I tre discendenti

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[Breve premessa: per la gioia di molti ecco il capitolo tanto atteso]

Zero giorni, zero ore, zero minuti.


Harry aveva guardato distrattamente l'orologio quella sera, se lo ricordava bene, a quel tempo non sapeva che quell' occhiata distratta verso la sveglia rossa che poggiava sul comodino in legno d'acacia, sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto prima di scomparire.

Meglio procedere con tempo però, quel pomeriggio Harry non aveva spiccicato parola per tutta l'uscita a Diagon Alley, non si era presentato a cena e non aveva certo voglia di rivedere la sua famiglia prima dell'indomani mattina. Il ragazzo se ne stava da molte ore in camera sua, aveva chiuso la porta a chiave: voleva stare da solo, cosa che non succedeva da troppo tempo.

Buttò l'occhio sul quadrante della sua sveglia e vide che mancava poco meno di un minuto a mezzanotte, stanco per la stressante giornata appena finita, sospirò e si sedette sul letto sfatto. Rimase immobile in quella posizione per diversi secondi, in mano la bacchetta, mentre accanto a sé il Mantello dell'Invisibilità, a pensarci bene non si ricordava nemmeno come fosse finito lì, ma non ci fece troppo caso.

La sveglia scoccò la mezzanotte e si iniziarono ad udire i rintocchi di un campanile non troppo distante da lì.

Primo rintocco...

Il Prescelto restò fermo, il suono della sveglia e del campanile non gli aveva ancora dato fastidio; in quel preciso istante sbatté le palpebre, era stufo: dopo la battaglia di Hogwarts, la prima e vera battaglia, quella nella sua dimensione, aveva perso tutto.

Secondo rintocco...

Ed ora essere lì, incapace di fare qualsiasi cosa, andando avanti da solo, perché troppo egoista, o forse troppo generoso, nei confronti dei suoi cari, evitando che soffrissero, di nuovo per di più, era un peso divenuto opprimente.

Terzo rintocco...

Harry temeva, credeva, anzi forse sapeva per certo, che quella guerra non era come l'altra: molto probabilmente avrebbero perso e per colpa sua: lui aveva dato loro un barlume, anche se piccolo, di speranza, loro vi si erano aggrappati senza alcun tipo di ripensamento e il ragazzo sapeva che prima o poi anche per quella fioca luce sarebbe stato troppo illuminare tutti quanti e si sarebbe spenta, facendoli precipitare nel vuoto.

Quarto rintocco...

Il volo sarebbe stato fatale, lui ne era certo: d'altronde Voldemort era troppo potente e chi era Harry Potter per poter pensare di essere più forte di lui? Era condannato, fin dal suo primo istante di vita, a causa di quella dannata Profezia che lo perseguitava da sempre.

Quinto rintocco...

Harry si alzò, era stufo di udire l'ingombrante eco delle campane del campanile rimbombare incombente nella sua stanza, mosse qualche passo furtivo verso la finestra e con un abile gesto la chiuse, lo fece a mano, poiché essendo cresciuto tra i babbani, usare la magia per gesti così di poco conto gli sembrava un oltraggio, quasi una presa in giro alla magia stessa.

Sesto rintocco...

Il ragazzo sopravvissuto si rimise a sedere sul letto e inspirò piano consapevole del fatto che quei momenti di riflessione sarebbero diventati qualcosa di troppo prezioso e labile per poter essere stimato, dunque doveva goderseli al massimo, come naturalmente non stava facendo.

Settimo rintocco...

Prese il mantello dell'invisibilità, il tessuto magico candido era piacevole sulla pelle ruvida dei polpastrelli consumati dal legno della bacchetta o dalle cadute sull'asfalto. Iniziò a strofinarselo fra le dita beandosi di quella gradevole sensazione.

Harry Potter e l'Intreccio del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora