capitolo ottantasette: i tramonti sulle guance.

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"Sto pensando ad una cosa" esclamò Riccardo con voce trascinata mentre, sdraiato a godersi il sole, giocherellava con delle pietre in una mano.
"Oh oh" disse Alessandro guardandolo per un solo secondo con la coda dell'occhio mentre seduto gli dava quasi le spalle mentre fumava la sua sigaretta.
"Cosa?" domandò Gugu, che gli stava sdraiato accanto.
Erano tutti vicini, quasi disposti a raggiera, sdraiati sulla sabbia, stanchissimi e beati sotto al sole.
Avevano fatto un bagno lunghissimo prima,
si erano rincorsi, avevano giocato a palla, fatto gare di nuoto, apnea e persino di pugilato ed era finita che erano rimasti in acqua per quasi due ore.
E, proprio come i bambini, sotto i richiami di Anna e Francesca erano usciti dall'acqua solo per far merenda quando avevano ormai le dita delle mani simili ad una prugna raggrinzita.
"Guarda" aveva detto Alessandro una volta davanti alla madre, mostrandogli la mano.
"Sei stato troppo in acqua" aveva riposto lei, come suo solito e il ragazzo, con le goccioline che gli scendevano lungo il nero e sugli zigomi, si era sentito di colpo bambino come un tempo.
Anche adesso, mentre tutti se ne stavano sdraiati attorno a lui, sentiva nel petto crescere la spensieratezza che aveva da bambino.
Non gli capitava di vivere quella sensazione da quando aveva dodici o tredici anni circa, quando se ne stava sotto le barche all'ombra con gli amici, dopo un bagno durato un secolo e una merenda di mamma a base di pane e nutella e albicocche fresche.
"Martino" riprese a parlare Riccardo distogliendolo dai suoi pensieri tanto rapidamente che Alessandro sentì di cadere nuovamente al suolo, da chissà quale nuvola.
Si affrettò a guardarlo male, ricevendo delle spallucce dal piccolo che stava sorridendo.
"Che c'entra Martino adesso scusa?" domandò il più grande con voce impastata.
"Come il pandino" proseguì Riccardo facendo ridere tutti quanti.
Alessandro si stese sulla sua asciugamano, fino ad arrivare vicino alla spalla di Riccardo per lasciargli un bacio leggero, tanto timido e nascosto da non essere notato da nessuno dei presenti.
Fu un gesto automatico, non pensato, piacevolissimo.
Alessandro aveva accolto quella sensazione senza frenarsi e aveva tramutato quel bisogno in desiderio, assecondandolo.
Vide la pelle di Riccardo farsi ruvida, piena di brividi e, come al solito, apprezzò particolarmente sapere che gli dava quelle sensazioni.
"Ho picchiato" prese a parlare nuovamente il piccolo, forse un po' per combattere il panico e l'imbarazzo. Il più grande, prontamente, gli mise una mano sulla bocca per zittirlo.
"Mia mamma" biascicò a mo di rimprovero.
"Mia mamma" disse Gugu, come correggendolo, sporgendosi appena per guardarlo "È lei quella pericolosa quindi silenzio" finì tornando steso sul suo telo.
"Martino il pandino" urlò Gabriele che era rimasto fermo alla precedente affermazione.
"Chi è Martino?" domandò Anna smettendo di prestare attenzione al suo libro.
"Il pandino" disse rapido Riccardo, facendo ridere tutti attorno a lui.
Alessandro si affrettò a lanciar a tutti un'occhiataccia ma entro poco venne difficile persino a lui trattenere le risate.
"Si" disse lei con un sorriso consapevole sul volto "Facciamo che torno a leggere e voi tornate alle vostre cose" disse poi rassegnata mentre faceva segno di no con la testa, per mostrare a tutti quanti fosse contrariata.
"Ti amo mamma" urlò Alessandro per poi mandarle un bacio che lei prontamente prese, per poi posarselo sulla guancia.
Gli era comune quel gesto, da sempre.
Alessandro le mandava sempre un bacio e Anna lo recuperava sempre nell'aria, posandoselo addosso come se fosse il suo più bel vestito.
Riccardo, seduto per riprendere fiato dalle risate precedenti, rimase ad osservare la scena con un gran sorriso sul volto.
Quando il più grande tornò a guardarlo lui lo accolse con un gran sorriso.

L'aria profumava di estate e salsedine nel silenzio del tramonto che si stava consumando.
Non un bisbiglio, né una chiacchiera, né un respiro più forte degli altri.
Tutti sembravano essere con il fiato sospeso di fronte al rosso di quel cielo che sembrava bruciare.
Gabriele e Andrea, un po' più avanti, vicini alla riva, accompagnavano quel silenzio contemplato con delle risate leggere.
Erano la pennellata dell'artista che mancava a quel quadro, Riccardo osservandoli lo pensò per tutto il tempo.
Sotto il rosso che, per quanto intenso, anche l'aria stessa aveva preso, quei due si rincorrevano sulla riva, calciando l'acqua in tanto in tanto per schizzarsi, baciandosi per consolarsi.
Gugu se ne stava di fianco ad Alessandro e Riccardo, steso sulle gambe del moro, perso in quel bellissimo tramonto.
Mentre Anna e Francesca se ne stavano seduto al solito posto, persi in chiacchiere piacevolissime mentre mangiavano l'anguria, anche loro felici di quel cielo rosso scuro.
Riccardo e Alessandro, al contrario di tutti, non stavano facendo nulla di che, almeno all'apparenza.
Si stavano in realtà parlando, anche se nessuno dei due in realtà stava pensando particolarmente a quali parole stessero usando o quale lingua stessero parlando.
Erano semplici parole universali, proprio come i brividi che quel tramonto avrebbe potuto provocare a chiunque.
Erano parole facili facili, sguardi trasparenti, non celati, non spaventati, né nascosti.
Chiunque, se soltanto si fossero fermati a guardarli per un solo secondo, avrebbero letto frasi simili ad un "ti amo" in quegli sguardi.
"Vi lascio" mormorò di colpo Gugu e, fingendo di aver fame, si mise in piedi e raggiunse la madre e la zia, dopo un cenno dei due.

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