capitolo settantanove: il lato peggiore di me.

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L'aria fredda della sera li colpi in pieno volto quando uscirono dal locale, seguito a ruota da Ylenia.
"Riuscite ad andare a casa senza che nessuno vi stia attento o no?" urlò la ragazza guardando entrambi.
Erano sporchi di sangue, seppur non si capisse bene a chi apparteneva.
"Che vuoi Ylenia? Mh?" parlò Alessandro andandole incontro.
L'effetto dell'alcol era ormai passato ma c'era qualcosa di ben più grande a tenerlo così agitato e poco lucido: lui era arrabbiatissimo.
Gli tremavano le mani per la rabbia, e non riusciva a stare fermo sul posto, e il bisogno di urlare contro qualcuno e di prendere a pugni qualcosa cresceva in lui sempre di più.
Era arrabbiato con quella testa di cazzo della discoteca ed era arrabbiato con sé stesso.
Perché sicuramente le parole da dire per difendere Riccardo sarebbero dovute essere molte di più, e di pugni avrebbe dovuto dargliene qualcuno in più ma prima, di certo prima che quel ragazzo facesse male a Riccardo.
Ma più di tutti era arrabbiato con quel ragazzetto che aveva di fronte, che con il volto sporco di sangue e il labbro gonfio e spaccato se ne stava tranquillo, li, in piedi ad aspettarlo, come se la colpa di tutto non fosse sua.
Mettere su un'inutile lite riguardo gelosie a detta sua inesistenti per poi palesarle tutto dopo, anche in maniera piuttosto palese.
Dire che non era nulla e poi discutere con uno a caso riguardo chi fosse "la fidanzatina" tra i due.
Se Riccardo avesse avute le palle di dirgliele prima in faccia tutte quelle cose di certo adesso non sarebbero arrivati a quel punto, sicuramente non sarebbe nata nessuna lite e adesso non avrebbe di fronte il suo volto ferito.
Ed era arrabbiato con Ylenia, forse più con lei che con chiunque altro.
Era arrabbiato con lei perché aveva avuto ragione, sin dal primo istante.
Aveva avuto ragione su ogni cosa.
Perché lui adesso era fottutto, completamente.
Perché se adesso le mani gli tremavano ancora così forte era a causa di quel ragazzo dal quale lei gli aveva cortesemente chiesto di stare lontano.
"Ti farà male" aveva detto ed era vero.
Riccardo gli era dolore al petto più di tutti, dal primo momento.
"Si sta solo preoccupando per te Ale" biascicò il più piccolo tirandolo a sé per la camicia "Andiamo a casa dai" proseguì facendolo finalmente voltare verso la strada.
"No, lascialo fare Riccardo" parlò Ylenia stanca di quella situazione "Lasciagli dire tutto quello che ha da dire" proseguì allargando le braccia.
Entrambi si voltarono nuovamente a guardarla.
Alessandro con il pretendente sguardo accesso dalla rabbia e Riccardo a testa bassa, mentre in tutti i modi cercava di nascondere e tenere per sé tutta la sua disapprovazione riguardo quell'ennesima discussione.
E Ylenia lo sapeva bene. Sapeva bene quanto inutile, immaturo, bambino e ridicolo fosse uscire quel discorso in quel momento.
Lo sapeva perché Alessandro arrabbiato com'era avrebbe solo complicato le cose, lo sapeva perché lei stessa, preoccupata com'era, avrebbe finito solo per urlargli contro.
La verità era che gli era preso un colpo dentro quella discoteca quando si era resa conto che Alessandro sarebbe presto finito in una rissa.
Perché lei gli voleva bene, più di ogni altra persona al mondo ed era arrabbiata con lui da morire.
Tutti presi da Riccardo in casa e dal fatto che finalmente quella sera avevano fatto sesso ma a lei nessuno c'avevo pensato.
Avrebbe potuto fare sesso con lui qualsiasi sera della sua vita ma non nella loro, non nella sera del loro anniversario di amicizia.
Tre anni prima, in quel giorno che lui aveva mancato qualche sera fa, loro si erano conosciuti in un bar, in Sardegna.
E proprio ogni anno in quel bar ci tornavano, da soli, fingendo di incontrarsi da capo.
Ripetevano la stessa discussione, bevevano una birra e tra vecchi ricordi e sorrisi tornavano a casa a vedere un film, proprio come quella prima sera.
Si perché c'era stata un'intesa così grande tra di loro in quel primo giorno che erano finiti per vedere un film assieme alla sera, finendo addormentati sul divano con l'intimità che possono avere due amici che si conoscono da sempre.
E quella sera, un paio di sere fa, ad aspettarlo in quel baretto, con la solita birra in mano, Ylenia c'era stata fino alle due di notte.
Senza avere avvisi, senza ricevere risposte ai messaggi.
Nessuno si era per caso chiesto come ci fosse stata lei in quella situazione?
