48 - JUSICE IKE AXEL e la casa galleggiante

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La barca, dopo tre miglia nautiche, giunse dinnanzi alla dimora galleggiante avvistata dalla spiaggia di Virginia Beach.

Axel, dopo aver emesso l'ultima fiammata dalla bocca, iniziò a respirare faticosamente. Era in difetto d'ossigeno.
Ike non sembrò provato, d'altronde l'arcobaleno era la sua fonte di energia semidivina.

Justice, accortasi del malore accusato da Axel, si chinò accanto a lui, cercando di non urtare il braccio al bordo del mezzo nautico. L'acqua salata le aveva peggiorato l'ustione.

Dopo aver attraccato al porticato della dimora fluttuante, Ike salì in barca. Si unì al soccorso di Axel. Insieme a Justice notò il fumo nero espulso dalla bocca e dalle narici del figlio di Efesto. Odorava di bruciato. Gli allargò le braccia gridandogli di respirare fin quando Justice lo interruppe bruscamente. Scostò il compagno e alzò la maglia di Axel fino alla testa, quasi volesse soffocarlo. Il figlio di Iride le diede della pazza, ma non fece in tempo a dire o fare altro che Axel sussurrò debolmente qualcosa.

Justice, a quel punto, gli rimise l'indumento a posto.

«Iperventilazione. Quando accade, bisogna respirare la propria anidride carbonica... o il fumo, se si tratta di tipi come Axel».
Ike fece una smorfia insieme a un sospiro di sollievo.

«Sognavo qualcosa di simile...» sorrise Axel ricevendo una gomitata da Justice.

Ike era sempre più ammirato da quella ragazza che, pur priva di poteri eclatanti come i suoi o quelli del figlio di Efesto, aveva saputo coordinare i loro al meglio risolvendo la situazione.

Il terzetto osservò la casa. Sembrava in buono stato. Era a tre piani, di legno laccato di grigio azzurro, con le finestre e infissi bianchi, oltre esse c'erano molte tendine color verde acqua. Il porticato era arredato con mobili di vimini e c'era una cesta di frutta su un tavolino tondo. La porta principale era di legno massiccio color mogano, e uno zerbino di alghe con su scritto "welcome".

«Che cosa ci aspetterà li dentro?» chiesero contemporaneamente.

Abbandonata la barchetta, un secondo prima che affondasse investita dall'ennesima onda, suonarono il campanello di ottone. Un tintinnio echeggiò dall'altra parte.

Attesero lunghi minuti, fin quando l'uscio si spalancò ed apparve una donna dai capelli bruni e ondulati. La pelle del volto abbronzata. L'abito azzurro che indossava profumava di mare, ed era pieno di volants di seta verdi che le fasciavano metà braccia. I suoi passi erano silenziosi. In cima ai capelli una corona d'oro e coralli rosa faceva capolino. Anche gli orecchini in filigrana con molte gemme incastonate le dava l'aspetto di un essere unico al mondo.

«Oh! Finalmente! Erano secoli che aspettavo l'idraulico!» squittì.

I semidei si scambiarono occhiate interrogative.

«Noi non siam...»

«Lascia perdere Axel!», lo interruppe Justice rubandogli la scena. «Noi non siamo in grado di esternare adeguatamente le nostre scuse per il disagio arrecatole, ma se ha ancora bisogno di aiuto, noi siamo qui per servirla»

«Ma certo che ho bisogno! Ma certo! Entrate! Non fate complimenti, e perdonate il disordine!»

I ragazzi varcarono la soglia. Videro il disimpegno, arredato con mobili bianchi e pieni di vestiti piegati ordinatamente. L'appendiabiti d'oro traboccava di altri indumenti dai colori più disparati. I tappeti odoravano di salsedine ed era fatto d'alghe come lo zerbino. Il soggiorno era un tripudio di ordine e pulizia.

Justice si chiese quale fosse il concetto di disordine della padrona di casa.

Di punto in bianco, la signora corse in direzione del tavolino e con un gesto fece cadere sul pavimento di piastrelle azzurre un cucchiaino. Forse l'unica cosa fuori posto, una inezia talmente trascurabile che di certo non si poteva considerare disordine.

I Semidei Di Asteria - Il Ragazzo Dagli Occhi Di PerlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora