capitolo novanta: il superpotere.

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"Quello ti guarda" disse di colpo Alessandro girando la testa in un lato come per indicare qualcuno.
Stavano mangiando da un po', seduti ancora uno di fronte all'altro.
Il locale si era ormai riempito del tutto, ogni tavolo attorno ai due era pieno e, dato il vociare alto, era quasi impossibile riuscire a parlare.
Per questa ragione, se non per qualche piccola constatazione o per qualche complimento sul cibo, entrambi se ne erano stati zitti, almeno fino a quel momento.
"Chi?" domandò Riccardo guardandosi attorno curioso.
"Riccardo" lo rimproverò il moro sbarrando gli occhi "Che te ne frega di sapere chi è?" lo guardò male.
"Ma se me lo hai detto tu" disse il piccolo scoppiando a ridere "se non volevi che ti chiedessi chi era non me lo dicevi" proseguì.
"Beh magari mi aspettavo che non ti importasse" sbuffò Alessandro per poi concentrarsi nuovamente sul suo panino, fingendosi offeso.
"Ale non me ne frega, mi hai solo incuriosito" disse Riccardo cercando di riavere addosso lo sguardo dell'altro ragazzo ma, notando il modo in cui lo stava evitando, con i piedi sotto il tavolo cercò quelli di Alessandro.
Iniziò a dare dei calci leggeri su di esse una volta trovare.
"Ahi" si lamentò Alessandro senza guardarlo.
"Guardami" disse il piccolo.
"No, sto guardando il panino, tu guarda pure quel ragazzo" borbottò.
"Se non mi dici chi è" scrollò le spalle il ricciolino.
"Riccardo" disse ancora Alessandro, gia mente alzando la testa "Ma sei serio? Continui anche" proseguì a voce più alta.
Ovvio stesse scherzando ma si divertiva a vedere Riccardo impanicarsi un po' di più, ad ogni sua parola.
"Ma che ridi?" sbuffò poco dopo notando che il ragazzo era quasi in lacrime dalle risate.
"Mi fai ridere" disse il piccolo mentre riprendeva fiato per poi addentare uno degli ultimi pezzi del suo cibo.
"Va bene" sbuffò ancora Alessandro, smettendo di guardarlo.
"Mi guardi?" ripetè il piccolo dandogli l'ennesimo calcetto sotto al tavolo.
"No" ripetè Alessandro per poi riprendere a mangiare.
Il calcio che arrivò questa volta fu assai più forte e non prevedibile rispetto a tutti gli altri e il ragazzo, nell'allontanarsi a causa del dolore improvviso, fece muovere il tavolo di legno sul quale stavano, facendo cadere la lattina di coca cola.
Riccardo la afferrò appena in tempo.
"Mi stavi per far la doccia di cola" disse ridendo.
"Ti stava bene" sbuffò il più grande tornando seduto "Mi hai fatto malissimo" proseguì guardandolo male.
Quando gli occhi del piccolo si alzarono nuovamente, dopo aver asciugato la cola dal tavolo con dei fazzoletti, scoppiare a ridere gli venne automatico.
Alessandro lo stava guardando con sguardo omicida.
"Esagerato" disse con un sorriso sperando di farlo calmare.
"Che ti guardi attorno?" proseguì facendo la stessa per cercare di capire cosa guardasse. Tutti, di seguito a quel rumore fatto, li stavano guardando ma era normale, non ci vedeva nulla di strano.
"Sei un rompi cazzo, che ti frega se ci guardano tutti?" proseguì sbuffando tornando a guardare Alessandro.
Era probabilmente quello l'unico motivo per il quale si stava guardando attorno: era probabilmente in imbarazzo.
"Non è quello" sbuffò il moro mettendosi in piedi.
Aveva sul volto un'espressione infastidita dovuta al fatto che, quel ragazzo sul quale finora aveva scherzato, stava realmente guardando troppo Riccardo.
"E cos'è?" domandò il piccolo curioso cercando di guardare lì dove l'altro ragazzo stava guardando.
Ma la verità era che, per quanto si sforzasse, non riusciva a capire cosa stesse così tanto infastidendo Alessandro.
"Lo so io" proseguì Alessandro mentre tutto fiero gli sedeva accanto.
Se finora quel ragazzo non aveva capito che lo capisse adesso.
Si era seduto accanto a Riccardo come per dire "Vedi? Ci sto io seduto qui di fianco a lui, non tu" e quel sorriso fiero che aveva sul volto lasciava trasparire chiaramente quel suo pensiero.
Sperava che quel gesto potesse bastare a mettere le cose in chiaro, altrimenti si sarebbe arrabbiato davvero fin troppo, arrivando persino a rovinare la serata ad entrambi.
Si conosceva bene. Lui non era un tipo da gelosia tranquilla.
Non era come Riccardo, con quel suo spirito di competizione quel ragazzino una scenata di gelosia riusciva a renderla persino divertente.
Ma lui no, lui si arrabbiava tanto, con chiunque.
Il fastidio che gli provocava chi non smetteva di guardare ciò che era suo, pure dopo aver capito, lo rendeva una persona pericolosa.
Odiava quell'aspetto tossico di lui ma non poteva farci nulla.
Da una vita cercava di trattenere la sua gelosia in ogni modo e sempre da una vita non ci riusciva.

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