Conseguenze

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La Morte scese in Terra.

Aveva osservato a lungo e in silenzio quell'ardua battaglia, non era intervenuta, aveva taciuto e l'unica cosa che era riuscita a fare era stata guardare in modo sprezzante tutti coloro che osavano sfidarla, finendo per perdere miserabilmente.

Tutti quei combattimenti le stavano recando molto lavoro e spesso le capitava di riscuotere giovani anime che avrebbero potuto godere di una vita molto più longeva, lei taceva e mieteva le spighe. Quando calò nuovamente la notte, ella concluse di liberare le anime e accompagnarle verso il mondo dei morti.

Della piana a sud di Manchester rimanevano solamente corpi dagli occhi vacui, molti insepolti, altri erano stati prontamente prelevati per degnar loro di una degna cerimonia. Centinaia e centinaia di uomini, donne e ragazzi avevano perso la propria vita la notte precedente, così aveva voluto il Fato e così era accaduto.

Ogni volta che scendeva in Terra, la Morte si guardava attorno e percepiva la presenza dei Tre Doni, unico contatto tra le due sfere dell'essere: vita e morte, li aveva regalati a quei tre maghi ed erano subito diventati leggenda, anche se ora alcuni conoscevano più nozioni del previsto e non era un bene.

La Morte si guardò attorno: aveva prelevato tutte le anime, ricontrollò senza un valido motivo, di solito si  affrettava sempre a lasciare la Terra, forse perché sentiva di non appartenervi, come era giusto che fosse; invece quel mattino, qualcosa le diceva che sarebbe dovuta restare lì. O meglio fare quello che sognava di fare da molto, ma sapeva perfettamente anche lei che i piani del destino non sono modificabili, nemmeno lei osava a tanto.

Certo, se fosse  stato per la Morte, si sarebbe ripresa i doni, non appena i tre fratelli erano morti; ma Destino non aveva voluto: era stata una  delle sue decisioni più ferree e naturalmente Morte non aveva ribattuto, anche se in cuor suo sperava che qualcuno distruggesse i suoi Doni, conosceva meglio di tutti l'incredibile magnificenza di ciò che le apparteneva da sempre. 

Gli uomini erano troppo avidi per ridarglieli e, poi fino a cinquant'anni fa erano dispersi chissà dove, poi quel Riddle era stato così vicino ad averli tutti, ma naturalmente Ignotus era stato più scaltro lasciando in eredità alla sua famiglia il Mantello e dunque nemmeno Riddle era riuscito ad impossessarsi completamente di essi.

Forse era meglio così, si disse Morte, probabilmente Grindelwald e Harry avrebbero solo sfruttato i Doni, che poi sarebbero toccati a qualcun altro e così per l'eternità. Rassegnata e con un amaro gusto in bocca, la Morte prese il volo e si destò dalla vita terrena.



Albus diede un'occhiata veloce ad Ariana, che camminava poco più avanti a lui, oramai avevano imboccato il viale ed erano quasi arrivati a destinazione. Il mago si guardò attorno: le case erano le stesse di sempre, tutto parere rimasto immutato a distanza di decenni, gli stessi alberi adornavano le case, gli stessi tetti, lo stesso sterrato, eppure quella via gli pareva così fredda.

Nonostante fosse praticamente a casa, da giovane era stato moltissime volte in quel luogo che oramai conosceva bene quasi come le sue tasche, gli sembrava più spoglia, più distaccata come se il tempo avesse indebolito fortemente il legame affettivo che legava lui a quella viottola dell'Inghilterra meridionale.

Di tanto in tanto volgeva lo sguardo ad Ariana, la ragazzina non se ne accorgeva e continuava a saltellare da un tombino all'altro; lui sorrideva e poi tornava a perdersi nei ricordi di giovinezza, quando nulla era ancora successo, quando a cavallo del 1900 lui frequentava Hogwarts e la sua famiglia era ancora intatta.

Talmente assorto nei suoi pensieri, qual era, non si accorse che sua sorella gli stava accanto e gli aveva rivolto la parola: «Dici che si spaventerà quando ci vedrà?»

Harry Potter e l'Intreccio del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora