capitolo trentatre: una scritta sul gesso e la tua maglia bianca.

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Alessandro tamburellava piano le mani sulle ginocchia mentre, con la testa poggiata al muro e l'orecchio attento ai minimi rumori se ne stava seduto sul pavimento, in attesa di novità.
Aveva lasciato che entrasse Michelangelo in stanza con Riccardo ed il dottore quando l'infermiere li aveva bloccati con un severo "solo uno".
Alessandro, nonostante lo sguardo contrariato del piccolo, aveva trovato giusto fosse così.
Insomma Michelangelo si era preoccupato per quella situazionale quanto lui e in più era suo amico da una vita. Non sarebbe stato giusto entrare al suo posto.
Con lo sguardo fisso sulla porta se ne stava da un po' in attesa, avendo persino smesso di guardare l'orologio.
Alle fine cosa gli importava di prendere in orario l'aereo in quel momento?
Voleva soltanto veder uscire da lì Riccardo sulle sue gambe per potersi sentire leggero e poter andar via senza sensi di colpa.
La porta si aprì interrompendo i suoi pensieri e Alessandro in un solo istante saltò in piedi, come fosse sull'attenti.
"Entra ragazzo" disse il dottore rapido facendogli un cenno leggero con la mano.
Il moro si fece strada senza dire nulla, limitandosi ad un cenno per poi superarlo sulla soglia ad occhi bassi.
Quando rialzò lo sguardo i primi occhi che incrociò furono quelli di Riccardo.
Se ne stava sdraiato sul lettino, rialzato sui gomiti, con un sorriso.
Quando il più grande notò la gamba libera dal gesso si ritrovò a sorridere.
"Visto?" chiese il piccolo intuendo subito il motivo di quel sorriso "Ho di nuovo il ginocchio" proseguì tutto contento.
"Era anche ora" osservò Alessandro facendo un sospiro.
"Siediti pure" fu il medico ed interrompere il piacevolissimo contatto visivo tra i due.
Riccardo si ritrovò a sbuffare, seppur appena, stanco di tutte quelle interruzioni tra i due.
Tra Michelangelo, la mamma di Ale, innumerevoli campanelli e ora persino il medico pensò che non era proprio destino per quei momenti intensi e intimi tra loro.
"Sisi" disse rapido Alessandro sedendo sulla sedia libera, accanto a Michelangelo.
"Tutto okay?" sussurrò al produttore che fece un cenno.
A rispondere piuttosto, avendo sentito quella domanda nonostante fosse stata posta a voce bassa, fu il dottore.
"Si il ragazzo sta bene" sorrise appena guardando Riccardo "la gamba è in salute e il ginocchio come nuovo" proseguì.
"Ahh la meraviglia dell'essere giovani" sospirò poi sedendo dietro la scrivania, di fronte ai due.
"Quindi sta bene? Tutto risolto?" proseguì Alessandro prestando la sua totale attenzione al dottore, che mi limitò a far un cenno.
"Si il cazzo" parlò con voce impastata Riccardo ricevendo uno sguardo torvo da entrambi i ragazzi.
"Riccardo" lo rimproverò a bassa voce il più grande.
"Che c'è?" fece spallucce il piccolo "Mi hanno detto che devo far riabilitazione, non sono libero" si lamentò poi con uno sbuffo.
"Tutti devono farla" scrollò le spalle Michelangelo per poi guardare il dottore, come cercando conferme.
Quando questo fece un cenno il produttore si voltò ancora a guardare Riccardo sussurrando un "visto?" tra le labbra.
"Richi" sospirò Alessandro alzandosi ed andandogli in contro.
Percepiva il suo cattivo umore sin da lì.
"Per quanto deve farla?" parlò poi al dottore.
Aveva una mano sulla gamba di Riccardo e la stava accarezzando, sperando di trasmettergli un po' di tranquillità.
"Una settimana forse, non è nulla di grave, ci metterà pochissimo" disse il dottore con un sorriso rivolto al piccolo che però neppure lo guardò.
"Visto?" disse Alessandro cercando di farsi guardare ma con scarso successo.
Con un volto allarmato si voltò verso Michelangelo che fece spallucce, confuso.
"Okay" sospirò il dottore tamburellando per un secondo le dita sulla scrivania "Vi lascio un secondo da soli va bene?" proseguì avviandosi verso l'uscita.
"Grazie" sussurrò sincero il moro abbozzando un sorriso.

