capitolo trentaquattro: vuoi sapere se sto parlando di te?

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Il paesaggio dall'oblò dell'aereo era sempre stata la meraviglia più grande per Alessandro.
Mai aveva trovato un panorama più bello di quello visto dall'alto.
Gli dava un senso di isolamento, come se il resto del mondo, lontano e sotto di lui, fosse sufficientemente lontano per poter essere ammirato.
Era come guardare la riva da una barca in mezzo al mare, come guardare la città da una collinetta, come osservare la strada dal suo balcone.
Il mondo era bello solo quando era lontano per Alessandro, solo quando non poteva ferirlo.
E anche quel giorno, come tutte quante le altre volte, il posto nel finestrino era suo e la vista sul cielo lo fece tornare sereno.
Ripensare a Riccardo triste fuori dall'aeroporto era bello e doloroso allo stesso tempo.
Da un lato stava bene al pensiero che il piccolo fosse triste all'idea di lasciarlo andare, significava che ci teneva, ma dall'altro faceva male saperlo lontano e triste quanto lui.
Ma allontanare i pensieri per la prima volta gli venne automatico, forse grazie alla vista del cielo o forse grazie all'eccitazione che aveva all'idea di quel viaggio.
Rivedere la sua amata Sardegna era una gioia sufficientemente grande per schiacciare tutto il resto, almeno per il momento.

Quando arrivò in aeroporto la prima cosa che vide fu Ylenia per merito dei capelli rossi abbastanza evidenti.
Era sempre così, quella testa colorata sarebbe stata visibile da qualsiasi posto, persino a metri e metri di distanza, persino in mezzo a tantissima gente.
Ovvio che questa cosa fosse vantaggiosa per Alessandro che in realtà faceva sempre molta fatica a trovare qualcuno nel luogo dell'appuntamento, ma di certo svantaggioso per Ylenia che, anche nascondendosi, era facilmente riconoscibile da tutti, persino da chi mai e poi mai avrebbe voluto salutare.
Alessandro e lei passavano sere intere a scappare da ex ragazzi, vecchi amici e gente che la piccola avrebbe sicuramente voluto evitare eppure, nonostante tutto, finiva sempre con Ylenia costretta a parlare con qualcuno che odiava e Alessandro costretto a trattenere le risate di fronte alla falsità e al panico della ragazza.
"Siete dei pazzi" disse il moro quando fu più vicino ai tre.
Portavano infatti tra le mani un cartello con sopra scritto "Gli amici del disperso".
"Ma che cazzo fate?" proseguì poi allargando le braccia.
La prima a fiondarsi tra le sue braccia fu appunto Ylenia che, correndogli incontro con il solito entusiasmo, gli si gettò letteralmente addosso aggrovigliando persino le gambe attorno alla sua vita.
Alessandro per poco con cadde verso dietro ma si tenne da una trave per poi abbracciare la ragazza con lo stesso entusiasmo.
Si mosse da un lato e dall'altro, per poi far un giro in tondo, stringendola sempre più forte a sé.
Aveva talmente tanto sentito la sua mancanza in quei giorni.
Non erano abituati a star lontani per così tanto tempo.
"Tu mi hai abbandonando" farfugliò lei scendendo dalle sue braccia e guardandolo di colpo male.
"Se" rise Alessandro per poi avvicinarsi agli altri due ragazzi.
Strinse prima Gabriele e poi Andrea, altrettanto felice di rivederli.
"Se" ripetè lei guardandolo male, ancora.
"Non è vero che ti ho abbandonata" si difese il ragazzo con un sorriso dolce stringendola di nuovo a sé.
Questa volta la piccola non ricambiò ostinata a recitar quella parte giusto per farlo sentire in colpa.
"Si, per Riccardo" disse calcando quel nome con una vocina antipatica.
"Riccardo?" chiese Andrea guardandolo di colpo.
"Si amore, il ragazzo di cui ti ho parlato l'altra sera, quello che Ale stava ospitando" gli rispose Gabriele con un sorriso "Aspetta" proseguì poi facendosi serio "Cosa è successo con Riccardo?" spalancò gli occhi.
"Siamo in vacanza" alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo per poi superarli intenzionato ad uscire dall'aeroporto.
"Non pensare di cavartela così" rise Andrea prendendogli il borsone dalle mani.
"Esatto" sorrise il biondino raggiungendoli.
"Ti metti comodo, ti riposi, magari pranzi e poi ci dici" rise Ylenia.
"Prima" proseguì Andrea "Prima ci dici e poi ti risposi, ti metti comodo, mangi e fai il cazzo che ti pare" finì facendo spallucce.
"Torno a Milano" sussurrò il ragazzo esausto facendo per tornare indietro ma la piccola lo prese per un braccio "Scordatelo" rise furba per poi avvicinarlo a sé e lasciargli un bacio sulla guancia "Ora sei nostro"

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