capitolo tre: un gioco pericoloso.

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"Avevi lasciato la coperta nella piscina brutto..." prese a parlare mentre entrava "cazzo" sussurrò tra se e se una volta di fronte al ragazzo, notandolo in mutande.
Seppur con difficoltà riuscì a distogliere lo sguardo appena in tempo. Prese piuttosto a guardar fuori, le luci della piscina ancora aperte davano l'idea che quella notte fosse infinita e che mai avrebbe più rivisto la luce del sole.
Che piuttosto i due sarebbero potuti rimanere lì, sospesi in quel tempo infinito, rinchiusi dentro una casa lontana da tutto, ad essere qualsiasi cosa volessero.
Di certo il più piccolo non gli lasciava largo margine di pensiero standomene mezzo nudo dentro il suo soggiorno.
"Si lo so, l'ho fatto appositamente" sussurrò Riccardo facendo spallucce.
Sul volto aveva un sorriso idiota ma tranquillo, così tanto che Alessandro si sentì stupido per aver avuto certi pensieri.
"Ma va?" tornò a guardarlo il più grande, stando ben attento a tener alto lo sguardo questa volta "Almeno che tu non soffra di memoria a breve termine ovvio che me lo abbia fatto apposta" finì alzando gli occhi al cielo.
"Magari soffro di memoria a breve termine e non lo so, non potrei ricordarlo" parlò il riccio guardando negli occhi Alessandro.
Quest'ultimo sentì una scossa attraversargli il corpo ma non diede troppo peso alla cosa, certo che fosse solo suggestionato dal momento.
Non capitava mai di aver quasi estranei nudi in casa sua e quando accadeva, in quelle sere molto diverse da quella, l'atmosfera nell'aria era ben diversa e non finiva mai in maniera tranquilla.
Scrollò la testa per allontanare ogni pensiero, che Riccardo fosse etero era visibile a miglia e miglia di distanza e, i vestiti bagnati che aveva tra le mani, lasciavano intendere il vero motivo del suo essersi spogliato.
"In effetti" sussurrò il più grande stanco.
Era snervante tener alta l'attenzione solo sul suo volto, per quanto bello fosse, al momento la sua curiosità andava su tutto ciò che, fin quando il ragazzo portava i vestiti addosso, non aveva potuto vedere.
"E dimmi, ti capita spesso di restar in mutande a casa di persone che conosci a malapena?" finì alzando un sopracciglio il moro.
Se quell'affermazione avesse concluso la sua agonia non lo sapeva, eppure ci sperava molto.
"Potrei averlo dimenticato" sussurrò il più giovane divertito.
Non sapeva perché stesse provocando il più grande così, non provava assolutamente alcuna attrazione per i ragazzi, eppure gli piaceva il modo in cui Alessandro lo stava guardando.
Si sedette sul divano a gambe incrociate, allargò poi le braccia sullo schienale e osservò l'amico.
"Alzati dal mio divano, lo bagni" balbettò quasi il castano. "E per la memoria a breve termine cerca di rimediare, potrei farti qualsiasi cosa adesso e non te ne ricorderesti domani" finì.
Era pur vero che non aveva alcuna intenzione di invitarlo in quel suo assurdo gioco senza senso, ma era anche vero che non gli era comune lasciarsi vincere in certi giochi. Piuttosto lui, in questi giochetti, era sempre l'unico a vincere.
Riccardo, quasi come leggendo nella sua mente, capì pienamente quanto interessante si stesse facendo quel gioco e, nonostante la paura, decise che fosse giusto proseguire.
Era forse colpa dell'alcol se quel suo spirito di competizione si stava facendo così coraggioso.
Non aveva alcuna paura di esagerare, poco gli importava in quel momento e ogni sua idea, di fronte ad Alessandro, sembrava di poca rilevanza.
Neppure la sua certezza di essere del tutto etero lo faceva star lontano dal piacere che provava all'idea di occhi così desiderosi su di lui.
Alessandro invece, che finora era sempre stato abile nei suoi giochi di seduzione, non trovava le parole giuste questa volta di fronte all'improvvisa intraprendenza del ragazzo.
"Non so, tu dici che non me ne ricorderei?" esclamò Riccardo andandogli incontro.
Proprio in quel momento, mentre l'insana e stupidissima voglia di baciare quelle labbra cresceva in Alessandro, qualcosa lo riportò in sé.
Poco gli importò di colpo dello spirito di competizione, della voglia di vincere e di quella di baciare Riccardo. Riprese piuttosto meravigliosamente in mano la situazione consapevole che era di gran lunga meglio ricoprirsi di un'amara sconfitta che di chissà cos'altro.
Magari Riccardo stava giocando, magari era solo colpa del tanto alcool, o forse l'euforia del momento ma quel gioco apparve di colpo spaventoso e rischiosissimo agli occhi di Alessandro.
"Ti prendo dei vestiti okay? Ti eri spogliato per questo no? O per caso volessi solamente diventar un supplemento di arredo?" rise appena, nervosamente.
Riccardo sorrise di conseguenza, certo di aver vinto e ancora più certo di non essere passato indifferente.
Poco gli importava se la cosa era finita lì, piuttosto meglio così, non sarebbe arrivata tanto più in là di qualche provocazione fatta per gioco.
"Ammetti che adoreresti una statua con le mie sembianze" rise ancora grattandosi la testa.
Un riccio gli cadde ribelle sulla fronte, Alessandro distolse lo sguardo.
"Se non parlasse quanto parli tu si" sussurrò per poi farsi strada verso la sua stanza per prendere qualcosa da far indossare al ragazzo.

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