Quando la porta si chiuse Riccardo fece un sospiro assai più rumoroso, uno di quelli che sapeva più di sbuffo.
"Io non ne faccio" esclamò di colpo guardando entrambi.
Era tremendamente arrabbiato senza un ovvio motivo e aveva assolutamente bisogno di sfogarsi, in qualche modo.
"Ma perché?" chiese Michelangelo portando poi la testa verso dietro, per disperazione.
"Perché è estate, perché mi secca e perché voglio tornare a casa" parlò a voce più alta il ricciolino.
"Riccardo ma non ci metti tipo un cazzo" parlò Alessandro con un sorriso sul volto.
Sorriso che si spense immediatamente di seguito allo sguardo torvo lanciato dal più piccolo.
"E che faccio? Chiedo ogni giorno passaggi a Michelangelo?" alzò un sopracciglio.
"Nessun problema, sarebbe la prima volta?" rise il produttore.
"Aspetta cosa stai cercando di fare?" parlò però Alessandro sentendosi di colpo agitato.
"Cosa pensi che stia cercando di fare?" lo guardò ancora male Riccardo "Sai bene chi dovrei scomodare per questa cosa"
"Cosa vuoi che ti dica? Tranquillo Richi annullo il volo e la vacanza e resto? Perché se è quello che vuoi lo faccio" urlò quasi il più grande.
"Non dovrei dirtelo io, dovrebbe venirti automatico" parlò ancora Riccardo.
"Sei egoista" disse piano Alessandro cercando di calmarsi.
"Tu sei egoista, pensi solamente alla tua cazzo di vacanza" disse ancora Riccardo.
Non pensava neppure a una delle parole che stava dicendo, nemmeno per un secondo.
Eppure prendersela con Alessandro gli sembrava la cosa più giusta da fare.
Era arrabbiato con lui per la partenza e sapeva che fosse immaturo da parte sua assumere questo atteggiamento ma al momento poco gli importava.
"Io penso soltanto alla mia vacanza? Riccardo ti sono stato dietro per due cazzo di settimane" urlò il più grande.
Per quanto avesse cercato di stare calmo adesso non ne potè più.
La rabbia aumentava secondo dopo secondo, assieme alla delusione.
"Adesso di colpo non ti va più bene?" ringhiò il piccolo con un sorriso provocatore "Non mi sembrava così l'altra sera quando.."
Ma fu Michelangelo ad interromperli, mettendosi in piedi al limite della sopportazione.
"Basta ragazzi" si mise tra di loro temendo il peggio.
"Tu me lo dovevi Alessandro, non fingere di averlo fatto per compassione" proseguì imperterrito il ricciolino.
"Io non ti dovevo proprio un cazzo Riccardo" urlò il più grande con il volto contratto "Io non ti ho mai dovuto un cazzo" biascicò infine avvicinandosi.
Fu Michelangelo a bloccarlo con la mano, mettendosi meglio tra i due.
"Siete due bambini del cazzo" disse con uno sbuffo.
Era così calmo al momento da far contrasto in quella situazione, come se fosse totalmente fuori luogo.
"Ma vi sembra normale litigare per la riabilitazione?" rise poi.
Entrambi si guardarono, con le stesse espressioni arrabbiate.
"Non è quello" borbottò il piccolo mettendosi a sedere, con i piedi a penzoloni.
"Si che è quello coglione del cazzo" lo guardò Michelangelo "Pensi non sia palese?" proseguì.
"Cosa dovrebbe essere palese?" gli sorrise per finta Riccardo e a Michelangelo venne voglia di dargli uno schiaffo, ma si trattenne.
"Non pensi si capisca?" proseguì il produttore guardando entrambi "È chiaro ci sia qualcosa in sospeso tra voi" disse fermandosi su Alessandro che fece un sospiro.
"Tu sei arrabbiato per la sua partenza" guardò poi Riccardo "E io non sono un analista quindi facciamo che vado a prendere un caffè e voi risolvete" finì allontanandosi.
"Ci lasci davvero soli? Con il rischio che..." rise Riccardo.
"Con il rischio che? Cosa? Che vi ammazziate? Ma ammazzatevi pure, rompetevi di nuovo qualche arto. Anzi se volete vi presto anche la macchina e fate il tocco per scegliere chi debba mettere sotto chi" rise piano "Basta che risolviate per me potete finire anche entrambi sul letto di un ospedale, ci siamo già" fece spallucce per poi uscire definitivamente dalla stanza.

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