Non avevo fatto nulla, ero rimasta inerme quando lo sconosciuto mi aveva rubato quel bacio, ma soprattutto non ero riuscita a fiatare neanche dopo che aveva staccato le sue labbra dalle mie per poi girare le spalle e andare via. Stavo semplicemente lì, immobile, mentre guardavo la sua schiena allontanarsi da me, e tutto perché per un attimo i nostri sguardi si erano fusi e i suoi occhi mi avevano scrutata in modo del tutto anomalo, quasi mi vedessero nel profondo. Quelle iridi color cioccolato mi avevano stregata e messa al tappeto senza una ragione logica, nonostante ne ricordassi solo il colore e niente più. Nella mia testa regnava il vuoto più totale, non un minimo dettaglio di quello straniero che mi potesse aiutare a riconoscerlo nel caso in cui le nostre strade si fossero nuovamente scontrate.
Sospirai a pieni polmoni e pensai che, se quello era solo l'inizio della mia avventura a Seoul, non sapevo proprio che cosa aspettarmi dal futuro!
Guardai il display del cellulare e mi accorsi che era tardissimo, se non correvo rischiavo di perdere l'ultimo autobus che mi avrebbe portata dai nonni, perciò mi avviai dimenticando per breve tempo quello strano ragazzo che mi aveva intrappolata nell'ombra. Salita sul pullman mi appisolai per la stanchezza, svegliandomi a ogni fermata, finché non arrivai a destinazione e trovai un nonnino felice e contento che mi sorrideva a trentadue denti o giù di lì, vista la sua età!
Giunti finalmente a casa, dopo una bella passeggiata in cui rispolverai per bene il mio coreano con oeharabeoji, il nonno, abbracciai calorosamente anche la nonna, che non era invecchiata di un solo giorno dall'ultima volta in cui l'avevo vista, se non fosse per i capelli bianchi e corti che ricordavano una nuvoletta paffuta.Osservandoli mentre mi sorridevano, notai quanta differenza ci dividesse: non mi somigliavano per niente, perché io ero identica a papà, avevo preso da lui persino il meraviglioso colore di occhi che mi ritrovavo, un azzurro intensissimo che di notte si trasformava, diventando più scuro e profondo. Mi sarebbe piaciuto essere simile alla mamma, per potermi specchiare e rivederla in me, perché mi mancava tantissimo, ma non potevo lamentarmi, avevo almeno uno di loro che mi teneva compagnia quando fissavo il mio riflesso.
La nonna cucinò una torta di riso per darmi il benvenuto, comunicandomi che lei e il nonno avevano già preparato il terreno per dei colloqui a cui avrei dovuto presenziare il giorno dopo, e appena finimmo di pappare quella delizia, mi condussero nella mia nuova camera, ancora vuota di ricordi. Ma era così che volevo lasciarla, non volevo abituarmi a quella casa, né alla presenza costante di quelle due personcine deliziose, unici parenti che riuscivo a considerare tali. Per tutta la vita ero solo stata preparata a perdere ogni cosa e adagiarmi sugli allori in quel momento avrebbe significato perdere di vista l'obiettivo principale: realizzarmi e trovare una casa mia, in totale solitudine.
E così, malgrado i pensieri un po' intrisi di inquietudine e tristezza, andai a letto felice delle scelte che avevo preso fino a quel momento, perché mi avevano guidata fin lì, l'unico posto che sentivo di poter fare mio, l'unico in cui forse potevo trovare la pace che cercavo.
La notte passò in fretta e io dormii bene per la prima volta dopo tantissimo tempo. Mi alzai praticamente all'alba e feci tutto con estrema calma, rilassandomi sotto il getto caldo della doccia, mentre cullavo i miei capelli dorati con dei massaggi che la mamma mi aveva insegnato quando ancora era con me. Quando fui pronta, raggiunsi la nonna in cucina e la aiutai con la colazione, anche se non fui di grande supporto; aveva già messo tutto in tavola, mentre io mi limitai a prendere dei tovaglioli e le bacchette, uniche cose che mancavano per iniziare a trangugiare tutto quel cibo. - Dov'è il nonno? Dorme ancora? - Chiesi con la bocca piena di riso. La nonna mi sorrise, avvicinando la mano per eliminare un chicco dalla mia guancia, facendomi sentire piccola e indifesa come quando erano mamma o papà a farlo.
