Resa dei conti

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Il castello di Hogwarts era ridotto peggio che mai.

Quella giornalaccio era iniziata già nel modo sbagliato ancor prima di essere veramente iniziata, Harry non aveva chiuso occhio per tutta la notte: di solito gli bastava appoggiare la testa sul cuscino per cadere in un sonno profondo, eppure la notte appena trascorsa era stata un disastro.

C'era una vocina nella sua testa che lo teneva sveglio, continuando a dirgli che tutti i suoi amici, parenti e persone più care erano state uccise come mosche e che non sarebbero passate ventiquattr'ore prima che anche il suo corpo toccasse la polvere del suolo e la sua anima tormentata raggiungesse quella di tutti gli altri.

Sapeva che quella di Voldemort era una trappola, se lo era ripetuto tutta la notte, sarebbe arrivato e ci sarebbero stati almeno un centinaio di uomini ad aspettarlo, Mangiamorte pronti ad ucciderlo, eppure una piccola parte di lui voleva fidarsi di Deneb.

Merlino solo sapeva che cosa aveva in mente quel ragazzo, da subito si era comportato in modo amichevole con lui, il che era strano dato che era figlio di Lord Voldemort in persone, dunque avrebbe dovuto odiarlo fin dal DNA; e invece no. L'aveva aiutato: consegnandogli il Diadema e fornendogli numerosi utili consigli senza i quali ora sarebbe probabilmente morto.

Nonostante tutto, però, Harry non riusciva a fidarsi, forse perché nella sua dimensione non esisteva, forse perché comunque era un Riddle, o semplicemente perché oramai di chi poteva fidarsi? Di Albus Silente? L'uomo che l'aveva trattato come carne da macello sin dalla sua nascita? Di Gellert Grindelwald? Un mago oscuro che aspettava solo la sua morte per acciuffare il Mantello dell'Invisibilità per chissà quale scopo?

No, Harry non si fidava di lui, né di silente, né di Deneb. L'ultima persona di cui si era fidato era morta diverse ore prima e oramai lui era più solo che mai.

Questi e numerosi altri pensieri l'avevano tormentato tutta la notte e lui non aveva chiuso occhio. Certo, sapere che l'indomani avrebbe dovuto affrontare la sua ultima battaglia, di nuovo, contro colui che ancora una volta gli aveva portato via tutto dalla sua vita era parecchio snervante e demotivante.

Sorta l'alba, si era fermato un attimo, per guardare il suo ultimo nascer del Sole, poi aveva preso le poche cose che aveva: la sua Bacchetta e il Mantello dell'Invisibilità, non gli era rimasto altro. Gli Horcrux erano andati tutti distrutti, tranne il serpente naturalmente, mentre aveva perso il Cappello con la Spada di Godric Grifondoro a Manchester e da allora non si era nemmeno più messo a cercarlo.

Le sue possibilità erano minime: avrebbe dovuto uccidere Nagini, prima di poter pensare di sfidare  Voldemort, ma senza la Spada era praticamente impossibile.

Era spacciato, morto, lo sapeva. L'unica cosa che gli impediva di starsene in quel tugurio, relativamente al sicuro, era il suo disgustoso coraggio da Grifondoro che gli aveva portato più guai che altro. La sua indole altruista e leggermente suicida, a volte, lo stava portando diritto di fronte alle braccia della Morte, non che gli rimanesse molto altro nel mondo dei vivi.

I suoi turbolenti pensieri erano stati interrotti dal bussare della porta, poi Silente l'aveva avvertito che sarebbero partiti verso sera, qualche ora prima del tramonto. Per tutto il giorno era rimasto in camera ad esercitarsi, un po' come quando studiava la sera prima della verifica sperando di passare, anche se non serviva a molto, anzi a nulla.

Non aveva toccato cibo, tanto che prima di lasciare quella casetta diroccata, Silente l'aveva obbligato a mangiare qualcosa ed Harry non aveva capito perché ci tenesse così tanto, insomma o per lo meno perché si preoccupasse per lui. Il Prescelto era molto scettico nei suoi confronti e l'uomo lo sapeva, eppure non risparmiava mai una parola gentile o un consiglio, e questi comportamenti lo mettevano in difficoltà.

Harry Potter e l'Intreccio del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora