Voltati e non guardare più indietro.
Ripetei quel mantra un milione di volte al secondo, mentre lo fissavo in quelle iridi nere da cui non riuscivo a scappare. Sapevo solo piangere e osservare il mio grande amore sfuggirmi di mano per una verità che aveva omesso volontariamente. Il mio cervello mi invitata ad andare via, ma il cuore non voleva sentire ragioni, eppure era rimasto ben poco di quell'organo che pompava nel petto, giusto qualche briciola che ancora non era volata lontano, l'unico brandello di fiducia provato nei confronti di Korain.
Una volta dategli le spalle non lo avrei più rivisto, del resto era ciò che voleva, la separazione era l'unica strada che vedeva aprirsi davanti a noi e io non gliel'avrei negata.
Lo lasciai senza una parola e, a ogni centimetro che mi divideva da lui, la mia anima si spaccava a metà.
Un passo, una crepa, fino alla totale distruzione.
Piansi più di ciò che credevo possibile, piansi lacrime piene di tormento e angoscia, consapevole di aver perso di nuovo tutto, quell'amore profondo e intenso che avevo provato solo per lui e nessun altro.
Volevo seppellirmi, come uno struzzo volevo nascondere la testa nella sabbia, non volevo affrontare il dolore che mi opprimeva il petto, eppure dovevo andare avanti per me stessa. Ora che avevo finalmente trovato la mia strada e degli amici, avevo i miei nonni accanto, non avrei avuto bisogno di lui, dovevo semplicemente convincermene.
Solo in quel modo sarei riuscita a superare la delusione.Quando aprii la porta di casa la nonna fu sorpresa di vedermi e io lo fui altrettanto nel trovarla ancora in piedi a quell'ora. Odiavo il fatto che mi potesse vedere fragile e persa, tuttavia, quando mi chiese cosa avessi da essere triste, scoppiai in un pianto esagerato e cercai un contatto che subito trovai in lei, un abbraccio che non avevo mai ricevuto e che mi avevano sempre negato, ma che adesso ricevevo dall'anziana donna.
In quell'istante la vidi chiaramente, quella stanza che avevo trovato vuota e malinconica al mio arrivo adesso piena di foto, di ricordi; bramavo un legame più profondo con lei, con il nonno, con quella dimora e quella città, malgrado quella stessa sera mi era stato strappato dalle mani l'amore più assoluto.- Tesoro, non piangere. Va tutto bene. - La nonna mi regalò delle dolci pacche sulla schiena, mentre ripeteva che si sarebbe sistemata ogni cosa, e io continuai silenziosamente a versare gocce salate che le bagnarono la spalla.
Quella notte ci addormentammo accoccolate sul divano e la mattina seguente, appena mi svegliai, la coprii con una coperta, prima di recarmi in bagno e prepararmi per andare a lavoro.Incontrai il nonno sulle scale e mi sorprese sapere che dalla sua camera aveva udito tutto, ma aveva deciso di lasciarmi i miei spazi. Poi aggiunse - appena lo incontrerò, quel giovanotto la pagherà cara per averti fatto soffrire. - Mi accarezzò la testa sorridendomi e si congedò. Per un attimo mi domandai come aveva capito che fosse colpa di Korain, ma lasciai perdere perché tanto lui sarebbe partito quel giorno stesso.
Era ancora presto quando arrivai alla casa discografica e sperai di non incontrare nessun membro dei Be7, perché mi avrebbe ricordato quanto patimento cercavo di reprimere.
Andai in mensa e mi accomodai su un divano nascosto in un angolo, portando con me un caffè che poggiai sul tavolino posto di fronte.
Avvicinai le ginocchia al petto e mi persi a osservare il cielo che quel giorno dava voce ai miei sentimenti, colorando l'intera città di un grigio cupo e fosco.- Perché quello sguardo truce, bambina? - La voce di Minjun mi fece trasalire, mi ricomposi e lo ammonii.
- Junie, ti prego, non farlo mai più!
- Non riesci proprio a chiamarmi oppa*, vero?
- Ti piacerebbe! Peccato che la più grande tra i due sono io. - Sorrisi e lo fissai con attenzione.Avevo sempre pensato che somigliasse vagamente a Korain sia nell'aspetto che nei suoi modi di fare, ma quel paragone aveva improvvisamente iniziato a fare male e non riuscii a mantenere l'apparente tranquillità, il labbro cominciò a vibrare e infine non mi trattenni dal singhiozzare violentemente.
Minjun scattò verso di me, sedendosi al mio fianco e abbracciandomi mentre con tenerezza mi dava dei colpetti sulle spalle per tentare di calmarmi. - Ehi, va tutto bene, respira... io sono qui con te.