Quando Alessandro era spuntato in casa il giorno seguente con Riccardo il cuore le si era rotto in mille pezzi.
Neppure un accenno di scuse, né nulla del genere, solo evitarsi e far finta di nulla.
"Anzi no" disse dopo poco scendendo appena qualche scalino di ferro per avvicinarsi al moro "Dico io ciò che devo dire" riprese a parlare.
"Non adesso" sbuffò Alessandro.
"Si" urlò la ragazza "Adesso" proseguì guardandolo "Perché mi sono rotta di stare ad aspettare che vada bene a te parlare"
Vide il ragazzo far un cenno mentre Riccardo, sentendosi di troppo, fece un paio di passi indietro per poi poggiarsi su di un muro, in disparte.
"Sono stata ad aspettarti tre ore" riprese a parlare Ylenia e gli occhi le si riempirono di lacrime senza volerlo.
"E mi ripetevo che saresti arrivato, anche mentre non rispondevi al telefono, che una cosa del genere non me la potevi fare, che saresti spuntato con una sorpresa e che stavi tardando per quello" urlò la piccola gettando fuori tutto quanto l'odio e tutta la delusione che gli aveva tenuto nascosta.
"Ad un certo punto mi sono anche preoccupata perché credevo che ti fosse successo qualcosa perché nessuno sapeva dove cazzo fossi Alessandro" urlò ancora "Ho guardato tutti i voli per capire se c'erano ritardi, se eri rimasto bloccato su un aereo, se avevi perso il volo o se per caso ci fosse stata una complicazione" disse avvicinandosi un po' a lui.
"Perché io tendo sempre a giustificarti" proseguì asciugandosi gli occhi con la maglia.
Piangere davanti a lui era la cosa che più odiava al mondo quando era lui la causa di quelle sue lacrime.
Eppure trattenersi le venne impossibile.
"E invece tu stavi a casa tua a scoparti a quello la" parlò ancora la ragazza indicando Riccardo.
Alessandro non si voltò neppure a guardarlo, certo di trovarlo imbarazzato e spaventato al pensiero che potesse pure essere arrabbiato.
"Tu hai saltato una cosa così importante per noi per fare sesso Alessandro, per fare sesso" disse ancora mentre cercava disperatamente di incrociare il suo sguardo.
Si abbassò persino con la testa, sperando di accompagnarlo nell'alzarla, sperando di ricevere almeno uno sguardo, anche uno soltanto.
Che fosse colmo di rabbia, di dolore, di paura o di risentimento poco le importava ma voleva uno sguardo.
Tutto quel menefreghismo non se lo meritava.
"Non hai nulla da dire?" domandò a quel punto sentendo la delusione aumentare dentro di lei.
"Si" parlò piano il moro, trascinando le parole.
La verità era che si sentiva una merda ma non aveva nulla da dire, nulla di cui pentirsi.
Ci stava male si, all'idea di farle male, all'idea di aver saltato quel loro rito al quale, in un momento come quello, vergognosamente neppure c'aveva pensato.
Ma la verità era che tornando indietro, ora come allora, senza pensarci su un secondo, avrebbe rifatto ogni cosa.
Era quel pensiero a fargli ancora più male.
Vedere di fronte a sé la persona più importante della sua vita piangere per lui gli faceva male al cuore ma lo avrebbe rifatto, avrebbe rifatto tutto.
Non riusciva a riconoscersi in quei pensieri, non riusciva a capacitarsi di come fosse stato in grado di fare una cosa del genere, e di come lo sarebbe stato ancora.
"Non ho saltato all'appuntamento solo per fare sesso" fece spallucce guardandola solo per un secondo.
"Davvero hai solo questo da dire?" domandò Ylenia lasciandosi andare sulle scale.
Si sedette proprio come se le sue gambe, dopo quella frase detta da Alessandro, fossero diventate di colpo molli, incapaci di reggere il suo peso sempre crescente di seguito a quelle delusioni.
"Io ti parlo della nostra amicizia e tu ti preoccupi di quello che siete tu e lui?" domandò guardando ancora Riccardo.
Lo vide dondolarsi sulle gambe, con le mani in tasca e la testa bassa.
"Avresti potuto dire mille cose e hai detto questo..va bene Alessandro, va bene" finì stanca.
"No" rispose Alessandro in un mugolio.
"No cosa?" urlò la piccola mettendosi nuovamente in piedi.
"No cosa Alessandro? Cazzo parla..smettila di parlare a monosillabi e metti in riga due cazzo di parole se hai le palle" urlò.
"Ci sto provando" urlò di conseguenza Alessandro e di colpo posò il suo sguardo su di lei.
Ylenia si ritrovò a sperare che lo abbassasse presto, mandando a puttane ogni pensiero precedentemente fatto.
Non voleva che Alessandro la guardasse in quel modo, avrebbe preferito la precedente indifferenza.
