→Wαɳƚҽԃ←

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«Mi sento ridicolo»

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«Mi sento ridicolo»

«Ma stai zitto che stai benissimo»

Alzai per l'ennesima volta gli occhi al cielo, poggiando poi le mani sulle spalle del mio migliore amico, guardando il suo riflesso nello specchio.

Quella sera, finalmente, avrebbe avuto la sua prima uscita con Bogum; quel ragazzo ci aveva messo delle ore prima di inviargli un maledetto messaggio in cui lo invitava ad un appuntamento.

Alla fine, gli avevo strappato letteralmente il cellulare dalle mani, mandandolo.
Ero proprio un cupido!

La risposta di Hobi non ci aveva messo molto ad arrivare e, anche se ad un occhio esterno poteva sembrare composta e rilassata, mi ero subito reso conto che fosse tremendamente in ansia. Così, avevo lasciato Bogum con Mark e io ero corso a casa del castano... Che castano più non era!

I miei occhi mi erano quasi caduti dalle orbite quando avevo notato quelle ciocche rosse.
Non avevo mai creduto che fosse il tipo da osare così tanto ma ero stato piacevolmente colpito da quell'attacco di sfrontatezza.

Eppure, lui sembrava essersene pentito, perché continuava a ripetere che, adesso, nessuno dei suoi vestiti sembrava abbinarsi a quel colore.
Se solo avesse capito che era terribilmente bello con qualsiasi cosa addosso.

«La smetti di farti tutte queste paranoie? Sappiamo entrambi che Bogum ti troverebbe bello -come pure io- anche con un sacco in testa» lo abbracciai da dietro, posando il mento sulla sua spalla, riuscendo finalmente ad ottenere un sorriso da parte sua.

Il mio sole.

«Sono solo in ansia... Voglio che quest'uscita vada bene»

«E così sarà, perché siete adorabili insieme e lui ci tiene tanto a te. Quindi non chiudere il tuo cuoricino e lascialo entrare»

Posai l'indice proprio sulla parte sinistra del suo petto, facendolo ridacchiare.

«Non ti sentirai troppo single se i tuoi amici finiscono insieme?»

Nemmeno il tempo di lasciarmi rispondere che si voltò verso di me, con un'espressione mortificata.

«Oh mio dio, scusa io-»

«Ma quanto parli? Scemo» con un sorriso, gli diedi un buffetto sulla fronte, cercando di fargli capire che non ci ero rimasto male per quelle parole.
Alla fine era la verità.

Mi stavo abituando pian piano a quella realtà e stava iniziando a fare meno male.
Ogni giorno, ricucivo da solo le mie ferite, tornando finalmente ad essere me stesso.

«Tae...» poco convinto, mi strinse fra le sue braccia.
Chiusi di scatto gli occhi, non volendo piangere; era proprio in queste situazioni che mi sentivo troppo fragile.

Vedere come gli altri cercassero di farmi stare meglio, mi ricordava solo il perché di quel dolore.
Ed era peggio.
Non volevo più pensarci.

Back to you // KooktaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora