqua inizia ad entrare dalle fessure tanto da arrivare fino alle caviglie "Come faccio?? Come faccio?! Non respiro! Non respiro!" Strilla bucandomi i timpani.

"Ehi!" Prendo il suo viso tra le mani e la costringo a guardarmi negli occhi "Respira" le ordino e lei si placa nonostante il suo petto continua ad alzarsi e abbassarsi in affanno "Se vai in panico non serve a nulla, ho bisogno che tu rimanga lucida okay? Ti prometto che ti tirerò fuori da qui. Mi hai capita?" Annuisce "Brava la mia scimmietta.. cerca di slacciarti la cintura"

La libero dalla mia presa ed entrambe cerchiamo di farlo. Io mi libero ma lei no, l'acqua ormai è alla nostra vita ed è gelida tanto che entrambe tremiamo e battiamo i denti in modo incontrollato "Maca, è incastrata!" Mi dice trattenendo il panico.

Ho un coltello ma nel bagagliaio, non posso arrivarci.

L'acqua ormai è al nostro petto e non vediamo più il paesaggio di Londra fuori, solo acqua intorno a noi.

Picchio con tutta la forza contro il finestrino, ancora e ancora, fino a farmi male ma non mi fermo per alcuna ragione.
Nemmeno si crepa.

Tasto la cinta ma solo ora mi ricordo di aver posato l'arma sotto il sedile, com'è di consuetudine fare secondo le leggi stradali.

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