Nascosi la faccia sulla sua maglia, soffocando i singulti nella speranza che nessuno sentisse quanto fossi disperata e patetica.
- Mi dispiace. - Dissi lievemente. Non avrei mai voluto che mi vedesse in quello stato, ma dal giorno precedente non facevo altro che affliggermi senza freni.
- Non scusarti, sfogati quanto ti pare. - Continuò a stringermi e a darmi conforto e restammo in quella posizione per lungo tempo, finché il rumore di una sedia mi fece sussultare e sciogliere l'abbraccio.Mi asciugai velocemente gli occhi e guardai l'ora sul display. - Oddio, Junie, è tardi, tra dieci minuti iniziano le prove. - Il ragazzo mi osservò mordendosi il labbro e sapevo che era sbagliato, ma lo odiai perché mi ricordò di nuovo l'unica persona a cui cercavo di non dedicare i miei pensieri. Alzai gli occhi al cielo e mi congedai con la scusa del bagno. - Devo darmi una sistemata, ci vediamo in sala. - lo lasciai sul sofà e corsi a darmi una ripulita.
Uscii dal bagno in tempo per recarmi ai piani superiori, ma voltato l'angolo la figura di Harin mi sorprese.
Capitava di rado di incontrare uno di loro e, giusto in quella giornata in cui avrei evitato volentieri un rendez-vous, me lo ritrovai davanti. Cercai di non farmi notare, ma dovevo passargli accanto e non potevo temporeggiare, altrimenti avrei perso l'inizio dell'allenamento.
- Oh, Clarisse...
- Ciao...
L'imbarazzo pervase l'aria intorno a noi, ma lui riuscì a spezzare quel momento di tensione. - Va tutto bene? Ho visto Korain scendere giù, suppongo ti abbia trovata.
- Mi stava cercando?
- Si, certo. Doveva parlarti prima di andare via, la macchina lo attendeva di sotto, ma l'ho invitato a darti un saluto veloce. - Rin deglutì e guardò l'orologio, mentre io ripensai a quello strano rumore udito nella mensa collegando tutto.
- Cavolo... - Sussurrai.
- Non mi dire che...
- Io non l'ho visto. - Tirai i capelli indietro e raggiunsi l'ascensore premendo continuamente sull'interruttore di prenotazione.Stava venendo a chiedermi scusa? Voleva rimediare? E se mi avesse vista con Minjun? Sicuramente ci aveva beccati nel momento sbagliato e mi maledii. - Andiamo, perché le porte non si aprono? - Ringhiai in preda alla frustrazione.
Rin mi raggiunse. - Non so se riuscirai a fare in tempo.
- Ma non andate insieme? Insomma, dovreste partire con una sola auto, no?
- Io ho ancora delle cose da sbrigare, ci incontreremo dopo. - Rin mi guardò con dispiacere, era chiaro che avrebbe voluto aiutarmi. Nonostante i trascorsi voleva darmi una mano a risanare la mia relazione con il suo amico.Finalmente l'ascensore arrivò e tutti e due salimmo al suo interno, poi premetti sul tasto che ci avrebbe portati al parcheggio.
Le gambe mi traballavano e tormentai le labbra quasi a farle sanguinare, infine Harin poggiò la sua grande mano sulla mia spalla. - Clarisse, è tutto ok, riuscirai a parlare con lui in un modo o nell'altro.
- Ma cosa voleva dirmi? - Chiesi più a me stessa.Continuai a guardare un punto indefinito davanti a me in attesa di battere il tempo e raggiungere il ragazzo che amavo per dirgli che lo perdonavo, che lo avrei aspettato nonostante lui fosse uno stupido. Il destino ci era sempre venuto incontro, ci aveva fatti incrociare per puro caso in un vicolo e ci aveva riunito più volte in altre occasioni; non potevo e non volevo pensare che quel giorno ci volesse tenere lontani.
Guardai il display posto sopra la porta, eravamo quasi arrivati, così chiusi gli occhi e aspettai il tipico rintocco che accompagnava l'aprirsi delle porte.
Quando le mie orecchie udirono quel suono spalancai gli occhi, il respiro corto e la mano sul cuore che batteva come impazzito.*****
"Se c'è una possibilità,
Ti tengo a me.
Sto correndo,
È iniziato il conto alla rovescia."
[Hold me tight, BTS]
STAI LEGGENDO
Zero o'clock •{Kim Taehyung}•
Fanfic•{COMPLETA}• Clarisse Moreau ha soltanto dieci anni quando perde entrambi i genitori in un incidente e va a vivere a casa di uno zio con il quale non condivide nulla a parte il cognome. Deve aspettare quattordici anni prima di riuscire a scappare i...