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"tounge-tying curse"

[Revisionato]

«Fuori da questa casa!»

Dopo aver analizzato il risvolto della conversazione che avrebbe dovuto intrattenere con la sua famiglia a breve, Harry si convinse a smettere al terzo tentativo. Ogni volta che provava a rivelare i suoi segreti, loro non lo capivano e lui doveva ricominciare da capo. Era quindi giunto alla conclusione che fosse più saggio mentire e se necessario non rispondere alle domande.

Nei primi giorni nella nuova dimensione non gli era venuto in mente di crearsi una storia fittizia abbastanza dettagliata da poter sostenere una normale conversazione. Si diede mentalmente dell'imbecille e sospirò: la cena era quasi pronta ed era riuscito a non rivelare troppo durante il tragitto per raggiungere Grimmauld Place.

Secondo loro, Harry, o meglio Percy, si era da poco trasferito dall'America doveva aveva vissuto sin da piccolo e completato il percorso di studi, lo scorso giugno. Non aveva ancora rivelato nulla, invece, riguardo alla sua presunta famiglia oppure al motivo che lo aveva spinto a lasciare New York.

Il ragazzo era preoccupato: gli Auror non erano stupidi e ben presto avrebbero capito la messinscena. Era spacciato.

Avrebbe dovuto rifiutare l'invito quando poteva, eppure suo padre era sembrato così gentile e disponibile e in fondo Harry moriva dalla voglia di conoscere la sua famiglia. Era sempre stato il suo desiderio, sin da quando era piccolo e vedere combattere James, Lily, Sirius e Remus e poter sentire le loro voci di nuovo lo aveva mandato in confusione.

Improvvisamente la sua missione aveva trovato un senso concreto: aveva visto con i suoi occhi la sua famiglia e si era convinto ancora di più che doveva salvarla. D'un tratto le incertezze e le paure erano svanite, in compenso però le sue debolezze erano venute a galla. Harry aveva sempre cercato di mostrarsi invincibile agli occhi degli altri, anche con Hermione e Ron provava a non far trasparire le sue preoccupazioni, forse perché il destino lo aveva fatto crescere troppo presto e nemmeno adolescente portava sulle spalle un enorme peso.

Il mago sospirò e un brivido attraversò il suo corpo. Istintivamente si portò una mano alla spalla, quel Mangiamorte lo aveva proprio preso in pieno, secondo Remus la maledizione era stata presa in tempo e assumendo le dosi di antidoto in pochi giorni sarebbe guarito. Harry avvertiva comunque un po' di vergogna: aveva combattuto per anni, sempre uscendone illeso o con qualche acciaccatura e pochi giorni dopo il suo arrivo nella nuova dimensione rimaneva ferito.

Si passò una mano tra i capelli castani e chiuse le palpebre per qualche secondo. La tensione lo stava consumando, avrebbe voluto poter rivelare la verità, ma sapeva che così facendo avrebbe soltanto peggiorato la situazione. In quel momento non voleva pensare agli Horcrux né a come sconfiggere Signore Oscuro e nemmeno alle sue prossime mosse. In quel periodo di fragilità desiderava soltanto un volto amico, qualcuno che lo consolasse e rincuorasse, qualcuno con cui potersi sfogare.

Harry era da solo e in quei momenti più che mai rimpiangeva la morte dei suoi amici, avrebbe pagato migliaia di galeoni per poter riavere Ron o Hermione. Invece, il ragazzo si sentiva abbandonato alle sue paure, un'anima solitaria che vagava intimorita, una stella morente nell'immensità del cielo.

Riuscì a trattenere all'ultimo le lacrime, prima che segnassero il suo viso e rompessero la maschera di indifferenza che indossava. Piangere non era un'opzione, almeno non in quel momento. Non poteva di certo cenare con la sua famiglia con gli occhi gonfi e le guance rosse, le domande sarebbero sicuramente aumentate.

Harry ricacciò indietro le lacrime, sbattendo violentemente le palpebre, e deglutì per sciogliere il nodo in gola. Iniziò a respirare profondamente, diminuendo il battito e calmandosi.

Harry Potter e l'Intreccio del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora