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"La bellissima prigione in cui

sono entrato da solo."

[On, BTS]

*****

Allentai la presa sui polsi e feci correre le mani intorno ai suoi fianchi per stringerla in un abbraccio che desiderava ricevere e che io volevo donarle, perché mi era mancata come l'aria. Quasi la stritolai, mentre tirai un lungo respiro per catturare quel suo profumo naturale che mi mandava in tilt, felice che lei stesse ricambiando la stretta col viso nascosto nell'incavo del mio collo.

- Clara, perdonami... - Sussurrai tra i suoi capelli. - Mi dispiace per tuo nonno.
Singhiozzò violentemente, segno che aveva ripreso a piangere. - Perché sei qui?
Mi scostai da lei per far sì che mi guardasse negli occhi, afferrai il suo volto tra le mani e la fissai con serietà. - Vuoi che me ne vada?
- Idiota! Sei un vero idiota. Ti odio. - Rispose abbassando lo sguardo al pavimento.

Vidi una goccia salata solcarle la guancia e automaticamente la asciugai passandole il pollice sopra. La sua sofferenza era così grande da farmi sentire piccolo e impotente, avrei voluto che il tempo si fermasse, volevo spiegarle tutto, dirle che in quei mesi non aveva mai abbandonato il mio cuore e speravo che per lei fosse lo stesso, augurandomi che ciò che aveva scritto su quel pezzo di carta un anno fa fosse ancora valido.

Aprii la bocca per iniziare a parlare, ma qualcuno mi interruppe bussando alla porta.
- Posso entrare? - Era Minjun. Di nuovo.
Clarisse gli diede l'ok e io non potei non accorgermi della nota di disappunto che il ragazzo aveva negli occhi appena ci vide insieme e, soprattutto, quando osservò le mani di lei che stringevano la mia giacca. Sembrava geloso di quel contatto ed ero sicuro che ci fossero delle cose di cui ero allo scuro e che avrei sicuramente chiesto a Clarisse.

Istintivamente, appena lui si soffermò sulle sue dita ancora chiuse intorno alla stoffa dei miei abiti, lei mollò la presa e tentò invano di darsi un contegno asciugando le lacrime.
- Tua nonna ha bisogno di te, ti sta cercando. - Non feci in tempo a dirle che ne avremmo discusso dopo, che Clara era già scappata fuori, lasciandomi da solo con quel bamboccio.

Lo studiai con la coda dell'occhio, guardandolo dalla testa ai piedi e non potei fare a meno di credere che lui provasse qualcosa per la mia ragazza.
- Sunbaenin, tutto ok? - Non ne ero certo. Non gli risposi e uscii, superandolo in silenzio.

Mi recai nella stanza in cui si trovavano i miei genitori e beccai anche Woobin che parlava con il mio fratellino. C'era anche la signora Lee intenta a bere un po' d'acqua, seduta accanto a sua nipote. Mi avvicinai e la salutai, facendo le mie più sentite condoglianze e, in risposta, ricevetti un abbraccio intriso d'affetto. - Giovanotto, sono felice di vederti. - Aveva gli occhi rossi e gonfi al pari di Clarisse e il pensiero che avesse perso la sua metà per sempre mi procurò un'immensa tristezza. Risposi alla sua stretta con amore e le dissi che ero davvero dispiaciuto. - Mio marito avrebbe voluto farti una bella ramanzina, sai? - Mi sorrise e capii perfettamente a cosa si riferiva, le guardai entrambe con una piccola mezzaluna stampata in volto e poi seguii la donna nella stanza in cui giaceva il signor Lee.

Porsi i miei saluti al defunto e le rimasi accanto senza fiatare, finché anche Clarisse ci raggiunse e si inginocchiò al mio fianco.

Dopo un paio d'ore la maggior parte della gente andò via e io mi avvicinai a Woobin, circondando le sue spalle. - Perché quel bietolone è ancora qui?
- Di chi stai parlando? - Il mio amico si guardò intorno, corrugando la fronte e grattandola con l'indice.
- Ya, ma sei scemo? - Malgrado il tempo che ci aveva separati, il mio pulcino spelacchiato era rimasto lo stesso ragazzo che avevo lasciato alla mia partenza e, nonostante fossi infastidito dalla presenza di Minjun, sul mio viso nacque un sorriso spontaneo.

Mi era mancato tantissimo.

- Oooh... Credo che non andrà via molto presto, caro il mio Korain.
- Che vuoi dire? - Woobin si morse il labbro facendo salire la mia ansia alle stelle.
- Quei due sono inseparabili. - Fece una pausa. - Ormai in agenzia si vocifera che siano una coppia.

Cosa? Ma che stava dicendo? E allora le parole della lettera? Si era dimenticata di me così facilmente? Non era possibile, ma come se la risposta volesse arrivare da sola, sentii la voce di lei chiamarlo con un nomignolo che dimostrava una certa intimità e che mi spezzò il fiato. - Assurdo. Mi rifiuto di crederci.

Partii in quarta e la raggiunsi, ma lui fu più veloce e si posizionò davanti a me per aiutarla a sistemare della roba che neanche capivo perché fosse lì.
- Minjun. - Lo chiamai. - Potresti concederci un momento? - Provai a resistere all'impulso di strangolarlo quando lui cercò l'approvazione di Clarisse con lo sguardo, mentre lei gli diceva che andava tutto bene.
- Jinjja*?! - Sussurrai a me stesso mentre osservavo tutta la scena. Mi scappò un sorrisetto nervoso, ma almeno lui andò.

- Andiamo. - Clara mi trascinò nella sua stanza e chiuse la porta, accostando poi le spalle al legno scuro e spesso.
- So che la domanda potrà sembrarti stupida e banale, ma come stai?

Non ero mai entrato in casa sua, tantomeno nella sua camera. La analizzai e constatai con dispiacere che non aveva nulla di personale, i muri erano spogli e tristi, privi di vita vissuta, nonostante adesso lei vivesse lì da tanto. Non era presente neanche la foto che le avevo regalato e mi rabbuiai.

- Sono stata meglio.
Feci un passo nella sua direzione, ma lei parò le mani avanti a sé e mi disse di non avvicinarmi. - Non voglio complicazioni, Korain.
- Che vuoi dire? - Ero confuso e un senso di nausea mi colpì dritto alla bocca dello stomaco. Forse era vero che adesso stavano insieme.
- Perché non hai mai risposto alle mie numerose chiamate? - Aveva gli occhi puntati sui miei e improvvisamente quell'irrequietezza mutò, trasformandosi da spiacevole e fastidiosa sensazione in quel senso di appartenenza che solo lei era riuscita a farmi provare in tutta la mia vita. Avanzai ancora, infischiandomene semmai avessi peggiorato le cose, perché in quel momento desideravo solo un contatto con lei, con la sua pelle, le sue labbra e tutto ciò di cui mi ero privato in tutto quel tempo.

Lei sgranò gli occhi per la sorpresa e continuò a tenermi a debita distanza, facendosi scudo puntando i palmi contro il mio petto.

- Che stai facendo? - Chiese con un filo di voce, visibilmente disorientata.
- Stai con lui? - Chiesi a bassa voce, mentre accostavo il mio viso al suo, osservando le sue labbra con concupiscenza. - Quelle parole non hanno più alcun significato per te? - Il tono sempre più basso e la bocca più vicina alla sua.

Lei non disse niente, stava di nuovo stringendo la stoffa della giacca e i suoi occhi erano posati sul mio viso, le labbra schiuse quasi fossero in attesa di un bacio. Deglutì e passò la punta della lingua su di esse e per me fu un richiamo da cui non potei scappare, il più esplicito che potesse darmi.

Mi buttai e, con foga, finalmente colmai quel vuoto insistente che mi opprimeva da quando l'avevo lasciata andare. Le mie mani seguirono le curve perfette del suo corpo, arrivando al collo e insinuandosi tra i suoi capelli, mentre le nostre lingue si rincorrevano, avide di piacere. Le cinsi i fianchi e la avvicinai a me, facendo scontrare i nostri corpi, mentre anche lei finalmente ricambiava con la stessa passione.
Le mani scivolarono ancora, arrivando sotto i glutei, sollevandola da terra per portarla sul materasso sprovvisto di lenzuola.

La adagiai sulla superficie morbida e candida e solo allora realizzai che quella stanza era vuota perché nessuno ci viveva più.

- Che succede? - Domandò corrugando la fronte.
- Ti sei trasferita. - Lei si alzò, sistemando i vestiti e lisciando la lunga chioma che le avevo impunemente spettinato, si schiarì la gola e mi invitò a uscire dalla stanza. - Ma non abbiamo ancora finito di parlare!
Mi guardò sollevando le sopracciglia. - Quello ti sembrava parlare? Questo non è il luogo né il momento adatto, Rain. Mi dispiace, le emozioni hanno preso il sopravvento, ma dovremmo davvero discutere, prima di fare cose di cui poi potremmo pentirci.

Fece per uscire, ma la bloccai afferrandola per un polso, mentre la domanda usciva con spontaneità dalle mie labbra. - Ma tu mi ami ancora?
Clara mi dava le spalle e riuscii a distinguere solo la sua mano libera muoversi e poggiarsi sul suo petto. - È meglio se scendiamo giù.

Fu l'unica risposta che ricevetti, prima che lei tirasse via il braccio e abbandonasse la camera.

*****

*Jinjja: davvero, veramente.

Zero o'clock •{Kim Taehyung}•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora