capitolo centrotredici: solo io e tu.

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"Sto scherzando non lo voglio fare Sanremo" disse Riccardo con un filo di voce mentre se ne stava seduto in un angolo, sopra una vecchia cassa.
"Lo stai facendo Sanremo" osservò Alessandro restando in piedi un po' più in là, poggiato ad un tavolino vecchio,  con un bicchiere di plastica tra le mani.
"Cosa bevi?" domandò Riccardo sporgendosi leggermente in avanti.
"Acqua Richi" esclamò immediatamente Alessandro inclinando appena il bicchiere per mostrare il contenuto "Cos'altro dovrei bere in un momento come questo?"
"Che ne so" sbuffò Riccardo abbracciandosi, come per darsi conforto "Qualsiasi cosa possa far passare questa ansia" finì in un sospiro.
"Alcol prima di salire sul palco dell'Ariston?" rise il più grande per poi buttar giù il resto dell'acqua nel suo bicchiere.
La verità era che l'avrebbe voluto anche lui un po' di alcol per affogare tutta quanta quell'ansia che aveva.
Le mani gli tremavano e sapere di non poter cercare conforto poggiandole sul corpo dell'unica persona che avrebbe potuto calmarlo lo infastidiva.
Mancavano ormai una manciata di minuti.
Due o tre cantati prima di loro e poi sarebbe stato il loro turno.
Erano a metà serata, mancava sempre meno al loro debutto.
"Potremmo andarcene" propose il piccolo e con un balzo scese dalla vecchia cassa tanto rapidamente che Alessandro, per un solo istante, pensò che fosse serio nella sua proposta e che se ne stesse davvero andando.
"Non possiamo" disse il più grande dopo un sospiro di sollievo nel notare che Riccardo, dopo quel balzo, rimase immobile nella sua posizione, senza correre via chissà dove.
"E sopratutto" proseguì raggiungendolo a piccoli passi.
Si fermò a qualche metro da lui, intenzionato a non invadere troppo la sua zona di confort.
Da dopo quella sera in cui avevano dormito assieme, dopo aver deciso di fare Sanremo si era visti poco e nulla se non per provare, per fumare un po' assieme, per parlare delle proprie ansie e delle preoccupazioni che avevano mano a mano sempre più con l'avvicinarsi del festival.
Non si erano più abbracciati da allora, non si erano più toccati, ne tantomeno avevano parlato di loro.
Sempre e solo di musica, di outfit.
Sempre e solo prove, su prove, su prove.
Riccardo di fronte a lui era come un estraneo in quel momento, un estraneo che conosceva a memoria si, ma comunque un estraneo.
Provava quasi imbarazzo nel restare da solo con lui e sapeva, perfettamente, che per il piccolo fosse lo stesso.
Se ne era sempre stato lontano, da quella mattina, quando erano arrivati in hotel e avevano iniziato a far le loro interviste.
"E sopratutto?" domandò Riccardo notando che le parole del più grande tardavano ad arrivare.
"E sopratutto non vogliamo" sorrise il moro vicino a lui.
Era bellissimo con quella maglia bianca addosso, la giacca nera e quei pantaloni grigi che lo fasciavano talmente tanto bene da mostrare perfettamente la bellezza del corpo di quel ragazzo.
Riccardo lo percorse dalla testa ai piedi e viceversa almeno tre volte prima di fermarsi nuovamente sui suoi occhi scuri e profondi.
Quando avvenne fece un sospiro così profondo da risucchiare tutto ciò che aveva attorno, involontariamente, nel profondo buco nero nel quale si trovava al momento.
In quel buio adesso c'era la vecchia cassa, il tavolino, i bicchiere di plastica su di esso, lui ed Alessandro.
Non c'era nient'altro di vivo a parte loro.
La gente era lontana, tanto da non vederla, la musica risuonava quasi come un ronzio lontano, come una zanzara che resta fuori dalla tua camera in piena estate, che ti lascia dormire in pace.
Riccardo guardò meglio Alessandro e si ritrovò a pensare che avrebbe potuto trasportare quel buco nero sul palco, finirci dentro per non vedere nessuno, nessuno a parte Alesaandro.
Sarebbe riuscito a cantare se fosse stato solo con Alessandro. Doveva solo dimenticare le altre persone attorno.
"Tu dici?" domandò dopo tutto quel silenzio e Alessandro dovette sforzarsi per capire a cosa si stesse riferendo.
"Perché io si, io voglio scappare" disse infatti il piccolo notando la confusione negli occhi dell'altro ragazzo.
Alessandro accennò un sorriso, poi fece ancora un passo ma senza avvicinarsi troppo.
"Tu non vuoi scappare" gli disse piano "Guardati" proseguì "Stai benissimo" disse ancora con un sorriso e approfittò di quel suggerimento dato a Riccardo per far la stessa cosa, per percorrerlo con gli occhi piano.
Partì dai piedi, osservando le scarpe nere lucide per poi salire fino alle caviglie coperte da quel tessuto nero leggerissimo.
Quel pantalone scuro gli stava così bene addosso, ma mai quanto gli stava bene quella maglietta dal tessuto trasparente.
Alessandro si fermò su ognuno dei tatuaggi visibili per poi fermarsi sull'angelo che aveva nel petto.
Sorrise pensando che proprio colui che di angelo aveva poco ne portava uno proprio sul petto, proprio in bella vista.
"Dov'è il mantello?" domandò notando che mancava un pezzo a quell'outfit che, per colpa di tutte quelle prove che avevano dovuto fare, ormai conosceva a memoria.
"Non lo metto" sbuffò Riccardo indicandolo con la mano.
Stava poggiato su una vecchia cassa, tra fili e spazzatura.
"Riccardo" disse andando a prenderlo per poi pulirlo con la mano dalla polvere "È Valentino cazzo" sbuffò guardandolo male.
"E quindi?" rise il piccolo.
"E quindi come puoi mettere un Valentino tra la polvere e la spazzatura?" disse ancora Alessandro guardando il mantello con attenzione "Ecco adesso è pulito" sorrise soddisfatto.
"Grazie mamma" lo prese in giro il piccolo.
"Me lo metti?" disse ancora raggiungendolo, per poi dargli le spalle.
Alessandro fece un gran sospiro e a passi lenti lo raggiunse, fermandosi vicino a lui, questa volta più vicino.
Poggiò il mantello sulle spalle del più piccolo e poi lo raggirò, per finire davanti a lui.
Con delicatezza gli legò i fili attorno al collo, per fermarlo e accarezzò appena il suo petto una volta fatto, come per assicurasi che tutto fosse a posto.
"Grazie" sorrise Riccardo cercando di non dar conto al suo cuore che batteva così forte.
"Di nulla" rispose Alessandro togliendo quella mano dal petto del piccolo come se avesse preso la scossa.
Riccardo fece qualche passo indietro come notando solo di seguito a quel gesto la vicinanza tra di loro.
"Ascoltami" sospirò Alessandro dopo un po' di silenzio, per combattere l'imbarazzo.
"È normale avere ansia okay?" gli sorrise tornando a poggiarsi sul tavolino.
"Tu non ne hai" scrollò le spalle Riccardo per poi poggiarsi di fianco a lui.
"Io sto morendo di paura" lo guardò Alessandro "anche se non lo mostro"
"Fingi bene" sorrise furbo Riccardo, alludendo anche a chissà cos'altro.
Alessandro non si sforzò neppure di capire, non in quel momento già complicato di suo.
Sarebbe stata troppo ulteriore ansia, ulteriore imbarazzo tra i due di seguito al raggiungimento di chissà quale pensiero comune.
Lasciò che fosse solo Riccardo a correre in chissà quale loro ricordo.
"Tu dovresti saperlo" disse soltanto, provocando un sorriso assai più grande nel volto del più piccolo.

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