→Dҽαϝҽɳιɳɠ←

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Jungkook si era seduto tante volte sul letto della mia stanza, eppure, in quel momento, in quella camera che apparteneva a Daegu e non a Seoul, sembrò quasi strano

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Jungkook si era seduto tante volte sul letto della mia stanza, eppure, in quel momento, in quella camera che apparteneva a Daegu e non a Seoul, sembrò quasi strano.

Non sapevo se fosse colpa di ciò che era successo tra di noi o se semplicemente mi confondesse vederlo in un contesto diverso rispetto a quello a cui ero abituato, sta di fatto che presi distanza da lui.

Non ero ancora pronto a far crollare le mie barriere, nonostante gli avessi assicurato che lo avrei ascoltato, senza interromperlo.
Purtroppo, quando si trattava di lui diventavo debole.
Avrei dovuto insistere di più affinché se ne andasse, affinché non mi asciugasse le lacrime ma non c'ero riuscito e, una parte profonda di me, era anche contenta di questo.

Perché ora Jungkook era qui, accanto a me, con uno sguardo così deciso da farmi tremare.
Era deciso a dimostrarmi quanto ci tenesse a me e non vedevo l'ora di scoprire quest'altra parte del suo cuore.

Volevo sentirmi importante per lui.
Era stupido, ma sembrava così fondamentale come cosa.

Dopo un primo attimo di silenzio, prese un piccolo respiro, affondando subito le iridi nelle mie.
Il ricordo di qualche minuto fa, in cui le avevo viste piene di lacrime, mi colpì allo stomaco.
Sapevo si meritasse quella tristezza ma non mi ero sentito affatto meglio, anzi, mi aveva distrutto vederlo piangere a causa mia.

Non volevo che accadesse mai più.

Era questo che aveva provato anche lui, quando mi aveva visto?
Per questo era sembrato tanto dispiaciuto?

«Penso di dover partire dall'inizio e cioè da come sono arrivato fino a qui»

Mi ripresi da quei pensieri, annuendo lievemente, per incitarlo a continuare.
Si morse il labbro inferiore, provocandomi quella voglia che conoscevo ormai troppo bene: la voglia irrefrenabile di baciarlo.

«Subito dopo la nostra litigata, ho provato a richiamarti, pronto a scusarmi e ad umiliarmi, se ce ne fosse stato bisogno ma tu non rispondevi. Allora avevo pensato di lasciarti qualche ora in pace, in modo da avere il tuo spazio, ma vedendo che i messaggi nemmeno ti arrivavano, ho iniziato a preoccuparmi. Ieri ho provato a chiamarti per tutta la giornata, almeno solo per farti gli auguri... Dio, Tae, mi sentivo così male. Sentivo ogni parte di me sgretolarsi ad ogni chiamata senza risposta, ad ogni messaggio non visualizzato» la sua voce si incrinó, portandomi a deglutire, di riflesso.

Non volevo che piangesse ancora, non lo avrei retto.

Ma rimasi fermo dov'ero, non volendogli dare, per il momento, alcuna soddisfazione. Ero ancora arrabbiato e ferito per quello che mi aveva detto.

Tirò su con il naso, schiarendosi la gola, riprendendo il discorso. «Sono stato fino alle tre di notte a chiamarti, pregando che non ti fosse successo niente... Pregando che non ti avessi distrutto, perché sono stato una testa di cazzo e mi dispiace così tanto. Non volevo parlarti in quel modo ma ero geloso. Geloso da fare schifo. Se potessi tornare indietro preferirei rompermi un braccio, piuttosto che dirti quelle cose.
Alla fine, divorato dalla preoccupazione e dal senso di colpa, sono corso qui, sperando di potermi scusare adeguatamente e di ottenere il tuo perdono. Se ti stai chiedendo come ho fatto a trovare casa tua, mi ricordo che una volta mi avevi parlato di quanto ti piacesse abitare vicino un asilo e una caffetteria... Non è stato difficile trovarti» accennò una lieve risata, come a voler alleggerire l'atmosfera.

Back to you // KooktaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora