Fantasmi

669 55 16
                                    




Lily Evans aveva pianto a lungo, fino a che le copiose lacrime che le scivolavano lungo le guance erano diventate parte di lei, sino a quando i suoi occhi verdi erano divenuti due fessure, finché il pianto l'aveva consumata.

Nonostante fosse un Auror, la guerra le era sempre parsa come qualcosa di distante, la quale di certo non avrebbe mai nemmeno sfiorato la sfera della famiglia e dell'amore che tanto le stavano a cuore. Lord Voldemort l'aveva completamente sconvolta: facendole aprire gli occhi bruscamente, come si fosse appena risvegliata da un delicato sogno.

«Ho fallito»

La frase che le ronzava in testa dall'esatto istante in cui le fatidiche parole "Avada Kedavra" erano state pronunciate dal Signore Oscuro. Non aveva mai smesso di pensarci, nemmeno per un istante, nella sua mente rivedeva ogni singolo attimo gli occhi di suo figlio che la supplicavano di salvarlo, non voleva morire, era solo un bambino.

Era soltanto un innocente bambino.

Se lo era ripetuto a lungo, Lily Evans, eppure il Signore Oscuro non lo aveva risparmiato, ma anzi non aveva neppure degnato Tobias di uno sguardo. L'aveva ucciso, senza neanche concedergli la sua attenzione; come se non valesse nulla, come se fosse solo un pedone caduto per permettere alla regina di avanzare.

La donna si ricordava perfettamente com'era andata, lei si era accasciata a terra, le sue forze avevano ceduto e le ginocchia non ce l'avevano fatta a sostenerla; dalla sua bocca era uscito un grido disumano, l'orrore fatto suono, il dolore di una madre che seppelliva il figlio, qualcosa di innaturale.

Si era lasciata andare e le forti braccia di James l'avevano sostenuta e protetta: in quel momento la battaglia non contava più, c'erano solo lei e il dolore.

Dolore che non se ne sarebbe andato tanto facilmente, dolore che l'avrebbe erosa come tarme nel legno, Lily Evans si sarebbe sbriciolata, pezzo per pezzo; sapeva che non poteva lasciare che accadesse, sapeva di avere una figlia e un marito, lo sapeva meglio di chiunque altro.

In quel momento però, non le importava.

Si ricordava di aver gridato a lungo; Lord Voldemort non l'aveva fermata, molto probabilmente perché le urla di dolore lo facevano sentire più potente e forte, ma a Lily non importava; i Mangiamorte erano rimasti immobili, per la donna non era importante; Sirius e Remus non avevano aperto bocca, sarebbe stato insignificante; James era lì con lei: non contava nulla.

Tutto le era sembrato perduto.

Poi si era rialzata da terra, come una fenice che risorge dalle proprie ceneri, aveva guardato negli occhi Lord Voldemort e aveva pronunciato con voce aspra e dura le seguenti parole: «Morirai per questo»

Lui rise. Non rispose.

James insistette: «Preparati ad una morte lenta e dolorosa, perché nessuno tocca mio figlio e rimane vivo»

L'uomo strinse saldamente la bacchetta, Lily si mise al suo fianco, Remus, Sirius e Dora con loro.

Dal canto suo, il Signore Oscuro indietreggiò con in fianco Nagini, alla propria sinistra Bellatrix e dietro a sé tutti i suoi Mangiamorte.

L'altro ragazzo, Deneb, se ne stava in disparte, non prendendo posizione.

Lily aveva scrutato le schiere nemiche con occhi duri, l'espressione accigliata e il volto corrugato: la donna era pronta a combattere, l'aveva fatto talmente tante volte che oramai le ferite non bruciavano più, le formule di incantesimi le uscivano dalla bocca senza nemmeno rendersene conto e rimaneva impassibile davanti a qualsiasi cosa, o quasi.

Tutto era pronto: avrebbero combattuto, fino alla fine: era lo scontro finale.

Il bene opposto al male.

Harry Potter e l'Intreccio del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora