capitolo cinquantatre: panico.

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"Riccardo puoi dirmi cosa succede?" urlò ancora Michelangelo fuori dalla porta della stanza del più piccolo.
Era ormai al limite della sua sopportazione e la pazienza l'aveva persa da un bel pezzo.
Si trovava davanti a quella porta forse da venti minuti, con addosso lo sguardo preoccupato di Carlotta.
"No" urlò ancora il più piccolo e altri rumori si sentirono provenire dalla sua stanza.
"Riccardo apri la porta" parlò ancora Michelangelo, questa volta abbassando il tono della voce, cercando di essere più tranquillo, più comprensibile, meno agitato.
"No, ho detto di no" urlò ancora Riccardo ed era palese che stesse piangendo.
"Richi apri" parlò piano Carlotta.
Aveva le lacrime agli occhi e ciò non fece che far arrabbiare ancora di più Michelangelo.
Qualsiasi cosa fosse successa valeva forse la preoccupazione e le lacrime di sua madre?
Davvero Riccardo era così bambino alla volte?
"Lasciami stare" urlò di risposta.
"Riccardo apri questa cazzo di porta" urlò ancora Michelangelo dando dei pugni alla porta così forti da far sussultare Riccardo per lo spavento.
"Lasciami stare anche tu" urlò il più piccolo appoggiandosi alla porta per poi lasciarsi scivolare fino al pavimento "Lasciatemi stare tutti perfavore" finì stanco, quasi in dei sussurri.
"No" parlò Michelangelo sedendosi dall'altro lato.
Fece cenno a Carlotta di andare sperando di far sì che la lontananza dalla voce rotta dal pianto di suo figlio la facesse stare meglio.
Lei, dopo avergli accarezzato la testa, scomparve dietro alla porta della sua stanza.
"Riccardo aprimi, ti prego" farfugliò l'amico stanco di stargli lontano.
Voleva stringerlo, dirgli che tutto si sarebbe risolto, ricordargli che lui c'era.
"Non voglio vedere nessuno" rispose freddo il ragazzo.
"Ascoltami, fammi solo entrare un secondo, poi giuro che me ne vado" sospirò il più grande.
"Non è vero che te ne vai dopo" piagnucolò Riccardo.
"Te lo giuro che me ne vado" disse ancora Michi cercando di essere convincente.
Più nessun rumore si udì all'interno di quella stanza e, dopo un po', la serratura scattò.
Quando Michelangelo fece ingresso in quella stanza Riccardo se ne stava seduto sul letto con la testa tra le mani e gli occhi lucidi.
"Si può sapere che succede?" chiese il più grande ancora con la maniglia tra le mani.
"Chiudi la porta" rispose il piccolo guardandolo.
Gli occhi lucidi e stanchi di Riccardo colpirono in pieno petto l'altro ragazzo che sentì di colpo un dolore forte vicino al cuore.
"Okay" biascicò con la poca voce che gli era rimasta.
"A chiave" proseguì Riccardo con la voce che gli tremava.
"Okay" ripetè Michelangelo facendo scattare la serratura.
I minuti di silenzio successivi furono pieni di sofferenza, da parte di entrambi.
"Richi che succede?" chiese il ragazzo ancora sedendogli accanto sul letto.
Sapeva bene quanto Riccardo in quel momento volesse silenzio ma non riusciva a trattenere in alcun modo né la sua immensa preoccupazione nè tantomeno il gran numero di domande che gli stavano invadendo la mente.
"Sono caduto dalla bici e ho battuto il ginocchio" iniziò a parlare il piccolo senza neppure guardarlo "Mi fa male" si lamentò poi mostrandoglielo.
Era appena sbucciato, nulla di così grave alla vista.
"Se mi si fosse di nuovo rotto?" domandò guardandolo.
Michelangelo, guardando quei suoi occhi rossi e languidi capì bene che si trattava di qualsiasi cosa fuorché di quella sbucciatura.
"Richi" sospirò sedendosi per terra e iniziando a esaminare la sua ferita "Non è che una sbucciatura" finì soffiandoci sopra.
"Mi fa male" proseguì in quel suo lamento il più piccolo e gli occhi gli si riempirono ancora di lacrime.
"Prendo l'acqua ossigenata e le bende allora" fece per alzarsi Michelangelo ma il più piccolo lo bloccò.
"La testa" disse rapido "Mi fa male la testa"
"La testa o il ginocchio?" domandò il più grande guardandolo bene.
"Anche il petto" sussurrò Riccardo sentendosi di colpo stanco.
Si lasciò scivolare sul letto, allargando le braccia ai lati e senza volerlo tornò a lamentarsi.
"Richi cosa ti fa veramente male?" domandò Michelangelo sedendogli accanto, di nuovo.
"Tutto" sospirò il piccolo godendosi quelle dolci carezze sulla gamba che stava ricevendo.
Sentire il suo amico accanto, anche se in un momento come quello, era fondamentale oltre che confortante.
"E come mai?" domandò il produttore sdraiandosi accanto a lui.
Riccardo gli si coricò sul petto senza neppure pensarci, nascondendo quel bisogno di conforto e vicinanza in un semplice abbraccio.
"Fermo qui" sussurrò Michelangelo stringendolo a sé per non farlo alzare.
"Come mai?" proseguì accarezzandogli i capelli.
Il piccolo si chiuse a riccio, come fosse un bambino sotto quelle sue carezze.
Mise su un piccolo broncio e chiuse gli occhi cullato da quelle attenzioni assai gradite.
"Mamma non mi parla" biascicò il piccolo dopo uno sbuffo.
"E perché non ti parla?" chiese Michelangelo deciso a rispettare i suoi tempi.
Se Riccardo aveva intenzione di arrivare al motivo del suo dolore piano piano lui lo avrebbe aspettato.
Voleva soltanto che fosse a suo agio, anche se ciò sarebbe significato dover stare ore ed ore a vederlo arrancare.
"Perché non ho dormito a casa, voleva la avvertissi forse" scrollò le spalle Riccardo guardandolo per un secondo "Non ho risposto neanche al telefono ma giuro che non volevo"
"E glielo hai detto?" domandò Michelangelo riprendendo ad accarezzargli i capelli.
"Cosa?" sussurrò Riccardo.
"Che non volevi, cos'è successo? Dormivi?" domandò con voce dolce e tranquilla.
Riccardo sentì i nervi mano a mano distendersi, la paura andar via e persino i singhiozzi andarono scemando.
"Quando ha chiamato si, ero crollato" borbottò il ragazzo "Ma non glielo avrei mai fatto apposta" finì come per giustificarsi.
"Non credo che lei pensi questo" fu sincero il più grande "Era solo preoccupata"
"Lo so" lo guardò ancora il ricciolino.
"Non avevo intenzione di dormire fuori o l'avrei avvisata" disse ancora.
Si sistemò meglio sotto le carezze di Michelangelo, ormai del tutto tranquillo.
"E dove hai dormito?" domandò lui.
Riccardo sentì ancora il cuore aumentare di battito ma la verità era che infondo infondo in quella domanda ci aveva sperato.
Non avrebbe mai parlato per primo, seppur volesse affrontare quella discussione, seppur volesse sfogarsi.
Sentirsi porre quella domanda lo agitò sicuramente ma ancor di più gli fece venire voglia di parlare.
"Da Alessandro" disse poi svelto.
"E ti sei addormentato lì?" chiese Michelangelo.
Sicuramente quella domanda l'aveva posta in quel modo unicamente per aver la risposta che voleva.
Ovvio non volesse invadere la privacy di Riccardo né tantomeno volesse innervosirlo.
Sapeva bene come le sue domande riguardo ad Alessandro al momento non erano poi così gradite.
Eppure questa volta una risposta la voleva.
"Dopo si" sussurrò Riccardo consapevole che ormai l'amico avesse capito ogni cosa.
"E prima?" domandò Michelangelo guardandolo ancora.
"Eh prima" sospirò il piccolo.
"Eri esausto perché?" domandò Michelangelo con un sorriso furbo.
"Che?" domandò Riccardo fingendosi confuso.
Sentiva il cuore battere fin troppo forte.
Certo si, non si pentiva di nulla e già la cosa in sé era strana.
Si era sempre pentito di quei baci eppure adesso, adesso che era accaduto qualcosa di assai più grande, di pentimento non ne sentiva affatto.
Eppure ammettere ciò che era successo ad alta voce non lo rendeva più simile ad un sogno.
Dirlo avrebbe reso il tutto reale.
E se il fatto, una volta detto ad alta voce, lo avesse fatto pentire davvero?
Era terrorizzato all'idea di far uscire quel momento intimo dalla stanza di Alessandro.
"Hai detto che ti sei addormentato esausto" osservò Michelangelo.
"Ah si" disse rapido Riccardo allontanandosi dalle sue braccia per tornare steso sul letto.
"E come mai?" incalzò Michelangelo.
"Dai lo hai capito" si lamentò in degli sbuffi il più piccolo.

Era strano il modo in cui improvvisamente Riccardo avesse cambiato umore.
Grazie a Michelangelo era tornato velocemente tranquillo, come se quel ragazzo avesse usato le parole più giuste per distendergli i nervi.
Era in pieno attacco di panico quando Michelangelo aveva bussato per la prima volta alla sua porta.
Panico che era solo aumentato ad ogni bussare dell'amico.
"Si che ho capito" rise Michelangelo dandogli un colpo di cuscino.
"E allora?" chiese Riccardo sedendosi al centro del letto tenendo quel cuscino stretto al petto.
"E allora voglio che tu lo dica" sussurrò il più grande.
"Perché?" balbettò Riccardo per poi sprofondare anche la testa nel cuscino.
"Perché mi racconti sempre delle tipe che ti fai" scrollò le spalle il più grande.
"Lui non è una tipa, non è la stessa cosa" rise nervoso il ricciolino.
"È la stessa identica cosa invece" disse rapido il più grande "Te lo sei sempre fatto"
"Non me lo sono fatto" fece due o tre volte segno di no con la testa il piccolo.
"Ma se mi hai detto che avete scopato" osservò Michelangelo con tono ovvio.
"Non è stato scopare, non lo chiamerei così" sorrise Riccardo, anche se senza volerlo.
"Avete fatto l'amore?" domandò Michelangelo con tono provocatorio.
"Ble no" fece rapido il piccolo "Abbiamo fatto..diciamo sesso" finì scrollando le spalle.
"Suppongo buon sesso dato quel sorriso" disse il più grande schiacciando l'occhio.
Riccardo si ritrovò a spalancare la bocca, senza parole da dire, eppure riuscì comunque a far scomparire quel sorriso.
"Quale sorriso?" domandò poi inclinando leggermente la testa in un lato.
"Quello che hai di nuovo" scoppiò a ridere Michelangelo e Riccardo, preso alla sprovvista, si accertò che avesse ragione toccandosi le labbra.
Si trovò a sbuffare per poi lasciarsi andare verso dietro, sdraiandosi sul letto di schiena e lasciando penzolare la testa fuori dal letto.
"Quindi era buon sesso o no?" domandò Michelangelo sdraiandosi di fianco a lui e reggendosi la testa con le mani sotto al mento.
"Michi basta" scoppiò a ridere il piccolo.
"Smettila di essere così invadente" rise ancora.
"No" sputò sincero il più grande.
"Okay" sospirò il più piccolo "Tanto non ti fermeresti fin quando non ottieni ciò che vuoi ottenere quindi" proseguì alzando le sopracciglia "mi fa male il culo" finì sincero.
"Il massimo del romanticismo Richi" rise Michelangelo spalancando gli occhi "Alla faccia del 'non era scopare, abbiamo fatto sesso' eh" disse imitando in quel tratto la sua voce.
"Mi fa male il fondoschiena" si corresse il piccolo usando una strana voce, per prenderlo in giro "Va bene così?" disse poi ridendo.
"Si" rispose dopo una risata Michelangelo "Va meglio" biascicò.
"Michi ma tipo tanto" disse ancora Riccardo tornando a seduto "È normale?"
"Non lo so, non l'ho mai fatto" scrollò le spalle Michelangelo mentre si coricava meglio, mettendo le mani sotto la testa.
"Ma davvero?" lo prese in giro Riccardo "Ma non me lo aspettavo guarda, pensavo scopassi abitualmente con tipi, di nascosto" proseguì.
"Ma sta zitto" disse rapido Michelangelo dandogli un colpo dello stesso cuscino.
Riccardo questa volta parò il colpo e si gettò su di lui iniziando a fargli il solletico.
Michelangelo si contorse sotto quelle tortura ridendo fino ad avere mal di pancia e, quando riuscì, approfittò di un suo momento di distrazione per capovolgere la situazione.
Iniziò a fargli il solletico bloccandogli le gambe con il suo corpo e il piccolo dovette pregarlo per farlo fermare.
Inutile dire che quel farsi il solletico si trasformò poi in una finta rissa che, come tutte le altre, si concluse senza la vittoria di nessuno tra i due.
"Sei una merda" sbuffò mentre si metteva in piedi.
"Lo so" rise Michelangelo alzandosi di conseguenza "Ora vado a casa" proseguì mentre si sistemava la maglietta stropicciata dal poco garbo dell'amico.
"No" disse rapido Riccardo "Scendo giù a risolvere con mamma e poi vieni e ceni con noi?" domandò con sguardo supplichevole.
"Richi non vorrei essere di troppo" biascicò Michelangelo.
"Non lo sei, sei di famiglia e lo sai" disse il piccolo avvicinandosi alla porta.
"Dai Michi" proseguì avvicinandosi a lui "Non riesco a sopportare le domande e gli sguardi, voglio che tu sia con me" finì fermandosi accanto a lui.
"Okay" sospirò il produttore.

"Richi" lo richiamò ancora prima che lui aprisse la porta.
"Si?" domandò il piccolo con un sorriso.
"Perché piangevi?" chiese rapido.
"Panico" fu vago il ricciolino facendo per aprire la porta.
"Richi" lo richiamò ancora Michelangelo facendo alzare al piccolo gli occhi al cielo.
"Si?" domandò ancora.
"Per questo fatto?" chiese ancora "Te ne penti?"
"No" disse rapido il piccolo chiudendo ancora la porta per paura che qualcuno potesse sentire quella conversazione "È questo il punto" finì per poi uscire dalla stanza lasciando Michelangelo confuso e pieno di domande.

*spazio autore*
Oggi è stata una giornata pienissima e purtroppo non ho potuto aggiornare prima di ora.
Volevo scrivere un capitolo più lungo ma sono stanchissima.
Domani giuro che recupero e mi faccio perdonare.
buona lettura e buona notte.
vi amo tanto tanto.

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