Erano passati cinque giorni dal concerto, cinque giorni da quella sera, cinque giorni in cui Hibiki non aveva nemmeno provato a lasciare il suo letto.
Dopo quella performance non aveva nemmeno aspettato che l'evento finisse, era corso giù dal palco con il panico che ostruiva le sue vie respiratorie, si era buttato per strada e probabilmente i giramenti di testa lo avrebbero ridotto ad una lucertola schiacciata se Fumie Non gli fosse corsa dietro per fermare qualsiasi suo intento impulsivo.
Non fece nemmeno domande, non proferì parola, in parte perché si sentiva in colpa di quel disastro, ma soprattutto perché bastò guardare la sofferenza che stravolgeva il volto dell'amico per precludergli ogni speranza di poterlo riportare al presente, gli occhi vitrei, le labbra contratte, il corpo un fascio di nervi e tremiti.
Hibiki in quel momento non era più nulla.
Un' anima intrappolata in un corpo in decadenza,uno spettro costretto a vagare nel nulla del tempo.
Provò più di una volta a lacerare la pelle dei suoi palmi, ma le unghie erano troppo corte, le aveva già ridotte al nulla negli anni, neppure volendo sarebbe riuscito a procurarsi del dolore fisico in un vano tentativo di fare sgorgare qualsiasi cosa lo stesse correndo dall' interno con quelle.
Era lui, ma al contempo era appena morto, di nuovo, per l'ennesima volta, ormai aveva perso il conto ed il suo cuore non ne poteva più, era quasi sicuro che questa volta non avrebbe retto e ci aveva sperato.
La sua psiche non riusciva a stare al passo con le sue emozioni era tutto...troppo.
Troppo rumore, troppo silenzio.
Troppe emozioni, troppe poche parole per dargli un senso.
Troppi pensieri, troppi stimoli troppe vite che gli passavano davanti, come se quella fosse l'ultima.Salì in macchina, il viaggio di ritorno era carico di tensione e nessuno dei due ragazzi fece nulla per spezzarlo.
Hibiki lasciò che il vuoto lo travolgesse, che lo consumasse, che lo divorasse vivo, forse sarebbe stato meglio solo in quel modo, forse non lo sarebbe mai stato.
Arrivato all'appartamento non sentiva più nulla.Aprì la porta d'ingresso senza voltarsi, quasi il suo petto non si contraeva nemmeno per respirare, richiudendosela alle spalle senza guardare in volto Fumie.
Forse le stava finalmente parlando, ma nella sua testa c'era solo un ronzio fastidioso che offuscava qualsiasi altro rumore, per poi richiuderla a chiave alle sue spalleNon perse nemmeno tempo a cambiarsi, afferrò dal comodino il barattolo di pastiglie che lo aiutavano in quelle giornate in cui il mondo al suo interno era insopportabile, ne ingoiò due senza nemmeno l'uso dell'acqua per poi gettarsi scompostamente sul letto chiudendo gli occhi e sperando che quella fosse l'ultima volta.
Così non fu, a quanto pare la vita era radicata nel suo essere più di quanto volesse ammettere.
Le palpebre si riaprirono penanti il giorno dopo, la testa che girava e l'espressione stravolta di Yori fissa davanti ai suoi occhi.
Non si alzò, sfrutto l'effetto calmante delle pastiglie non del tutto svanito per riaddormentarsi.
Se dormiva non doveva pensare, se non pensava non soffriva, se non soffriva poteva fingere che quella serata non fosse mai esistita.
Cosa gli era saltato in mente? Come aveva fatto anche solo a valutare l'idea di rivederlo? Certo le parole di quell'alpha a più di trecento metri d'altezza erano state convincenti sul momento ma avrebbe dovuto ripensarci, o non presentarsi proprio, come aveva potuto essere così egoista, di nuovo, forse doveva davvero morire già da tempo, forse non doveva nemmeno nascere.
La sua vita era una disgrazia per chiunque gli stesse accanto, partendo da sua madre, che pur di non averlo intorno lo aveva abbandonato in comutità, passando per l'unica famiglia che lo aveva trattato come un essere umano, alla quale aveva strappato il loro unico figlio, finendo per innamorarsi di lui, ignorando tutto il male che sapeva attenderli.
Forse era quella la risposta, la morte non riusciva a raggiungerlo perché lui era la morte stessa, immune a sè stessa ma letale per chiunque.
Finendo con Yori, l'unico ragazzo che abbia mai amato e che ha inevitabilmente distrutto, ancora, ancora ed ancora e che continuava a tormentare.
Aprì gli occhi solo per prendere un'altra pastiglia quando ricominciò a sentire i demoni nella sua mente, rifugiandosi nell'oblio, scappando, di nuovo, dalla sua vita.
Se non poteva morire, semplicemente non avrebbe più vissuto, non lo meritava.
Le ore passavano, Hibiki ignorava qualsiasi istinto.
Non rispose al campanello che da giorni suonava ripetutamente, non voleva vederle, nessuna di loro, voleva restare solo, voleva semplicemente sparire, ignorava la fame, si alzava solo per non bagnare il letto e sorseggiare poche gocce d'acqua quando anche la saliva nella sua bocca si era seccata e non riusciva più a deglutire la sua unica fonte di sostentamento.
Ormai aveva perso la cognizione del tempo, il giorno e la notte si intercambiavano senza un reale interesse, distinguendosi solo grazie alla luce che penetrava nella stanza dalle finestre senza scuri o tapparelle.
Non si voltò nemmeno quando il rumore di vetri rotti risuonò alle sue spalle e sentì la voce di Yori chiamarlo.
Se iniziava ad avere le allucinazioni uditive forse pochi giorni ancora e sarebbe tutto finito.
Ma fu costretto ad affrontare la realtà quando due mani lo afferrarono per le spalle costringendolo a sedere mentre veniva stretto in un abbraccio che gli tolse il fiato nei polmoni lacerando il suo cuore ormai dilaniato nell'udire i singhiozzi del ragazzo sopra di se, mentre Yori, piegato in due nell'incavo del suo collo, non provava nemmeno a trattenersi, tremando e respirando a stenti in preda ad un dolore e al sollievo che sembrava volergli far esplodere il cuore da un momento all'altro.
I farmaci avevano catapultato Hibiki in uno stato si semi incoscienza ma fu il suo omega a fregarsene di tutto quello che poteva essere razionale.
Il suo compagno era fra le sue braccia, stava piangendo, stava male e lui doveva aiutarlo, sentiva i suoi feromoni carichi di paura e lui era lì per rassicurarlo.
Ricambiò l'abbraccio senza proferire parola, tentando di regolarizzare i suoi battiti per non contribuire ad un ulteriore fonte di agitazione, per poi accarezzargli la schiena, mentre con la coda lo stringeva a sé richiudendoli in una bolla e in un'utopia che avrebbe voluto durasse per sempre.
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Stay
Fanfiction[...Io... Io non sarò come mio padre... Non ti lascerò mai solo, perché ti amo e sei il mio Omega ed io...sono il tuo Alpha...] ~Omegaverse ambientata nel mondo di My hero academia ma con protagonisti i figli delle nostre coppie preferite~ La stori...