- Tesoro, tuo nonno è partito molto presto oggi, per andare a trovare un amico in campagna.
- Davvero? Stiamo parlando del contadino di quella fattoria, nonna?
Lei annuì, sempre col sorriso stampato in volto, confermando che si trattava di un luogo che da piccola mi facevano visitare spesso, perché il nonno lavorava proprio là. Adoravo quei prati verdi e tutte quelle api che svolazzavano beate tra i fiori, giocare coi bambini del posto e mangiare le delizie che il nonno portava a casa come doni dai coltivatori di quelle terre preziose. Era meraviglioso sapere che per tutto questo tempo oeharabeoji aveva mantenuto quei rapporti, mi trasmetteva coerenza e dedizione, proprio ciò di cui avevo bisogno per andare avanti.
Finita la colazione, mi vestii, salutai la nonna e mi diressi verso il primo dei colloqui organizzatomi in precedenza; si trattava di un negozio di alimentari poco frequentato, diceva il titolare, ma pur sempre un inizio, pensai tra me. Il posto non era male, gli scaffali erano ordinati e lindi, la paga modesta ma decente per l'orario che proponeva il signor Min, forse mio futuro boss.
L'incontro si concluse molto bene, non ci fu alcun disaccordo e il proprietario mi era sembrato davvero cordiale, tanto che mi offrì un bel caffè caldo prima di lasciarmi andare al prossimo appuntamento. Lo ringraziai sentitamente e, con il bicchiere ancora fumante, uscii dal negozio tutta contenta, quasi avessi già ottenuto il posto. Estrassi il telefono dalla tasca, noncurante della gente che avevo intorno e sbadatamente mi scontrai con qualcuno, rovesciando la bevanda ancora rovente proprio sui vestiti di quest'ultimo, ma peggio di ogni cosa, rischiando di ustionarlo.
- Oddio... Mi-mi dispiace, sono desolata, davvero! - Cominciai a chiedere venia per quell'errore madornale, ma il tizio che mi stava di fronte mi sventolò le mani davanti.
- Non si preoccupi, non è nulla di che! - Indossava degli occhiali scuri e un cappellino nero che mi ricordava vagamente qualcosa, ma non riuscivo a capire quale ricordo potesse destarmi un semplice berretto, così mi concentrai sulla situazione presente.
- La prego, mi dia la possibilità di sdebitarmi. - Chinai il capo a mo' di scuse e, dopo un attimo di silenzio, il ragazzo finalmente parlò.
- Mi lasci un suo contatto, allora. Vedrò di pensare a qualcosa. - Senza troppi indugi accettai. Solitamente non regalavo il mio numero agli sconosciuti, ma sentii di potermi fidare e digitai in fretta e furia il mio numero.
- Ecco, può memorizzarlo sotto il nome Clarisse Moreau.
- Bene, signorina Moreau... Quando i miei impegni me lo permetteranno, prometto che la contatterò personalmente.
Da lontano qualcuno attirò la sua attenzione. - Signor Kim, è ora di andare. - E in tutta risposta, lui mi salutò con un cenno del capo e si dileguò, salendo su un van nero dai vetri oscurati.
*****
"Dal momento in cui ci siamo incontrati
Sei diventato\a tutta la mia vita,
Tu sei quella stella
Che rende l'ordinario straordinario"
[Boy with luv, BTS]
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Zero o'clock •{Kim Taehyung}•
Fanfiction•{COMPLETA}• Clarisse Moreau ha soltanto dieci anni quando perde entrambi i genitori in un incidente e va a vivere a casa di uno zio con il quale non condivide nulla a parte il cognome. Deve aspettare quattordici anni prima di riuscire a scappare i...