capitolo ventidue: gli occhi che diceva mamma.

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Quando Alessandro tornò in casa Riccardo se ne stava ancora lì, appiccicato alla finestra con il volto e le mani.
"Via da lì" disse di colpo il più grande facendo saltare in aria Riccardo, perso talmente tanto nei suoi pensieri dal non averlo sentito.
Quando era rientrato?
"Che mi sporchi i vetri" finì sbuffando e Riccardo si voltò a guardarlo.
"Non sono problemi miei, mica è casa mia" disse il più piccolo con un sorriso di sfida mentre si dondolava sulle stampelle.
"No caro mio ma la pulisci se la sporchi" lo guardò male Alessandro.
"Mai" sorrise ancora il ricciolino.
"E a proposito di pulire" riprese a parlare il moro "vieni con me in camera che dobbiamo pulire, c'è un casino" ricordò di colpo.
"Sto male non posso" farfugliò il più piccolo mentre camminava verso il divano.
"Nonono ehi" si mise davanti a lui Alessandro per impedirgli di sedersi. "Stai male quando ti conviene?" alzò un sopracciglio.
"Hai sempre quello sguardo quando vuoi far sentire qualcuno inferiore o lo improvvisi?" rise il ragazzo facendo per camminare di nuovo, superandolo.
Ma Alessandro gli si piazzò davanti ancora, ostinato più che mai in quella sua impresa.
"È naturale" disse guardandolo.
Riccardo sentì le labbra bruciare al ricordo di ciò che era accaduto e fu costretto ad abbassare lo sguardo.
"Mi fai sedere?" bisbigliò appena.
"No" riprese a parlare il più grande "In camera veloce" battè le mani per poi indicare la strada con entrambe le braccia "Dobbiamo pulire" finì.
Il piccolo, dopo uno sbuffo rumoroso, si incamminò verso la stanza trovandosi senza altra scelta.

I due arrivarono in stanza e l'unica cosa alla quale riuscirono a pensare fu ciò che prima era accaduto.
Il letto era ancora sfatto, la camera ancora avvolta nel buio e i ricordi di quei baci ben impressi sulle loro labbra.
Come se tutto fosse rimasto fermo lì, come se la mamma di Alessandro non avesse mai interrotto nulla e le ore non fossero in realtà passate.
Alessandro sbuffò di colpo, senza trattenersi, maledicendosi mentalmente per aver fatto andare lì con lui Riccardo.
"Al massimo faccio il letto" fu il piccolo il primo a parlare e il moro gli sorrise grato.
"Okay ma le lenzuola le devi levare" disse riprendendo il controllo del suo corpo che, per qualche istante, era rimasto fermo all'ingresso senza possibilità di muoversi.
"Dai ti faccio così schifo?" scrollò le spalle il piccolo guardandolo offeso.
"No?" chiese quasi il più grande non capendo.
"Addirittura togliere le lenzuola sulle quali abbiamo dormito assieme" disse marcando bene la penultima parola "mi sembra eccessivo" finì mettendo su un finto broncio.
"È perché hai sudato Riccardo" osservò Alessandro "Su ogni cosa in questa stanza"
Il piccolo si ritrovò a ridere di colpo per poi, senza alcuna grazia, tirare via le lenzuola dal letto.
"Riccardo allarghi tutto così" si lamentò Alessandro andandogli incontro e prendendogli le coperte delle mani.
"Madonna" sbuffò il riccio restando immobile di fianco a lui, di colpo annoiato.
"Sei vecchio oltre che noioso" disse poi guardandolo male.
"Non mi trovavi vecchio prima" lo provocò Alessandro ricevendo uno sguardo torvo dall'altro.
"Avevamo detto.." prese a parlare Riccardo con il cuore in gola
"Che tutto sarebbe rimasto in questa stanza si, siamo in questa stanza" osservò guardandosi attorno "O no?" proseguì guardandolo.
Riccardo non ebbe la forza di sostenere quegli occhi scuri e profondi "O no Richi?" si sentì dire ancora.
Fu quello il momento in cui il piccolo alzò lo sguardo e si ritrovò a tremare incrociando lo sguardo dell'altro ragazzo.
"Questo ti autorizza a riprendere il discorso ogni volta che ci troviamo qui dentro?" lo guardò dall'alto in basso.
Anche Alessandro si sentì mancare la terra sotto ai piedi riguardando quegli occhi.
"Devi stare più attento alle parole che usi" rise appena dopo aver fatto cenno di sì con la testa di risposta a quella domanda, seppur consapevole fosse retorica.
"Lo terrò a mente" rispose Riccardo inumidendosi le labbra.
"Okay" rispose Alessandro facendo lo stesso.
"Mi stai per caso dicendo questo perché non vuoi più avermi in questa stanza?" rispose il riccio scuotendo un po' la testa, giusto per liberare la sua fronte dai ricci ribelli che la solleticavano.
"Tu vuoi stare fuori da questa stanza?" rispose il più grande spostandogli i capelli dalla fronte con un dito.
Poi, come fosse nulla, tornò a raccogliere quelle lenzuola.
Era bravo in ciò che faceva, questo Riccardo doveva concederglielo.
E non era per dargli la colpa o per altro, ma era tutta colpa sua se si sentiva così tanto in difficoltà avendolo di fronte.
"Domanda schiaccia domanda" biascicò mentre si sedeva sul materasso spoglio, di colpo troppo stanco per stare in piedi.
"Oh no" sussurrò il più grande mentre raccoglieva da terra anche le asciugamano sporche e quelle bagnate "Non dovevo insegnartelo questo truchetto" piagnucolò mentre raggiungeva il bagno.
"L'ho scoperto da me, tu non mi hai insegnato nulla" si difese il piccolo.
"Ricorda Riccardo" si voltò il più grande prima di entrare in bagno "Se scopri una cosa succede solo perché io te lo sto permettendo, non svelo mai parti di me che non voglio che siano svelate" esclamò schiacciando l'occhio per poi scomparire dentro la stanza, senza aspettare risposta da un Riccardo comunque senza parole.
Quando Alessandro entrò in bagno il sorriso gli morì sulle labbra alla vista dell'altro casino.
La vasca era ancora piena, i vestiti del più piccolo sul pavimento, e gli schizzi di acqua ancora per terra.
Gettò tutto nel porta biancheria per poi svuotare la vasca.
Che quella notte fosse stata complicata lo urlava ogni cosa, ogni stanza, ogni ricordo.
Appuntò nella mente che avrebbe dovuto far misurare la temperatura a Riccardo ancora e ancora, per il resto della giornata.
Era giusto per non finire a passare un'altra notte ai piedi di una vasca con le mani che gli sudavano freddo per l'agitazione.

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