capitolo centotre: fa come fossi a casa tua.

871 47 24
                                    

"Dovete chiarire e basta" disse Michelangelo di colpo, fermo tra i due, con sguardo severo.
Aveva le mani sui fianchi mentre i due ragazzi se ne stavano a testa bassa, attentissimi a non guardarsi in faccia neanche per un secondo.
"Non puoi costringerci" biascicò il piccolo sempre a testa bassa.
Sentì lo sguardo di Alessandro se di lui solo per un secondo e per questo motivo non lo alzò.
"Posso" disse ancora Michelangelo guardando male entrambi "Ma non per voi" proseguì.
"Non per noi?" domandò Alessandro guardandolo di colpo.
"No, quelli sono cazzi vostri ormai, sono stanco" sputò fuori sincero.
Li aveva sentiti lamentarsi per giorni interi, gli aveva consigliato più e più volte di parlare, di chiarire.
Diceva a Riccardo da un lato "buttati, buttati prima di perdere Alessandro" e poi diceva ad Alessandro "dagli tempo, dagli solo tempo".
E com'era finita alla fine? Si erano visti ad una festa dopo giorni di silenzio, entrambi ubriachi, entrambi sfiniti, spaventati, risentiti.
Avevano litigato tanto da finire quasi alle botte e a prenderci un pugno alle fine era stato Michelangelo, salvandoli però da una rissa bella tosta.
Da allora silenzio, silenzio tutto quanto il tempo.
"E allora che vuoi?" chiese Riccardo stanco di stare lì senza alzare lo sguardo.
Voleva fuggire quanto prima da Alessandro e tornare a fare le sue cose, qualsisia cose fossero, anche se in realtà non aveva piani.
"Me lo dovete" disse Michelangelo incrociando le braccia e guardando entrambi ed entrambi lo guardarono.
"Te lo dobbiamo?" domandò Alessandro togliendo le parole di bocca a Riccardo.
Per un secondo furono costretti a guardarsi, ma durò pochissimo, incapaci a sostenerlo quello sguardo.
"Si, me lo dovete" sbuffò Michelangelo "mi sono spaccato il culo a finire brividi e"
"E basta con sta brividi" disse Riccardo allontanandosi, intenzionato ad andarsene.
"Riccardo se esci da quella porta non mi devi parlare più" disse di colpo l'altro ragazzo, con un tono di voce così duro che il più piccolo si ritrovò a fermarsi già alla prima parola.
Si voltò alla fine della frase per capire se fosse serio o meno e il petto gli si strinse quando notò che non scherzava affatto.
Avrebbe voluto guardare Alessandro per cercare in lui conforto e lo avrebbe fatto se non si fossero stupidamente sputati addosso tutta quella merda qualche settimana prima.
"È fine Ottobre" riprese a parlare il ragazzo guadagnandosi nuovamente l'attenzione di entrambi "Vi manca lo special e la chiudiamo, esce a dicembre e poi fate il cazzo che vi pare"
"Significa parlarci" disse di colpo Alessandro stanco di quella situazione.
Ma capiva Michelangelo, lo capiva benissimo.
Aveva lavorato su quel pezzo così tanto da aver tutto quanto il diritto di chiedere loro di finirlo.
Non aveva mica chiesto che finissero a letto assieme per poi sputarsi tutta quella merda addosso.
Era stata solo colpa loro se erano finiti in quella situazione, se avevano buttato tutto quel lavoro nel cesso.
Nessuno dei due aveva pensato a Michelangelo e al lavoro che aveva fatto su quella canzone.
"Avete due anni per caso?" domandò Michelangelo a voce forse troppo alta.
Si schiarì la voce subito dopo, tornando tranquillo dopo un respiro profondo e scusandosi con lo sguardo, appena percettibilmente.
"Avete due anni?" ripetè a voce bassa "dovete solo scrivere qualcosa, confrontarvi, registrarla e finire sto casino" sospirò.
"Va bene" balbettò Riccardo seppur controvoglia.
"Va bene?" chiese Alessandro guardandolo.
"Si, va bene" disse il ragazzo con un'espressione piatta in volto.
"Okay, allora Ale va a stare da Richi per un po' e vedete di scrivere" disse il produttore guardando nuovamente entrambi.
"Aspetta cosa?" urlò quasi Alessandro mentre si sedeva sullo sgabello del pianoforte.
"No" urlò anche Riccardo, iniziando a camminare avanti e indietro.
"Possiamo anche finirla a casa" proseguì Alessandro cercando conferma nello sguardo del più piccolo, che lo assecondò con un "si" energico con la testa.
"Vedete come siete?" rise Michelangelo guardandoli "tanto a dire di non sopportarvi e poi cercare conferma uno negli occhi dell'altro per dar contro a me" scoppiò a ridere.
Entrambi lo guardarono senza dire nulla.
"Non hai risposto a quello che abbiamo detto" disse piano Alessandro trovando strano parlare di nuovo di lui e Riccardo al plurale, dopo tutto quel tempo.
"Perché non c'è nulla da dire" scrollò le spalle Michelangelo "stare a casa assieme significa finire prima, avere fretta" sussurrò convinto.
"E perché non stare da me?" propose Alessandro.
"No" sbuffò Riccardo guardandolo male.
"Perché a casa tua non finisce mai bene" disse il produttore con tono ovvio.
"Non finirebbe in quel modo questa volta" si affrettò a rispondere il più piccolo, quasi come per convincersene.
"E come finirebbe?" chiese Michelangelo guardandolo "A botte?" domandò ricevendo silenzio da entrambi.
"Allora da te" propose ancora Alessandro.
Stare nella stessa casa di Riccardo lo spaventava parecchio, ma starci con Michelangelo in mezzo era meglio, era assai più sopportabile.
"No, non vi voglio vedere" sbuffò Michelangelo sincero.
Era stanco di loro, voleva solo averli lontani il più possibile per un po'.
"E perché da me?" domandò Riccardo trattando a stento le lacrime.
Non voleva in alcun modo fare ciò che l'amico gli stava dicendo, non voleva Alessandro in casa sua.
Sarebbe significato vederselo scorrazzare per casa, abituarsi a vederlo nel suo bagno, nella sua camera, seduto a tavola.
Sarebbe significato dire "quello è il posto di Alessandro" indicando il tavolo, pensarlo sul divano alla sera quando non ci sarebbe stato più.
Avrebbe conosciuto i suoi genitori, fatto chiacchiere giornaliere con loro, farlo affezionare.
Per quale ragione doveva entrare in casa sua e diventare presenza abitudinaria sé poi sarebbe andato via per sempre?
Non lo voleva in casa sua in alcun modo e per nessuna ragione al mondo, complicava il suo piano di dimenticarlo.
"Perché almeno c'è tua mamma e dovete fingervi amici" disse Michelangelo ancora più convinto.
"Amici?" domandò Alessandro scoppiando a ridere ma, sentendo lo sguardo torvo di entrambi addosso, si ritrovò ad alzare le mani in segno di resa mentre si scusava con lo sguardo.
"Okay" borbottò poi guardandoli "non dico più nulla"
"Non dite più nulla" lo corresse Michelangelo "e va a preparare le valigie" proseguì guardando il moro.
"Ma quindi siamo seri?" domandò Alessandro spalancando gli occhi.
"Io sono sempre serio" rispose Michelangelo gonfiando il petto per l'orgoglio.
Aveva strutturato davvero il piano perfetto e si sentiva molto fiero di sé stesso al momento.

"Salve signora" parlò Alessandro con voce sottile.
Era rimasto in piedi davanti alla porta a lungo prima di decidersi a suonare, con le mani che gli tremavano per l'ansia e la più ceca convinzione che quella fosse la decisione più sbagliata.
Perché mai aveva detto di sì a quella follia?
Perché mai si era presentato in quella casa quel pomeriggio?
Poteva scomparire per un po' piuttosto, prendere il primo aereo e non farsi vedere più.
Di certo prima o poi Michelangelo lo avrebbe perdonato, avrebbe fatto di tutto per far sì che succedesse e invece adesso si trovava lì, in piedi sull'uscio di fronte a Carlotta.
Era così bella, così tanto.
Somigliava a Riccardo ma aveva i tratti del volto più dolci, simili a quelli del figlio quando dormiva.
Sembrava un angelo quella donna sulla porta, con quel gran sorriso bellissimo e la pelle chiara.
"Alessandro" sorrise la donna felice di conoscere il tanto nominato Alessandro.
Vederselo di fronte dopo averlo immaginato tanto era destabilizzante quanto bello.
Aveva qualcosa di meraviglioso negli occhi quel ragazzo dalla pelle scura e dal sorriso perfetto.
Aveva qualcosa di tanto simile a suo figlio bello sguardo, tanto che gli sembrò di conoscerlo giá per un secondo, in quel primo sguardo.
"Signora" ripetè lui porgendole la mano "È un piacere" biascicò poi guardandola meglio.
"Entra su" disse lei dopo avergli stretto la mano "E non chiamarmi signora, sono Carlotta"
"Va bene" rispose lui mentre si faceva strada dentro, trascinando il borsoncino stanco di portarselo dietro "Carlotta" proseguì a fatica.
Gli veniva sempre così difficile dar del tu a gente che neppure conosceva.
"Riccardo" urlò la donna affacciandosi dalle scale "É arrivato il tuo amico" proseguì per poi sorridere al moro che, in totale imbarazzo, si limitò a far spallucce e a sorridere per finta.
"Si mamma" urlò lui dopo un po', chiaramente lontano, probabilmente chiuso nella sua stanza.
Alessandro per combattere il panico iniziò a guardarsi attorno, perdendosi nei mobili, guardando bene ogni dettaglio e sorridendo alla vista di foto di famiglia.
In silenzio si avvicinò mentre Carlotta urlava chissà cosa al figlio per invitarlo a scendere.
"Carlotta stai tranquilla" disse lui dopo aver posato una foto di famiglia nella quale riconosce subito Riccardo.
"Non vale la pena che scende" proseguì nascondendo la delusione.
Era vero si, che non si aspettava chissà quale accoglienza ma era anche vero che quel trattamento non se lo meritava proprio.
"No, ti accompagnerà lui in stanza, fa quello che vuoi e ci vediamo a pranzo, così conosci anche mio marito" sorrise Carlotta.
Alessandro non ebbe neppure il tempo per rispondere che Riccardo, scendendo a passi pesanti, raggiunse il soggiorno.
"Eccomi mamma" borbottò.
Alessandro si voltò a guardarlo. Era a piedi scalzi, stanco il volto e a petto nudo, mentre tra le mani teneva un joystick.
"Giocavo alla play" proseguì mostrandolo "Ciao" disse poi distrattamente ad Alessandro.
"Ciao" rispose lui alzando una mano.
"Portalo in stanza, mostrargli tutto" disse ancora la donna.
"Non puoi farlo tu?" domandò Riccardo dopo uno sbuffo, quando si voltò a guardare Alessandro lo vide fulminarlo con lo sguardo.
Era come per dire 'non farti scoprire da lei'.
"Scherzo" biascicò subito dopo forzando un sorriso, per poi guardare Alessandro come per dirgli 'sei contento ora?'.
"Andiamo" proseguì indicandogli le scale con un cenno.
"Da qua" disse poi a metà scale cercando di prendere il borsone dalle mani del moro.
"Non vale la pena" sbuffò Alessandro.
"Da qua ho detto" ripetè il piccolo prendendogli il borsone dalle mani per poi superarlo.
Alessandro lo seguì in silenzio.
"Questa è tua" disse poi aprendo la porta della sua stanza con un piede.
Lasciò il borsone sul letto per poi uscire, mentre Alessandro stava fermo sull'uscio.
"La c'è la mia, in mezzo il bagno" disse ancora il piccolo indicando le porte.
"Okay" sussurrò Alessandro per poi entrare in stanza.
"Dividiamo il bagno comunque" disse Riccardo senza chissà quale motivo.
"Okay" rispose il più grande dopo un sospiro.
Voleva chiudersi in stanza quanto prima.
"Ah e Alessandro" disse però Riccardo prima che il moro chiudesse la porta.
"Si?" domandò lui affacciandosi dalla porta.
"Fa come fossi a casa tua" sorrise appena il piccolo.
"Grazie" sussurrò Alessandro.
"Nulla" borbottò il ricciolino "Il minimo dopo quello che hai fatto per me" finì per poi scomparire nella sua stanza.
Alessandro si chiuse la porta alle spalle con un sorriso.

*spazio autore*
ECCOMI, devo dirvi che sto per partire con i parenti, per qualche giorno.
quindi non pubblicherò ogni giorno ma cercherò di aggiornare spesso.
vi voglio molto bene <3

•come lo Yin e lo Yang•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora