capitolo centocinque: mensole e fotografie.

1.1K 47 13
                                    

Di rigirarsi nel letto per l'ennesima volta non ne aveva voglia Alessandro, non quella sera.
Stanco di cercare riposo in un letto che non gliene avrebbe dato non era il modo giusto in cui voleva passare quella prima notte a casa di Riccardo.
L'insonnia sarebbe rimasta, i pensieri anche, tanto valeva sfruttarla quella notte piuttosto che stare in attesa di un sonno che non sarebbe arrivato.
Dopo aver sbuffato forte si mise in piedi, si infilò la prima felpa che aveva, mise dentro la tasca una canna, prese il suo blocchetto e dopo aver alzato il cappuccio uscì dalla stanza.
Nel farlo si sporse per un secondo dal bagno, per capire se ci fosse Riccardo dentro, ma non rimase deluso nel notare che era l'unico a non riuscire a dormire dopo quel loro chiarimento.
Scese le scale rapidamente e raggiunse il giardino esterno, felice di fumare nella sua tranquillità, in sola compagnia della luna.
Sedette su una sedia in legno, sistemando i piedi su un'altra e dopo aver accesso la sua canna iniziò a rigirarsi la penna tra le mani.
Voleva scrivere ma cosa?
Come avrebbe potuto descrivere ciò che sentiva dentro?
Era felice? Ovvio che si, tornare a parlare con Riccardo per lui valeva un sacco.
Era anche triste? Naturalmente, tornare in buoni rapporti ma essere solo amici non era un granché.
Si sentiva stupido? Sopratutto.
Cosa mai si aspettava? Un chiarimento con tanto di bacio e coming out da parte di Riccardo?
Camminare mano nella mano con lui per strada non restava che un sogno impossibile da realizzare.
Ma gli bastava averlo accanto. Gli bastava parlarci a volte, non odiarlo così forte come lo aveva odiato, amarlo da lontano gli bastava, gli era sempre bastato.
Si sentiva fortunato infondo, le sue piccole gioie in quel legame le aveva avuto eccome.
Erano stati tanto, così tanto da essere tutto.
Avevano vissuto bene bene l'amore loro, prima a casa sua a Milano, poi in Sardegna.
Avevano passeggiato vicini, si erano comportati come una coppia, si erano curati a vicenda le ferite.
Avrebbe costudito quel ricordo ogni volta che gli sarebbe mancato quel contatto in più, lo avrebbe risentito vicino nei ricordi e si sarebbe poi trovato bene in due chiacchiere distrarre con lui.
Andava bene così, gli bastava quello.
Tra un pensiero e l'altro la canna divenne meno di metà e il bisogno di fermare il tempo per non finirla più aumentò.
Ogni tiro lo rendeva un po' più calmo e ragionevole, ogni tiro gli dava un po' di rassegnazione.

Lo vedi, sono qui, su una bici di diamanti uno fra tanti.

Guardò il foglio e rilesse la frase due o tre volte.
Aveva espresso a pieno il suo attuale stato, le sue attuali emozioni.
Aveva sognato di volare con lui su quella bici di diamanti, mesi prima e adesso, su quella stessa bici, si accontentava di guardarlo da lontano, tra i tanti.
Se gli dava fastidio essere uno tra tanti? Tantissimo, naturalmente.
Ma gli bastava veder da lontano il brillare di quel ragazzo, gli bastava ammirarlo così com'era.
Aveva sempre saputo che era così che doveva andare, dal primo giorno in cui lo aveva visto.
Riccardo lo aveva illuso si, era l'unica cosa che non gli perdonava, tutto ciò che avrebbe voluto rimproverargli se ne avesse avuto la forza e il coraggio.
Ma gli aveva anche regalato un sogno da tornare a rivivere sempre, e per questo gli era grato.

"Manca la piscina" disse qualcuno alla sue spalle, facendolo sussultare per un istante.
"Perché mi spunti sempre alle spalle?" sbuffò guardando Riccardo per un secondo, per poi tornare a guardare davanti a lui, dopo le spallucce che ricevette di risposta dal piccolo.
"Abitudine" disse dopo poco Riccardo, sistemando poi una sedia accanto a quella di Alessandro.
"Condividi?" domandò guardando la canna.
"Te lo hanno mai detto che i tiri non si chiedono?" domandò Alessandro guardandolo male.
"Ah no?" chiese Riccardo con un sorriso colpevole sul volto.
"No, dovrebbero offritele gli altri di loro spontanea volontà" chiarì il moro.
"Allora aspetto che me la offri" disse Riccardo sistemando il cappuccio della sua felpa sulla testa e incrociando le braccia al petto.
I minuti successivi passarono in silenzio, interrotto soltanto dai continui sospiri di Riccardo.
Alessandro, dopo uno sbuffo, senza neanche guardarlo gliela passò.
"Grazie" disse tutto contento Riccardo per poi fare un paio di tiri.
"La rivuoi?" domandò dopo un po'.
"Finiscitela" disse Alessandro facendo segno con la mano come per allontanarlo, proprio come fosse un moscerino da scacciare via.
Riccardo sorrise grato, per poi far gli ultimi tiri.
"Stavi scrivendo?" domandò dopo poco, cercando di sbirciare nel quaderno ma Alessandro prontamente mise la mano sul foglio.
"Che copri?" domandò il piccolo con un gran sorriso beffardo "Sai che lo vedrò comunque prima o poi"
"Chi ti dice che stia scrivendo per brividi?" domandò Alessandro alzando un sopracciglio.
Finalmente lo guardò, seppur dall'alto in basso, come senza voglia di guardarlo davvero.
"Sei in casa mia" sorrise Riccardo sistemandosi nuovamente sulla sedia "e ci sei per finire brividi"
"A casa mia non ti dicevo cosa fare" osservò Alessandro guardandolo ancora.
"A casa mia invece io ti dico cosa fare" disse il più piccolo forzando un sorriso.
"Ho scritto anche io qualcosa" riprese a parlare non udendo alcuna risposta da Alessandro.
"Ah si?" rispose il moro iniziando a scarabocchiare sul suo quaderno.
Avrebbe voluto chiedergli cosa avesse scritto, la curiosità lo stava divorando dentro proprio come poco prima aveva fatto quella di Riccardo, portandolo a sporgersi sulla sedia per leggere cosa avesse scritto lui.
Ma non poteva in alcun modo chiederlo, non dopo la sceneggiata fatta.
"Non mi chiedi cosa?" domandò Riccardo guardandolo.
"No" sbuffò il più grande "Mi risponderesti come ho fatto io e ti darei anche ragione" diede voce ai suoi pensieri.
"Ma vorresti chiedermelo?" domandò il ricciolino tutto sorridente.
"Proprio come tu avresti voluto leggere" disse con tono ovvio Alessandro, per poi tornare sul suo quaderno.
"Io te lo dico comunque" rispose Riccardo uscendo fuori il telefono dalla tasca della sua felpa "non sono te" biascicò fiero.
Avrebbe voluto giocare il suo stesso gioco, fargli sudare quella frase che aveva scritto ancora un po', lasciare che la curiosità lo divorasse dentro proprio come stava facendo con lui. Ma la verità era che sapere cosa Alessandro ne pensasse, nonostante tutto, era assai importante.
"E dimmela allora" disse il più grande voltandosi a guardarlo, mettendo una mano sotto al mento per reggersi.
Riccardo sentì di nuovo quella pressione che aveva sempre sentito sotto lo sguardo di Alessandro ma non poté dire che quella sensazione gli era mancata.
"Questo veleno che ci sputiamo ogni giorno io non lo voglio più addosso" lèsse rapidamente, tanto da far socchiudere gli occhi ad Alessandro per la confusione.
"Cosa?" domandò Alessandro sincero.
"Dai" sbuffò il piccolo.
"Leggi piano Richi" disse Alessandro con un sorriso "sul serio, sai che è importante la canzone, voglio sentire bene" sospirò.
"Questo veleno che ci sputiamo ogni giorno io non lo voglio più addosso" disse piano, seppur a fatica.
"Lo vedi, sono qui, su una bici di diamanti uno fra tanti" rispose Alessandro.
"Cosa?" domandò Riccardo non capendo.
"È la mia parte" chiarì il più grande.
"Mi piace, è bella" disse sincero Riccardo, con un piccolo sorriso.
"Anche la tua" sorrise Alessandro.
"Serio?" domandò il ricciolino mentre si metteva in piedi.
Iniziò a far avanti e indietro piano, come per combattere quella strana ansia che di colpo lo stava rendendo agitato.
"Si" sorrise Alessandro guardandolo nei suoi movimenti nervosi "Non è male"
"Non è male non significa che è bella" disse Riccardo fermandosi di colpo davanti a lui con una voce da bimbo.
"Riccardo mi piace, è bella" disse Alessandro alzando gli occhi al cielo, per poi sorridergli.
"Okay" sospirò il piccolo.
"Vieni qua dai" gli fece segno di avvicinarsi il moro ma Riccardo non fece un passo e così
Alesaandro iniziò a punzecchiarlo toccandolo con il piede.
"Ale" cantilenò il piccolo lamentandosi.
"Mancano due parti" disse Alessandro tornando sulla sua sedia "Penso bastino"
"Dici altre due frasi così?" domandò Riccardo avvicinandosi appena.
"Si" rispose il moro "Tu che pensi?"
"Penso di sì" biascicò Riccardo "Penso bastino" sussurrò.
"Okay, ancora poco e mi avrai fuori da casa tua" biascicò Alessandro smettendo di guardarlo e tornando a scarabocchiare sul foglio.
Non voleva scriverla quell'ultima frase, no se sarebbe significato non vedere più Riccardo dopo la registrazione.
Era statala canzone ad averli uniti così tanto, ad averli portarti a ciò che erano stati e anche a ciò che adesso erano.
A canzone conclusa dove sarebbero finito loro due? Si sarebbero rivisti ancora?
"Non ti voglio fuori da casa mia" rispose Riccardo senza pensarci.
Si rese conto di ciò che aveva detto solo quando Alessandro, sbarrando gli occhi, lo guardò.
"No?" domandò poco dopo.
"Indifferente" cercò di riprendersi Riccardo.
"Indifferente?" domandò Alessandro alzando un sopracciglio con addosso il solito sorriso furbo.
"No" disse Riccardo rassegnato "Cioè uguale, non mi secca averti qui"
"Fino a ieri si" lo punzecchiò il più grande.
"Alessandro" lo rimproverò il ricciolino "Basta"
"Okay" rise Alessandro per poi mettersi in piedi, stiracchiandosi un po'.
"Mi fa solo piacere che tu sia qui" decise di dire Riccardo.
Poco gli importava se fosse compromettente o no quella frase, voleva solo che lo sapesse.
"Fa piacere anche a me essere qui" rispose Alessandro con un sorriso.
"Poi potremmo diventare buoni amici questa volta, approfittare di questa convivenza" disse dopo poco Riccardo.
"Ma sta zitto" biascicò il moro sorridendo, per poi superarlo e iniziar a camminare per il giardino.
"Alessandro e Riccardo best friend" disse Riccardo facendo qualche passo verso di lui.
"Ma smettila" rispose Alessandro dopo l'ennesimo sbuffo "Sei ridicolo"
"Tu sei ridicolo" lo guardò male il piccolo.
"Zitto" disse il più grande scandendo bene le parole.
"No" rise Riccardo.

•come lo Yin e lo Yang•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora