capitolo quarantasei: come fuoco.

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Dopo la breve passeggiata al sole i due, senza dilungarsi troppo si diressero verso casa di Michelangelo.
Dovettero percorrere giusto un vialetto una volta usciti dal parco ed ecco che si trovarono di fronte la villetta del produttore.
"Dici che dobbiamo già entrare?" chiese di colpo Alessandro fermandosi a metà del vialetto.
Riccardo si ritrovò strattonato e soltanto in quel momento, abbassando lo sguardo, notò le loro mani unite.
Più che mani erano dita, giusto due.
Il medio e l'indice ingarbugliati, quasi legati da un filo invisibile, giocavano a tenersi stretti.
Per tutto quanto il tragitto una volta usciti dal parco si erano tenuti la mano e nessuno dei due riuscì a capire quale fosse stato l'esatto momento in cui ciò era accaduto.
Se ne accorsero appunto perché, di seguito al più grande, anche Riccardo si fermò a causa di quel legame.
Rapidamente, dopo un sorriso nervoso, Alessandro mollò la presa.
"Dicevi?" chiese Riccardo mentre goffamente si massaggiava la testa.
Stava in realtà riponendo in quel gesto tutto quanto il sul imbarazzo, cercando di tenersi impegnato in movimenti che potessero tenerlo in qualche modo lontano e non immobile e impalato di fronte ad Alessandro.
"Chiedevo se dovessimo già entrare ma lascia stare" rise appena il moro facendo qualche passo in avanti, verso la porta di casa di Michelangelo "era una domanda stupida" finì borbottando ed abbassando la testa.
Fu costretto ad alzare lo sguardo solo quando la mano del più piccolo si posò sul suo petto.
"No" disse rapido Riccardo tremando al contatto di quegli sguardi.
Da dopo quel discorso sulla panchina le cose tra di loro si erano sciolte.
Era forse stato merito della corsa, o del solletico una volta che Alessandro aveva recuperato il telefono, o dei timori sulla canzone condivisi dopo.
Eppure in quel momento, ora che erano di nuovi felici e circondati da silenzio ecco che l'imbarazzo tornava.
Anche se Alessandro più che imbarazzo preferiva chiamarla con un termine ben più consono a suo parere: quella era tensione.
Che fosse sessuale, mentale o fisica poco contava.
Erano costantemente tesi l'uno di fronte all'altro.
E tensione significava trattenersi.
Loro erano costantemente trattenuti.
Ma trattenuti da cosa?
La risposta Alessandro sapeva darla bene.
Fosse stato per lui quella tensione l'avrebbe già fatta scomparire, sbattendo contro il muro più vicino il piccolo e lasciando le le loro labbra facessero ciò che desideravano da un pezzo.
Era Riccardo a fermarlo.
Lui non aveva una risposta a quella domanda e, per quanto non ne avessero mai realmente parlato, glielo si poteva leggere chiaramente negli occhi.
Riccardo era perso, lontano da tutto ciò che fino a quel momento aveva ritenuto abitudine.
Era sempre stato comodo nei suoi sentimenti, certo delle sue attrazioni, felice nella sua sessualità.
Adesso il terreno gli crollava sotto ai piedi.
Succedeva ogni qualvolta fosse con Alessandro.
E quindi il più grande, pienamente consapevole di questa sua condizione, evitava di far qualsiasi cosa.
Costretto al trattenersi, forse in eterno, di fronte a ciò che più bramava.
"No?" chiese guardandolo meglio.
"No" ripetè il piccolo deglutendo nervosamente.
"No che non dobbiamo entrare subito o no che non è una domanda stupida?" rise appena il più grande tornando a guardare la mano del ricciolino ancora ferma sul suo petto.
Fu quello l'esatto momento in cui lui la tolse.
"Entrambe le cose" rise poi allontanandosi di qualche passo.
"Stai dicendo che non sono stupido? Stai bene?" rise ancora Alessandro "Solitamente ogni occasione è buona per ridere di me" chiarì di fronte a l'espressione confusa dell'altro ragazzo ed eccolo che tornò infatti a ridere.
"Ma sto comunque ridendo di te" disse il piccolo dopo essersi schiarito la voce "Solo, per ragioni diverse" proseguì mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni.
Il modo in cui iniziò a dondolarsi sulle gambe dopo fu la cosa più tenera e al contempo irritante che Alessandro potesse vedere.
"E per cosa ridi sentiamo?" sospirò l'altro ragazzo mettendo entrambe le mani sui fianchi.
"Pensi che te lo voglia dire?" rise ancora il piccolo sedendo poi sul prato arido della villetta.
"Sai che devi dirmelo" lo raggiunse Alessandro "La cosa è diversa" finì mettendo le braccia sulle ginocchia.
Riccardo, con gli occhi socchiusi a causa del sole che gli arrivava in faccia, lo osservò mentre, forse per il nervosismo, si accarezzava le gambe ripetutamente.
"So che devo dirtelo?" proseguì poi con un occhio chiuso e uno aperto.
"Ti darei i miei occhiali ma mi piace vederti soffrire" lo prese in giro il moro sfoggiando un finto sorriso.
"Grazie tante" si lamentò il piccolo smettendo di colpo di guardarlo.
"Scherzo" sbuffò il più grande desideroso di sentire ancora quello sguardo su di lui "Tieni" proseguì porgendogli i suoi occhiali.
"Se li metto poi non mi chiedi di toglierli come ho fatto io?" lo punzecchiò il più piccolo mentre prendeva quel dono tanto gradito.
"Ora che mi ci fai pensare" rise il più grande ricevendo un'occhiataccia da Riccardo.
"Scherzo scherzo" proseguì mentre metteva le mani dietro la testa per stendersi sul prato "Per ora non ti chiederò nulla" finì guardandolo.
"Ecco bravo" biascicò il piccolo mentre, tutto trionfante, indossava gli occhiali.
I suoi occhi si rilassarono di colpo felici di non essere più tormentati da quel sole di colpo troppo fastidioso.
Aveva sicuramente preferito quella mattina nuovolosa a questo solo cocente di mezzogiorno.
"Quindi perché ridi di me?" ripetè il più grande riaprendo il discorso precedente.
La prima risposta che udì fu uno sbuffo da parte di Riccardo.
"Certo che sei un bugiardo, tanto bravo a dire che dimentichi ogni cosa ma mi sa che non è così" lo guardò Riccardo sistemandosi meglio sull'erba, in modo da stargli di fronte.
"Ah dici?" rise appena il moro.
"Dico" ricambiò il ricciolino "Ricordi tutto ciò che ci diciamo noi" lo guardò di nuovo male.
"Non sono l'unico" sussurrò Alessandro alzandosi leggermente per avvicinarsi al suo orecchio per parlare per poi tornare a stendersi sull'erba.
Riccardo alzò gli occhi al cielo con fare annoiato.
"Dimmi perché ridevi di me" ripetè poi Alessandro smettendo di guardarlo.
Aveva però addosso appiccicato il più vittorioso e irritante sorriso esistente tanto che al piccolo venne voglia di alzarsi e lasciarlo lì steso sul prato da solo, senza alcuna risposta.
Eppure il bisogno di ritagliare ancora un po' di tempo per loro prima di dividere il pranzo con qualcuno lo fermò da quella tentazione.
Rimase piuttosto fermo, approfittando degli occhi chiusi di Alessandro per restare ad osservarlo.
"Rido di te in generale" biascicò stanco.
Non aveva la minima intenzione di tornare ad aprire discorsi seri in un momento leggero come quello, non adesso che finalmente ogni tensione si era fatta leggera.
"Capita spesso?" lo guardò per un solo istante Alessandro.
"Molto spesso si" rise furbo il riccio.
"Beh" sospirò il più grande tornando a chiudere gli occhi "Almeno ti faccio ridere" finì tornando a sorridere rilassato.
"Almeno" ripetè il piccolo smettendo poi di guardarlo.
I minuti di silenzio che seguirono quello scambio di battute furono rigeneranti per entrambi.
Ovvio che adorassero quello scambio di battute sempre acceso, ma così facendo rischiavano spesso di bruciarsi.
Star attenti al fuoco era estenuante.
Quei silenzi ricaricavano entrambi.
"Andiamo?" parlò di colpo Riccardo spezzando quel filo sottile sul quale entrambi, con estrema attenzione, stavano stando in bilico.
"Si" rispose Alessandro e con un balzo rapido si mise a sedere.
"O Michi ci uccide" rise piano il piccolo abbassando un po' gli occhiali da sole per guardare il più grande.
Alessandro se ne stava con una mano davanti agli occhi per coprirsi dal sole e un'espressione sul volto comunque insofferente a causa dei raggi.
"Dammi una mano" disse poi porgendola a Riccardo.
"Sul serio?" alzò un sopracciglio il piccolo.
"Sul serio" rispose Alessandro con un sorriso.
Stese il braccio un pò di più come per ribadire il concetto e Riccardo, costretto, gli prese la mano.
Con un movimento solo lo mise in piedi e Alessandro, perdendo l'equilibrio, senza volerlo gli arrivò addosso.
Ecco che di colpo il piccolo smise di ridere.
"Scusami" farfugliò il moro facendo per alzarsi dal suo petto.
"Tranquillo" farfugliò il piccolo allontanandosi "Solo..ora andiamo dentro" sospirò allontanandosi.
Alessandro lo seguì a testa bassa e con il cuore che non la smetteva di martellare nel suo petto.

*spazio autore*
VADO AL CONCERTO DI ALE A LUGLIO.
SONO FELICE DA MORIRE.
a parte ciò, scusate il ritardo ma sono stata in giro con un'amica.
buona lettura <3

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