Il secondo fratello

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Nel frattempo, il secondo fratello era tornato a casa propria, dove viveva solo. Estrasse la pietra che aveva il potere di richiamare in vita i defunti e la girò tra volte nella mano. Con sua gioia e stupore, la figura della fanciulla che aveva sperato di sposare prima della di lei prematura morte gli apparve subito davanti.

Ma era triste e fredda, separata da lui come un velo. Anche se era tornata nel mondo dei mortali, non ne faceva veramente parte e soffriva. Alla fine il secondo fratello, reso folle dal suo disperato desiderio, si tolse la vita per potersi davvero riunire a lei.

E fu così che la Morte chiamò a sé il secondo fratello.


Gellert Grindelwald si tolse le mani da davanti alla faccia, finalmente la luce accecante pareva scomparsa. Si guardò intorno confuso e constatò che era ancora in quello strano spazio bianco. Mosse qualche passo in direzione del nulla che lo circondava, poi il suo sguardo cadde sulla sua mano: non c'era più la Pietra della Resurrezione. Iniziò a correre casualmente in giro sperando di trovarla lì da qualche parte, finalmente vide un qualcosa luccicare debolmente ad una distanza indeterminata da lui.

Iniziò una folle corsa verso quella che aveva tutta l'aria di essere la Pietra della Resurrezione, nel frattempo quel posto sembrava che venisse risucchiato da un vortice, il bianco iniziò a scomparire, Gellert continuò a correre nel tentativo di prendere la Pietra. Arrivato a nemmeno due metri dall'oggetto si voltò e vide il nero arrivargli quasi ai piedi, balzò in avanti e afferrò alla cieca la Pietra e, come essa fosse una passaporta, lo trasportò via da quel posto che si stava distruggendo.

Aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre, ma non vedevo nulla: tutto era nero e sotto di lui c'era il nulla, l'uomo era come sospeso, brancolante nel buio.

«Gellert Grindelwald»

L'uomo scattò in direzione della voce che aveva appena pronunciato il suo nome e rispose: «Dove sono? Chi mi cerca?»

«Io sono la Morte»

«Sei tu che mi hai bloccato qui! Come mai?» domandò Gellert leggermente risentito dal fatto di essere stato bloccato in quel posto per un tempo indefinito, potevano essere passati nel frattempo diversi secondi, minuti, giorni, mesi o addirittura anni; non poteva scartare nessuna delle ipotesi.

«Desideravo parlarti, o meglio, conoscerti; è da quella sera d'inverno a Numengard che non ti vedo»

«Sei stata tu a liberarmi?» domandò sgranando gli occhi «Ti sono riconoscente, ma perché?»

La Morte gli rispose pazientemente: «La Profezia si deve compire e tu sei un tassello fondamentale di quel mosaico, eri rimasto in disparte per fin troppo tempo»

«La Profezia? Quella che hai recitato prima di lasciarmi libero?»

«Esattamente» disse la Morte: «Ti ricordi i versi che ti riguardano?»

Gellert scosse il capo: «Al momento no, ma li ho appuntati solo che ora non vedo nulla»

«Capisco, ma di questo avremmo tempo per parlare dopo; piuttosto ora hai la conferma che i Doni sono reali e hai anche conosciuto i possessori degli altri due»

«Devo continuare con il mio piano: possedendo tutti e tre i Doni riorganizzerei il mondo magico e babbano per sempre, non ci sarebbe più so Statuto di Segretezza e i babbani starebbero alle nostre regole, com'è giusto che sia» annuì Grindelwald.

«Perché non vederci insieme allora come questa tua convinzione abbia già danneggiato te e gli altri? Almeno ora non riconnetterai più gli stessi errori e potrei rinfrescarti la memoria»

Harry Potter e l'Intreccio del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora