capitolo trentadue: una promessa.

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Il sole era già alto in cielo, passando dalle tapparelle illuminava abbastanza la stanza, facendo a gara con il buio, come passandogli attraverso.
Strisce di luce più tenue e gentili entravano invece dai buchi della serranda più in basso, chiedendo quasi il permesso per illuminare il letto.
Alessandro era già sveglio da un pezzo e stava giocando proprio con quei fasci timidi, passando una mano su di loro, spezzandoli solo per poco.
Era grato a quei fasci di luce gentili.
Loro non volevano disturbare il sonno di Riccardo, lo illuminavano soltanto appena, giusto per illuminare il suo volto bambino e puro concedendo ad Alessandro di poterlo contemplare con il fiato sospeso.
Era come se non respirasse del tutto, come se il respiro si interrompesse a metà in quelle apnee che gli provocava la vista del più piccolo.
Come se poco contasse respirare bene se Riccardo era accanto a lui, lui che finiva al suo posto quei respiri a metà.
Alessandro sarebbe rimasto lì a lungo, fermo in quel momento sospeso nel tempo.
Fuori poteva anche essere iniziata la nuova giornata, il sole poteva essere alto e la gente già per strada eppure al più grande poco importava.
Si perché dentro quella stanza quasi sospesa nel vuoto, tutto era lontano e fuori non c'era nulla.
Non era né notte né giorno lì dentro, né estate né inverno.
In quella camera da letto, in quel momento, il letto era diventato barca in movimento sul flusso di un tempo senza secondi né ore né tantomeno minuti.
Alessandro non era altro che un ragazzo felice di essere unico spettatore di quell'angelo addormentato e Riccardo, perso nel suo sonno beato, poteva essere chiunque volesse nei suoi sogni.
Il moro, a seguito di quel pensiero, sospirò e chiuse gli occhi stanco.
Avrebbe voluto esprimere quel desiderio, sentirlo fortissimo nel petto e vederlo avverarsi una volta aperti gli occhi.
Avrebbe voluto trovarsi davvero da un'altra parte, da solo con Riccardo.
Tutto era accaduto in una volta e vederselo dormire a fianco era una cosa che mai avrebbe pensato potesse accadere.
Si toccò le labbra risentendo il sapore di quei baci sopravvissuti ad una notte.
Non sarebbe mai più accaduto, Alessandro questo lo sapeva bene.
Sapeva perfettamente cosa stava lasciando ma mai avrebbe potuto sapere cosa avrebbe trovato.
Nel migliore dei casi tutto sarebbe rimasto sospeso e una volta tornato, un mese dopo, tutto sarebbe ritornato a quel momento senza forzature.
Riccardo avrebbe potuto vivere quella distanza sentendo la sua mancanza, avrebbe potuto trovarlo certo dei suoi sentimenti una volta tornato.
Ma Alessandro alle cose facili non c'aveva mai creduto.
Lui era un tipo da tutto o niente.
Alla via di mezzo neppure ci pensò.
Non prese neppure in considerazione l'idea che Riccardo gli sarebbe potuto restare amico, che le cose si sarebbero potute sistemare al suo ritorno.
Piuttosto, senza analizzare lucidamente il tutto, pensò alla peggiore delle ipotesi dandola per certa.
Riccardo si sarebbe pentito di tutto e sarebbe scomparso, certo di non volerlo rivedere mai più.
Se ne convinse talmente tanto che sentì il panico crescere nel petto e pensò che, se soltanto aprendo gli occhi avesse visto Riccardo sveglio gli avrebbe proposto di scappare assieme.
Ecco come ancora una volta si stava auto sabotando, ecco come tutta la felicità che aveva provato si trasformò di colpo in dolore.
Quando aprì gli occhi però l'unica cosa che notò fu Michelangelo sulla soglia, con la maglia tra le mani, affacciato alla porta ancora socchiusa.
"Ah sei sveglio" sussurrò il ragazzo "Svegli tu Riccardo mentre io preparo le sue cose?" continuò il ragazzo.
Alessandro si limitò a far un cenno, anche se non molto deciso, e a quel punto il produttore si richiuse la porta alle spalle.
Nonostante adesso la stanza fosse di nuovo solo loro le cose non erano più le stesse.
Il letto aveva smesso di essere barca ed era tornato ad essere letto, la luce entrava più prepotente dalle tapparelle e quei fili sottili si fermavano sugli occhi di Riccardo.
Il più grande, rapido, si affrettò a metter una mano davanti al volto del piccolo, per fermare quel fascio, per far tornare le tenebre su quel volto sereno.
Non avrebbe voluto svegliarlo per restare a godere della sua vista ancora per un po'.
Eppure la verità era che nell'aria quella magia non c'era più e il ticchettio dell'orologio era tornato a evidenziare prepotente lo scorrere del tempo.
Michelangelo aprendo quella porta, seppur appena, aveva fatto rientrare il mondo in quella camera da letto.
E adesso era tornato ad essere giorno, e il caldo afoso di quell'inizio Agosto si poteva respirare nell'aria umida e unta.
"Richi" lo richiamò senza alcuna voglia.
"Mh" si lamentò il piccolo mettendo una mano davanti agli occhi per stropicciarli.
"Riccardo" proseguì il moro scuotendolo appena con una mano.
"Ale" farfugliò con voce impastata il ricciolino.
"Svegliati" proseguì Alessandro con un sorriso gentile, seppur malinconico.
Riccardo aprì un solo occhio e osservò la mano del più grande sospesa nell'aria.
"Perché?" chiese indicandola per poi far un sorriso bambino.
"Per questo" rispose Alessandro spostando per un secondo la mano e lasciando che quel raggio sottile gli sfiorasse il volto.
"Mhh" si lamentò il piccolo mettendo di nuovo le mani davanti agli occhi accecato dal sole ma, altrettanto rapidamente, Alessandro alzò di nuovo la mano per spezzare quel fascio di luce.
Riccardo lo guardò e gli angoli della sua bocca si alzarono dolci in un sorriso sincero.
"Grazie" farfugliò per poi mettersi a sedere nel mezzo del letto.
Avrebbe voluto poggiarsi sul petto del più grande come capitava quasi ogni mattina e per poco non le fece data la confusione dovuta al sonno.
Ma si fermò appena in tempo, sentendosi sinceramente in imbarazzo al ricordo di ciò che era accaduto la sera precedente.
Quel forte imbarazzo era l'unico motivo per il quale non era poi così triste all'idea di non vederlo per un po'.
Come mai avrebbe potuto sopportare la vicinanza e gli sguardi del più grande dopo quello che era accaduto la sera prima?
Sorrise di nuovo abbassando lo sguardo e scuotendo la testa.
"Che ridi?" lo guardò Alessandro mentre si metteva in piedi.
Riccardo posò lo sguardo sul suo petto nudo solo per un istante, confortato dal pensiero che quel buio fungesse da scudo ai suoi sguardi, celandoli e non rendendoli precisi alla vista del più grande.
"Nulla" sussurrò ridendo ancora.
"No dimmi" biascicò il grande mentre indossava la maglietta.
Lo sguardo curioso del piccolo si spense nuovamente, non più bisognosi di guardare qualcosa di ormai coperto.
"Non ti dico" rise per finta Riccardo.
"No tu mi dici" gli si avvicinò appena il più grande e Riccardo si ritrovò a deglutire nervosamente data l'improvvisa vicinanza dell'altro.
"Stavo pensando ad una cosa" farfugliò alzandosi alla ricerca di qualcosa da mettere.
"Tieni questa" disse Alessandro tirandogli una maglia. "A cosa pensavi?" proseguì poi mentre si sistemava i capelli allo specchio.
Riccardo prese la maglia dal suo petto e la srotolò sbarrando gli occhi di colpo.
"Ma è la tua maglietta preferita" urlò quasi appallottolandola di nuovo.
"Si" rise sincero il più grande guardandolo attraverso lo specchio.
"Ma tieni, volevi tanto portarla" proseguì il piccolo scuotendo la testa e lanciandogli di nuovo la maglia.
Alessandro gliela tirò ancora, questa volta puntando al volto e il piccolo, dopo un lamento di protesta, si liberò il volto dalla maglia e sbuffò.
"Prendila come una promessa" rise Alessandro solo quando fu certo che il ricciolino lo stesse guardando ancora.
"Che promessa?" girò un po' la testa in un lato Riccardo.
"La promessa che girerò a petto nudo" disse serio Alessandro per poi, dopo uno sguardo torvo dal piccolo, scoppiare a ridere "Scherzo" alzò le mani in segno di resa "scherzo" ripetè tra una risata e l'altra.
"Ah ah ah" lo prese in giro il piccolo "Divertente" proseguì.
"La tua faccia lo era molto" disse Alessandro togliendo il pantaloni, di spalle.
Sentì lo sguardo del più piccolo bruciargli sulla schiena e sul sedere e si ritrovò ad arrossire.
"Anche la tua adesso lo è" lo punse Riccardo notando dallo specchio le guance rosse.
Nonostante il forte imbarazzo il piccolo, come suo solito, voleva aver l'ultima parola.
"Te la metti quella maglia?" parlò dopo un po' Alessandro voltandosi, mentre con due saltini stava salendo i pantaloni sulla vita.
"Okay" sospirò il piccolo cercando di indossarla ma con scarso risultato.
Infatti, improvvisamente impacciato, si era ingarbugliato con quella stoffa leggera.
"Sta fermo" rise il più grande andandogli incontro "Sta fermo, aspetta" proseguì quasi urlando e poi, con un gesto rapido, lo liberò dalla trappola che si era creato da solo.
La testa ricciolina di Riccardo uscì fuori dalla maglia con un sorriso "Grazie" borbottò.
"Di nulla" rise sincero il più grande per poi allontanarsi, andando vero il bagno.

Riccardo lo raggiunse poco dopo, restando sulla porta ad osservarlo mentre si lavava la faccia.
"Che promessa quindi?" disse incrociando le braccia e poggiando la spalla sulla porta.
"Cosa?" chiese il grande guardandolo di colpo, con la faccia bagnata e gli occhi socchiusi.
"Quale promessa intendevi prima? Cosa significa questa maglietta?" proseguì il piccolo alzandola appena dal petto, come indicandosela.
"Che me la ridai quando torno" disse Alessandro per poi asciugare la faccia.
"Alessandro" disse il piccolo avvicinandosi.
Il più grande, una volta abbassata l'asciugamano dal volto, si ritrovò ad indietreggiare data l'improvvisa vicinanza.
"Oh" rise poi felice di vedere quei suoi piccoli occhi accesi di nuovo dalla curiosità "Vuoi sentirti dire altro" alzò un sopracciglio.
"Voglio sentirti dire la verità" obiettò il piccolo.
"Te la do con la promessa che non mi farò guardare da nessuno come mi guardi tu" farfugliò Alessandro rassegnato.
La cosa negativa di quella convivenza era il modo in cui la sintonia tra i due fosse aumentata, seppur in sole due settimane,  a tal punto che entrambi riuscivano a capire bene quando uno dei due mentiva, o era triste, o voleva qualcosa.
E Alessandro sapeva bene che mai avrebbe potuto chiudere quella discussione senza dire la verità a Riccardo.
Quella di certo era una situazione svantaggiosa per entrambi, eppure neppure la paura di esporsi troppo bloccava le battute tra i due.
L'idea del rischio, anzi, non faceva che aumentare il bisogno di esagerare.
"La tua maglia preferita dovrebbe dire questo?" disse il piccolo con un'espressione confusa.
"È la maglia che mi sta meglio addosso, hai detto anche tu che con questa mi avrebbero guardato" piagnucolò Alessandro "te la do con la promessa che nessuno mi guarderà" finì con un sospiro.
"Ti guarderanno" rise Riccardo sedendo sul bordo della vasca.
"Non mi importerà" finì Alessandro uscendo dal bagno.
"La prendo" urlò il piccolo per farsi sentire "Solo come promessa che quando tornerai te la restituirò" finì per poi avvicinarsi al lavandino, per lavarsi la faccia.
Alessandro sorrise sincero, felice di quella risposta.
Con quella maglietta si erano promessi qualcosa. Non sapeva con esattezza cosa fosse, ma era felice lo stesso.
"Mi tengo anche il pantalone della tuta" proseguì Riccardo uscendo dal bagno con l'asciugamano tra le mani.
"Bagni a terra" osservò il più grande costringendolo a sbuffare.
Poi, sentendosi costretto dalla sguardo insistente del più grande, si asciugò la faccia per poi poggiare la tovaglia sulla spalla.
"Questo con quale promessa?" chiese poi il moro con un sorriso.
"Nessuna promessa, questo lo tengo" rise il piccolo guardandosi fiero il pantalone della tuta glicine.
"Sai che poi me lo ridarai vero?" alzò un sopracciglio Alessandro.
"Non lo so, dipende se vorrò che tu me lo tolga o meno" disse senza guardarlo, forse troppo imbarazzato.
"Riccardo" urlò Alessandro spalancando gli occhi "Non c'è nessuna scusa di alcol questa volta" osservò con le guance che gli andavano a fuoco per l'imbarazzo improvviso.
Ma ad essere assai più forte era la sorpresa, fu quella ad accenderlo, a farlo proseguire.
"Non ho bisogno dell'alcol per dire la verità" rise il piccolo a testa bassa.
"Ma se hai detto che menti sempre" scrollò le spalle il più grande.
"Non mento mai in realtà" lo guardò di nuovo il piccolo.
"Buono a sapersi" sorrise Alessandro.

Il sole era alto in cielo e i tre, in attesa da quasi un'ora, stavano fumando una sigaretta seduti nel cortile dell'ospedale, in attesa di essere chiamati.
Alessandro giocherellando nervosamente con le mani, guardava spesso l'ora sperando di arrivare in tempo per la partenza.
Riccardo invece, distrattamente chiacchierava con Michelangelo.
"Chi te lo ha scritto questo?" chiese il produttore indicando la scritta sul gesso.
Riccardo indicò Alessandro con il mento, per poi sorrisegli una volta incrociato lo sguardo con lui.
"Carino" sussurrò Michelangelo sincero facendo sorridere entrambi.
"Guarda là" parlò Riccardo con il cuore in gola alla vista del medico sull'uscio, intento a fargli segno con la mano di raggiungerlo dentro.
"Oh" sussurrò Alessandro con la stessa angoscia.
Una volta libero da quel gesso Riccardo non sarebbe più stato sotto le sue cure.
Una volta fuori da quell'ospedale Alessandro sarebbe andato via.
"Per lo meno faccio un altro giro sulla sedia a rotelle" piagnucolò mettendosi in piedi goffamente.
Alessandro si avvicinò per reggerlo prima ancora che Michelangelo potesse far un passo.

*spazio autore*
SCUSATE IL RITARDO MA HO STUDIATO e poi visto l'intervista di Ale e Richi di Max Brigante.
Voi l'avete vista? 👀
grazie mille per i complimenti, per il supporto e le parole gentili, non smetterò mai di dirvelo.
vi amo tanto <3

•come lo Yin e lo Yang•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora