capitolo sessantasette: giocare a nascondino non vale piu.

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"Riccardo" parlò piano Alessandro mentre si guardava attorno.
La spiaggia era ancora semi vuota, se non per alcune persone molto lontane.
"Basta" sussurrò ancora, prima che quelle mani iniziassero a toccarlo dappertutto.
"Hai detto che saresti stato zitto, sta zitto" rise Riccardo dandogli uno schiaffo leggero sulla testa.
Poi, senza dire altro, allacciò le gambe attorno alla vita di Alessandro, sedendosi dietro di lui, e con le mani iniziò a massaggiargli il collo, salendo fino alle orecchie, per poi scendere nuovamente sulle scapole.
Alessandro si lasciò sfuggire un sospiro troppo forte, che sapeva più di ripresa di fiato.
Era come se stesse cercando aria pulita da respirare, aria per non finire in apnea.
La verità era che Riccardo, con dei semplici tocchi, lo stava facendo impazzire.
Si sentì di colpo sul divano di casa sua, come qualche settimana prima.
Il modo in cui il piccolo lo stava massaggiando rievocava inevitabilmente i ricordi di quel giorno, quel giorno in cui erano probabilmente iniziato tutto.
Era proprio da allora che Alessandro aveva capito che mai avrebbe voluto che Riccardo gli togliesse le mani di dosso, ma era stato anche il giorno in cui aveva desiderato più di tutti che quelle mani le togliesse.
E adesso, su quella spiaggia, il tempo era passato, anche se non sembrava.
Le mani di Riccardo gli correvano addosso piu decise, meno timide, più indiscrete.
Alessandro le sentiva ugualmente bruciare sul suo corpo.
Come se fosse sbagliato che Riccardo lo toccasse, come se quel bruciore volesse mostrare che non era il caso, che era meglio smettere.
Eppure entrambi preferivano quel dolore ad uno assai più forte: smettere.
Non volevano né potevano farlo, ed era così dal primo giorno in cui si erano conosciuti.
Non avevano potuto smettere di farsi battute, non erano riusciti a smettere di guardarsi di continuo proprio come poi non erano riusciti a dormire uno sul divano e l'altro sul letto.
Non erano riusciti a fermarsi prima del bacio, non erano riusciti a non baciarsi ancora e ancora, non erano riusciti a non finire a letto assieme.
E ora, proprio come quella sera in soggiorno di forse un mese prima, non riuscivano a dire basta a quel massaggio.
Impazzire era l'unica cosa che Alessandro voleva in quel momento, impazzire sotto quel tocco che non sarebbe rimasto che massaggio dato il luogo nel quale si trovavano.
E provocare, provocare era l'unica cosa che Riccardo voleva fare, pur consapevole che Alessandro non avrebbe potuto ricambiare, pur consapevole che quel tocco interrotto avrebbe fatto male anche a lui.
I sospiri pesanti del più grande, sotto quei suoi massaggi fintamente innocui, erano ciò che Riccardo apprezzava più di tutti.
Adorava l'idea di provocargli così tante cose.
Lo faceva sentire potente e lui amava sentirsi così.

Corse con le mani lungo la sua schiena, scendendo lungo la spina dorsale e fermandosi sulla schiena bassa, per poi iniziare a massaggiargli i fianchi.
Alessandro trattenne un sussulto e a denti stretti fece di tutto per non emettere alcun suono.
Sapeva che mostrare piacere lo avrebbe messo ancor di più nei casini.
Sapeva che i suoi mugolii non erano altro che benzina per le mani di Riccardo, che gli avrebbe così dato un incentivo in più per non finire quanto prima quel bellissimo tormento.
Ma voleva davvero finisse?
Se lo chiese giusto quando le mai di Riccardo gli strinsero più forte i fianchi, entrando sotto il costume giusto un po', per rendere la presa più salda.
La risposta arrivò subito dopo, proprio quando il piccolo si avvicinò un po' di più alla sua schiena, con la scusa di massaggiarla, e il fiato arrivò inevitabilmente sulla pelle di Alessandro.
Non voleva smettesse.
Ne fu certo, di colpo.
Poco gli importava di dove fossero, poco gli interessava di chi li avrebbe visti o del dolore che provocava quel resistergli.
Voleva provare tutto quanto, tutto quanto quello che stava provando.
"Andiamo a casa se devi continuare così però" disse a fatica, tra un sospiro e l'altro.
Sentì Riccardo sorridere e fu costretto a guardarlo.
Seppur i suoi occhi riservassero un odio smisurato nei suoi confronti era ben visibile il modo in cui erano in realtà colmi di piacere.
"Sta zitto" lo guardò il piccolo notandolo chiaramente.
Gli occhi stretti in due fessure, sembravano quelli di un gatto.
Nonostante il colore scuro brillavano come due fanali di notte, rendendolo assai più bello.
Erano appagati all'apparenza, ma guardandoli meglio quel guizzo che bruciava come fuoco dentro di loro si vedeva assai bene.
Faceva ancora più baccano del mare e bruciava su Alessandro assai più del sole.
"Giusto adesso che ti sto mettendo la crema vuoi andare a casa?" domandò ironico.
"Non mi stai mettendo la crema" sbuffò Alessandro smettendo di nuovo di guardarlo.
"Si invece, guarda" disse il piccolo mettendo una mano sulla sua faccia, per poi toglierla con un sorriso.
Quando Alessandro si toccò la guancia tolse la crema che lui gli aveva lasciato e lo guardò male.
"La crema è solo una scusa, un incentivo" disse poi guardandolo come se avesse svelato ogni suo segreto.
"Beh si" biascicò Riccardo tornando con le mani sulle sue spalle e avvicinandolo a lui.
Quando Alessandro toccò con le sue spalle il petto del piccolo, che adesso si era messo in ginocchio per arrivare meglio alle sue spalle, sussultò.
"Come la stanchezza, come la gelosia, come l'asciugamano, o le vecchiette" disse poi al suo orecchio.
"Stai dicendo che viviamo di scuse?" balbettò quasi il più grande, costretto a poggiarsi sulla sua spalla quando Riccardo passò le mani sul suo petto.
Si distese completamente sotto quel tocco, nonostante la tensione, nonostante l'ansia all'idea che spuntasse qualcuno.
"No" sorrise il piccolo ancora fisso sul suo orecchio, in dei sussurri "Ci nascondiamo, ci nascondiamo dietro le scuse" disse calcando bene la prima parola.
"Come tu ti nascondi dietro ai massaggi e alla tua eterosessualità?" lo guardò Alessandro allargando un sorriso assai più bello rispetto al solito.
Riccardo sorrise di conseguenza, per la prima volta non infastidito da quell'affermazione.
"Come tu ti nascondi dietro la scusa che io sia etero?" disse piuttosto, provocandolo di conseguenza.
"Cosa stai dicendo?" domandò Alessandro voltandosi per guardarlo meglio.
Si mise in ginocchio giusto per avvicinarsi a lui il più possibile, giusto per stare alla stessa altezza sua e delle sue labbra.
Gliele sfiorò con il fiato e fissò i suoi occhi facendogli venire i brividi.
Riccardo deglutì nervosamente ma, contro ogni logica, per quanto in realtà lo volesse, non si spostò.
Rimase fermò li, per non dargli alcuna soddisfazione, mentre il cuore gli martellava nel petto e nelle tempie.
Aveva in fiato corto e gli tremavano le gambe, e di colpo il sole era scomparso, non lo sentiva più sulla pelle, aveva piuttosto il ghiaccio dentro al petto e dentro ai polsi.
Si sentiva pieno di brividi freddi, come se non fosse un primo pomeriggio di metà Agosto.
"Stai insinuando che io mi nasconda dietro alla scusa che tu sei etero?" sussurrò ancora Alessandro.
"Come mi ci nascondo io" fece spallucce il piccolo e questa volta si sedette sulle sue gambe, stanco di stare in bilico, di colpo senza equilibrio.
Era la vicinanza di Alessandro a disarmarlo, a togliergli le forze, anche questa volta.
"Aaaah" rise il più grande sedendosi di conseguenza, però incrociando le gambe, mettendosi comodo nella sua vittoria personale appena avuta.
"Lo hai ammesso" disse poi.
"Ammettere cosa?" si finse tonto il ricciolino.
"Che è una scusa, non sei etero" sorrise ancora il più grande.
"Lo sono invece" disse Riccardo dopo uno sbuffo.
"Okay" biascicò Alessandro dopo uno pò "Facciamo che io non ci credo" lo guardò poi.
"In cosa?" domandò Riccardo sistemandosi.
Si sedette meglio, sprofondando sulla sabbia, e con la scusa di stendere le braccia verso dietro trovò il modo di allontanarsi dal più grande.
"Che tu sia etero" lo indicò con il mento il moro "Facciamo che non ci credo più che tu sei etero, quindi? Come la metti?" rise piano poi "Dove ti nascondi adesso?" proseguì.
Riccardo allargò un sorriso improvviso, forse dovuto all'ansia e al nervosismo ma fu il modo in cui abbassò la testa la risposta.
"Devi.." prese a parlare Alessandro 'Guardarmi' avrebbe voluto proseguire ma il piccolo lo fermò con uno "stai zitto" appena sussurrato, tra le labbra.
"Non mi posso più nascondere mi sa" tornò a guardarlo dopo poco e Alessandro non trovò più né parole da dire né tantomeno aria da respirare.
Sembrava che fosse di colpo finita tutta quanta, che respirare non fosse più possibile a nessuno.
Persino il mare se ne stava zitto, e il leggero venticello non gli accarezzava più la pelle.
Il sole invece restava presente, ogni secondo più forte, sempre più intenso sulla pelle, tanto da fargli sentire troppo caldo.
Riprese fiato a fatica e sentì il dolore di mille spine salirgli lungo la gola, assieme al fiato.
"E tu dietro cosa ti nascondi adesso?" sorrise il piccolo tenendo ferme le mani, che avevano iniziato a tremargli.
Si sentiva vulnerabile in quel momento, non aveva modo di ripararsi dietro nulla, non poteva nascondersi da nessuna parte.
Senza pensarci troppo si gettò tra le braccia del più grande. Ma non perché volesse abbracciarlo in quel momento, piuttosto stargli lontano era l'unica cosa che avrebbe voluto.
Voleva solo riparo, voleva solo un appiglio da quel mare che si sentiva sotto al corpo in quel momento.
Il corpo di Alessandro gli era ancora in quel mare di emozioni nuovi.
Le spalle di Alessandro gli erano scudo e protezione da tutto, proprio tutto, in quel momento.
Colui che lo stava più di tutti disarmando gli era anche arma.
Colui che lo stava ferendo lo stava anche curando.
Alessandro era, in assoluto, il suo tormento più grande.

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