capitolo centoventuno: la stanza senza più pareti.

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"Che succede ragazzi" urlò Riccardo facendo strada tra la gente.
"Che succede?" ripetè con un filo di voce raggiungendo il camerino.
"Non sta bene" rispose Michelangelo stringendogli il braccio "dice che gli gira la testa" proseguì.
Il piccolo concentrò tutta quanta la sua attenzione su Alessandro che, circondato da chissà quanta gente, se ne stava sdraiato sul tavolo del camerino.
"Perché non sono stato avvertito?" disse senza neppure guardarlo all'amico.
Michelangelo si limitò a far spallucce.
"Perché non sono stato avvertito?" ripetè a voce più alta, facendo voltare tutti.
Persino Alessandro fece incastrare lo sguardo su di lui e Riccardo sentì la pressione dei suoi occhi addosso senza neppure guardarlo per accertarsi della cosa.
"Meno severo" biascicò riservandogli un sorriso.
Aveva la voce rotta, le labbra chiare, il volto pallido.
"Che hai?" disse il piccolo facendosi strada verso di lui.
"Penso di star per morire" ironizzò il più grande.
"Dai" lo guardò male Riccardo dandogli uno schiaffo sulla pancia.
"Ahi" si lamentò Alessandro "È proprio lì che mi fa male"
"Hai preso qualcosa?" domandò Riccardo guardandolo meglio.
"Oki" gli sorrise Alessandro.
Era felice di vederlo così preoccupato per lui.
"L'oki non serve ad un cazzo" si lamentò il piccolo.
"Tu non servi a un cazzo" disse Alessandro e quando ricette uno sguardo torvo di risposta scoppiò a ridere "scherzo" biascicò.
"Scherza scherza che poi scherzo io" disse Riccardo con voce impastata per poi guardasti attorno.
Battè le mani talmente tanto inaspettatamente che quasi tutti all'interno della stanza si ritrovarono a saltare in aria.
"Allora" parlò poi a voce alta, mettendosi in piedi su una sedia "Tutti via da qui, ora ci sono io"
Un gruppo di gente iniziò a parlare contemporaneamente, creando un gran casino.
"Non voglio" alzò la voce Riccardo per zittirli "che nessuno stia qui" proseguì solo quando ebbe attorno l'assoluto silenzio.
"Io penso che" parlò un addetto alla sicurezza.
"Non ho chiesto cosa pensate" rise il piccolo mentre tornava giu dalla sedia "lui ha bisogno di aria, tra mezz'ora cantiamo e voi dovete uscire, fine della storia" disse poi mentre si puliva le mani sui pantaloni.
"Grazie" disse poi mentre tutti andavano via.
"Ah Michi Michi" si affrettò a proseguire il ragazzo prima che l'amico andasse via "naturalmente tu non sei loro, tu devi restare" sorrise.
Michelangelo gli andò incontro, lasciandogli una carezza sulla guancia.
"Attento a te" disse poi guardando Alessandro, che stava ridendo almeno da una decina di minuti di fronte a quella scena comicissima.
"Che autorità" disse poi guardando entrambi, quando si riprese dalle risate "Complimenti" Riccardo mostrò il dito medio mentre si chiudeva la porta alle spalle.
"Come stai?" domandò Michelangelo facendo qualche passo ancora verso il moro.
"Mi gira un po' la testa, penso di aver fatto casino con il cibo" ammise mente si toccava la pancia, che adesso gli faceva di nuovo male.
"Ho sentito di altra gente che è stata male con il cibo di qui" disse il produttore.
"Non penso sia stato il cibo" ammise il moro "penso abbia più fatto schifo io nel mangiarlo" rise.
"Ho mangiato tanto anche io" disse Riccardo scrollando le spalle "ma sto bene"
"Tu sei piccino" disse Alessandro per provocarlo.
Come predetto infatti ricette uno sguardo torvo dal piccolo che, dopo uno sbuffo, smise di guardarlo, concentrandosi su altro.
"Michi" richiamò inaspettatamente l'attenzione dell'amico "Che ne dici se mi porti delle medicine e dell'acqua così lo metto in piedi, che dobbiamo cantare tra poco" disse con un sorriso.
"Vi lascio soli" intuì Michelangelo mentre, con un sorriso furbo, si faceva strada verso la porta.
Si affacciò un ultima volta prima di uscire "Attento a te" disse infatti ad Alessandro.
"Non lasciarmi qui con lui amico" rise il moro.
"Vedi che voglio veramente quello che ti ho chiesto" urlò Riccardo affacciandosi dalla porta.
"Sisi" gli sorrise Michelangelo per poi scomparire dietro l'angolo del corridoio.

Quando il piccolo si chiuse la porta alle spalle
Alessandro lo stava guardando con un'espressione impossibile da decifrare sul volto.
Aveva stampato in faccia un sorriso ebete dei suoi, uno di quelli snervanti ma allo stesso tempo tenerissimi.
Però gli occhi sembravano sfidarlo, mentre a testa bassa sembrava spaventato dalla situazione.
Riccardo rimase ad osservarlo per un po' prima di parlare.
"Io sono piccino?" fu la prima cosa che chiese.
Alessandro scoppiò a ridere "È l'unica cosa che non ti è andata del mio discorso o c'è una lista?" disse poi.
Il ricciolino si limitò a far segno di no con la testa per rispondere.
"C'è una lista?" domandò Alessandro per accertarsi di aver capito.
Ecco che Riccardo preferì non rispondere ancora, limitandosi a far segno di sì con la testa.
"Oh oh" parlò piano Alessandro "grave"
"Gia" biascicò Riccardo per poi sedere sulla sedia, di fronte a lui.
Alessandro si mise subito in equilibrio sui gomiti quando notò lo sguardo spento del più piccolo.
Come mai non stava ribattendo?
Cosa gli stava succedendo?
"Che hai?" domandò poco dopo, cercando di riavere il suo sguardo addosso.
"Nulla" biascicò Riccardo senza guardarlo.
"Ehi" sospirò Alessandro mettendosi a sedere sul tavolino, per avvicinarsi un po'.
Gli mise due dita sotto al mento, per costringerlo ad alzare la testa, seppur fosse fatto con gesti delicatissimi.
"Che hai?" domandò ancora solo quando lo sguardo del piccolo gli fu addosso.
"Volevo che mi dicessi che stavi male" si lamentò Riccardo "sono venuto a saperlo per caso"
"Non volevo ti preoccupassi" cercò di giustificarsi il più grande "Lo so, e stupido come pensiero"
"Abbastanza" disse Riccardo quasi interrompendolo, giusto per mostrare tutta quanta la sua approvazione di fronte a quella giustissima constatazione.
"Scusami" sospirò Alessandro per poi prendergli la mano, iniziando ad accarezzargli le dita con le sue "Pensi che potrai mai perdonarmi?" proseguì con un sorriso.
"Penso di sì" borbottò Riccardo.
"Così facile?" rise il moro.
"Niente facile" disse Riccardo facendo segno di no con la testa bruscamente almeno tre volte. "Mi fai solo pena" disse ridendo.
"Pena?" domandò Alessandro guardandolo male.
"Come posso dirti che non ti perdono se stai male?" rise Riccardo, ricevendo il dito medio di risposta dall'altro ragazzo.

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