"Ci sto provando ma che cazzo tu non me lo lasci fare" urlò ancora, questa volta a voce più bassa "Hai finito di parlare? Posso parlare io?" proseguì guardandola.
Ylenia si limitò a far un cenno.
"So di aver sbagliato, perché credi che ti abbia evitata in questi giorni?" domandò guardandola.
"Solitamente chi sbaglia chiede scusa, non evita" fece spallucce lei.
"Si ma sai anche che io solitamente non faccio così quindi che cazzo di discussioni stiamo facendo adesso? eh?" urlò Alessandro.
Lo sguardo spaesato di Ylenia gli ricordò che doveva calmarsi e, dopo un sospiro lunghissimo, riprese a parlare calmando i toni.
"Se sai che non chiedo mai scusa, se sai che preferisco evitare quando faccio casini che vuoi?" domandò guardandola.
"Tu con me non hai mai fatto come con tutti gli altri" urlò ancora la ragazza "Tu mi hai sempre chiesto scusa, sempre" proseguì e gli occhi le si riempirono ancora di lacrime "Cos'è cambiato ora Alessandro? Eh? Dimmi cosa cazzo è cambiato?" finì con la voce rotta dal pianto "Ma che ti succede?" proseguì parlando tra sé e sé di seguito ad un singhiozzo.
Alessandro la sentì lo stesso e ciò fu intuibile dalla sua risposta "Succede che non l'ho mai fatta così grossa con te, quindi il mio atteggiamento è cambiato" disse piano "Non potevo chiederti scusa" proseguì.
"Se rifaresti lo stesso?" domandò Ylenia mettendosi nuovamente a sedere.
Si sentiva schiacciata, di colpo.
Come se ogni peso del mondo fosse di colpo caduto su di lei in quel momento.
"Cosa?" domandò Alessandro guardandola nuovamente, spaesato.
"Rifaresti tutto da capo Alessandro?" domandò lei abbassando la testa alla ricerca della sua.
"Che domande fai? Che cazzo di domande sono Ylenia?" urlò il ragazzo guardandola ancora.
Quando incontrò i suoi occhi si sentì come intrappolato.
Non poteva mentirle, non doveva mentirle ma doveva farlo.
Lei non avrebbe potuto capire.
Riccardo, notando l'evidente difficoltà di Alessandro tornò nuovamente verso di loro.
Si sentiva fuori luogo si, ma non così tanto.
Era palese fosse il centro di quella discussione, tanto da sentirsi in colpa.
"Domande che mi fai venire in mente" disse lei "Voglio una riposta" proseguì.
Vide il moro fare spallucce, mentre teneva bassa la testa e sussurrava chissà cosa.
"Lo rifaresti tornando indietro?" domandò ancora.
"Non lo so" farfugliò lui "Non lo so okay? Mi lasci stare adesso? Posso andare a casa?" piagnucolò quasi trascinando poi un "ti prego" tra le labbra.
Sentì la mano di Riccardo sfiorargli le spalle e capì immediatamente di non essere più così arrabbiato con lui.
La colpa non era di Riccardo ma sua, e la verità era che non gli importava.
Era pienamente a conoscenza di ciò che aveva sbagliato ma gli andava bene così.
Non era arrabbiato neppure più con sé stesso.
"Si o no Alessandro?" proseguì la ragazza stanca.
Alessandro, al limite della sopportazione decise che non fosse più il caso di mentirle, non ulteriormente così, senza pensarci troppo, fece un cenno.
"Si Alessandro?" domandò ancora la piccola.
"Si" disse lui alzando lo sguardo.
Le lacrime nel volto di lei erano ormai sparite mentre nel suo, da lì a poco, sarebbero spuntate.
"Si" ripetè ricevendo un cenno dalla ragazza.
"Ora puoi andare a casa" disse lei indicando il sentiero.
"Okay ma poi parliamo?" domandò lui facendo qualche passo verso di lei.
Ylenia lo fermò con un segno della mano "Hai già detto tutto" lo guardò.
"Non ho detto tutto, non ho detto nulla" riprese a parlare Alessandro e stava giusto per far un sospiro e riprendere a parlare ma la ragazza dai capelli rossi lo bloccò.
"Vuoi parlare? Okay" disse infatti con tono fermo "Ma adesso te ne vuoi andare a casa perfavore?" lo guardò male.
"Ylenia io penso che.." provò a parlare Riccardo trascinando le parole.
"No Riccardo, con tutto il rispetto ma tu non devi pensare nulla perché non sai nulla" disse la ragazza mentre tornava in piedi.
Vide Riccardo limitarsi a fare un cenno.
"Andiamo Ale" proseguì poi il piccolo non sapendo più cosa dire.
"Notte" alzò appena la testa mentre trascinava via con sé il ragazzo.
"Notte" rispose Ylenia freddamente "e datevi una pulita prima che Anna vi veda così" disse ancora per poi tornare dentro.

*spazio autore*
siccome non dormo me ne esco con un nuovo capitolo improvviso.

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