"Non so come,
ho camminato fino ad arrivare
davanti a questo mare,
Dalla riva, osservo la spiaggia,
Infiniti granelli di sabbia
e un vento sferzante,
Sto ancora guardando il
deserto."
[Sea, BTS]
*****
La mattina sembrò passare serenamente dopo l'incontro con Rin e decisi di fare un tour della metropoli in cui avevo scelto di trasferirmi, approfittando del tempo libero a mia disposizione per cercare altri annunci di lavoro e avere più probabilità di trovarne uno decente. Mi fermai a mangiare in un locale messicano, in cui certamente sarei tornata, e dopo una bella abbuffata continuai il giro turistico.
Durante la mia passeggiata riflettei sull'espressione di Rin, quando gli venne in mente cosa fare per farmi pagare il debito, ma non avevo idea di ciò che mi attendeva, non sapevo neanche cosa indossare, dove mi avrebbe portata, nulla... C'era il vuoto più assoluto, però io non mi persi d'animo.
Non volevo assillarlo e mandargli qualche stupido sms su come vestire per l'occasione, andai direttamente a fare del puro e sano shopping, dato che l'idea mi solleticava da quando lo avevo visto andare via, nascosto dai vetri scuri dell'auto.Data la mia situazione economica, optai per un negozio di poche pretese, ma che sembrava ben fornito, e cominciai a provare vestiti di vario genere, dalle tinte floreali a quelle fantasiose; alla fine decisi di acquistare un jeans semplice e una camicetta sobria dai colori pastello. Era più forte di me, tutte le volte che andavo a fare compere non riuscivo ad acquistare nulla di carino, solo vestiti comodi e dai toni neutri, e molto probabilmente questo mio problema era legato al non avere mai avuto una figura femminile al mio fianco, nonostante non avessi mai dato peso a queste bazzecole che, col senno di poi, non trovavo più così futili. Uscii comunque soddisfatta dei miei acquisti e, senza indugiare, cominciai a fare strada per tornare a casa dai nonni che mi attendevano per la cena.
Dopo un lungo resoconto con oeharabeoji e un aiuto in cucina mai negato alla nonna che, poverina, sgobbava tutto il giorno dietro ai fornelli per assicurarci un pasto caldo a qualsiasi ora, mi rinchiusi nella mia camera e mi preparai per la notte, sdraiandomi e addormentandomi in pochi minuti, cullata dalle voci lontane della televisione accesa in soggiorno.
Quella notte feci uno strano sogno e la sensazione di inquietudine che mi aveva trasmesso non mi aveva abbandonata neanche dopo essermi svegliata. Era pomeriggio e mi trovavo in una spiaggia, forse la reminiscenza di un luogo frequentato da bambina. Il sole si vedeva a tratti, coperto da nubi scure che andavano e venivano e da lontano, in mezzo al mare, notai qualcosa o forse si trattava di qualcuno, non mi era chiaro, le immagini erano sfocate e confuse. Così, per accertarmene, mi tuffai improvvisamente in quelle che all'impatto mi sembravano acque gelide e tumultuose e iniziai a nuotare sempre più in fretta, finché non raggiunsi la mia meta. Andai sott'acqua, in apnea, e finalmente la vidi... una mano! Qualcuno stava annegando e io non esitai un attimo, afferrai il braccio con forza e tirai...
Mi svegliai di soprassalto, in un bagno di sudore e, con la testa completamente ricoperta dalle lenzuola, faticai a ritrovare l'uscita e respirare a pieni polmoni, mentre il cuore andava a mille. Si trattava di un incubo, l'unico ricorrente che avevo da quando avevo perso i miei genitori e che mi stordiva tutte le volte. Era come se volessi salvarli, ma non riuscissi nell'intento, perché mi risvegliavo puntualmente al momento di tirare fuori dall'acqua quella persona. Credevo che fosse tutto legato al trauma subìto anni prima, però una cosa che non mi tornava era la spiaggia, non capivo quale fosse il nesso tra loro e il mare, continuavo semplicemente a perdermi in quella strana visione assurda e contorta che mi spingeva a tornare sempre in quel luogo.
Ormai avevo perso il sonno e decisi di lavarmi e scendere a fare colazione, nonostante fosse presto, ma puntualmente la nonna era già lì e, questa volta, a farle compagnia c'era il nonno, seduto a tavola e pronto per gustare le prelibatezze che la moglie gli cucinava con tanto amore.
- Buongiorno tesoro. - Disse lui sorridendomi affettuosamente. - Dormito bene?
- Benissimo! - Mentii.
Mi informò del fatto che il signor Min, il proprietario del negozio di alimentari, nonché amico di famiglia da tempo immemore, lo aveva contattato per complimentarsi di sua nipote, di me! Gli disse che ero stata educata e impeccabile al colloquio e che voleva sicuramente assumermi.
- Davvero? - Spalancai gli occhi per lo stupore e per come il nonno era felice di avermi aiutata con il lavoro, e io non potevo che essere contenta quanto lui. Sentivo fosse andata bene, ma non pensavo di essere stata perfetta come decantava lui; in ogni caso decisi senza pensarci due volte che quello, per cominciare, sarebbe stato un impiego più che rispettabile, così accettai l'offerta e, chiamando il signor Min, scoprii che avrei iniziato già l'indomani mattina.
Appena attaccai con il mio nuovo capo, cosa di cui andavo fierissima, arrivò un messaggio a completare la giornata partita malissimo, ma che stavo recuperando alla stragrande.Signor Kim: Buongiorno Clarisse, stasera non potrò venire a prenderti personalmente, manderò un'auto alle 19.30. Se te lo stessi chiedendo, indossa qualcosa di comodo e non preoccuparti di nulla... Spero solo tu sappia cucinare! ;)
Per un momento pensai che volesse disdire l'appuntamento e il cuore saltò un battito, invece era come se mi avesse letto nella mente, quindi un problema era risolto, avrei messo su un completo casual.
Peccato però che si era presentato subito un altro problema: io non avevo mai eseguito una ricetta coreana e se voleva farmi saldare il debito in quel modo, non avevo molte chance di ripagarlo.
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Zero o'clock •{Kim Taehyung}•
Fanfiction•{COMPLETA}• Clarisse Moreau ha soltanto dieci anni quando perde entrambi i genitori in un incidente e va a vivere a casa di uno zio con il quale non condivide nulla a parte il cognome. Deve aspettare quattordici anni prima di riuscire a scappare i...