capitolo novantanove: hanno deciso loro.

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"E dopo non vi siete detti più niente?" domandò Ylenia mentre sorseggiava piano il suo caffè.
Aveva ascoltato attentamente ciò che Alessandro lo aveva raccontato sull'incontro tra lui e Riccardo mentre se ne stavano in quel rumoroso bar per far colazione, prima di andare in studio.
"No" rispose rapido il ragazzo, mentre si sistemava meglio sulla sedia "Poi è tornato Michi col vino e lui è tornato dentro" sbuffò.
"E per il resto della sera?" domandò la ragazza posando la tazzina ormai vuota.
"Non l'ho più visto" rispose il moro.
"È passata una settimana" osservò Ylenia guardando attentamente l'amico, cercando di capire come stesse o cosa pensasse ma era impossibile capirlo al momento.
"Si, circa" disse lui mentre poggiava i gomiti sul tavolo, per guardarla meglio.
"Gli hai scritto?" domandò lei con un sorriso.
Non aveva più parlato male di Riccardo da quando avevano discusso e Alessandro non sapeva bene se lo facesse perché non voleva più arrivare a litigare con lui o perché, adesso che era finito per farlo stare male sul serio come da lei predetto, non aveva più nulla da dire al riguardo.
Eppure non aveva mai avuto la forza di domandarglielo, per paura di arrivare nuovamente ad una lite.
Era stato male senza Ylenia accanto, era stato difficile recuperare il rapporto e adesso che tra di loro le cose andavano addirittura meglio di prima non aveva il coraggio di dire nulla che potesse in qualche modo comprometterle ancora, ne era terrorizzato.
Inoltre sentirsi dire "te lo avevo detto" al momento non era ciò che voleva.
Sapeva di aver sbagliato ad andare dietro ad un ragazzo come Riccardo, sapeva che quel non dare certezze era una sua prerogativa e più di tutti sapeva di non essere destinato a provare la bellissima sensazione di amare ed essere amati.
Eppure in quei tre giorni in Sardegna, sospesi in un tempo quasi eterno, Alessandro di certe cose era finito per convincersene.
Aveva smesso di pensare di non poter ricevere amore, aveva smesso di credere di non essere destinato ad un rapporto tranquillo e sano.
Per una volta si era lasciato andare alla speranza, la più dolorosa delle sue tentatrici, la più grande delle sue condanne.
Ed ecco che ne era rimasto deluso e ferito, ancora una volta.
Quando la realtà era tornata, quando la magia di quel sogno si era interrotta, Alessandro era tornato all realtà troppo bruscamente.
Realtà in cui Riccardo non gli era accanto.
"Alessandro" lo richiamò dai suoi pensieri la piccola, in ansia nell'attesa di una risposta "Il silenzio è un si?" domandò poi.
"No" rispose rapido il ragazzo.
"Ale" sorrise la piccola alzando un sopracciglio "Gli hai scritto vero?" domandò ancora.
"Giuro no" alzò le mani in segno di resa lui.
"Strano" farfugliò Ylenia sistemandosi comodamente sulla sedia in legno.
"Si, in effetti" rispose il ragazzo tornando a bere il suo cappuccino.

"Ma te e Ale?" domandò di colpo Michelangelo.
Lui e Riccardo erano sdraiati sul divano, reduci di una notte insonne passata a far musica nel suo studio.
"Io e Alessandro cosa?" domandò il piccolo con un sorriso finto.
Ovvio che quel nome creasse in lui ancora qualcosa, ovvio non gli fosse indifferente e altrettanto ovvio che, per tali ragioni, provasse fastidio nel sentirlo.
"Che fate?" domandò il produttore cercando le parole giuste da dire "Cioè in che rapporto siete?" domandò poi tirando un sospiro gigante.
"Eeh" disse il piccolo con voce trascinata mentre si sistemava meglio sul divano, lasciandosi andare ad uno sbadiglio pieno di tutto il sonno che aveva "non lo so sinceramente" finì mentre sbadigliava ancora.
Michelangelo si ritrovò a sbadigliare di risposta "Che vuol dire non lo so?" rise poi "Avete chiarito?" domandò.
"Abbiamo parlato" rispose il ricciolino.
"Che non significa chiarire" osservò il più grande.
"Non abbiamo mai litigato" scrollò le spalle Riccardo.
"Ma se sei scappato da quella casa" disse Michelangelo guardandolo.
"Io? Scappato?" mentì il piccolo.
Non aveva mai raccontato all'amico cosa fosse successo ed era certo di non volerlo fare.
Avrebbe così ammesso la sua gelosia parlando di quella lite.
Avrebbe reso lui e Alessandro qualcosa.
Due amici non litigano per cose del genere.
Lui e Alessandro erano stati molto di più.
Cosa fossero adesso?
Non lo sapeva affatto, né tantomeno sapeva cosa provasse al momento per lui.
Ma tutto ciò che aveva provato lo terrorizzava.
Lui non voleva provare certe cose per lui.
Allontanarsi era stata la cosa migliore, adesso stava bene senza quelle farfalle nello stomaco, senza i tremori, il bisogno di contato, quella dipendenza di tocchi fastidiosissima.
Stava bene senza quello sguardo pressante addosso, senza quella voglia costante di sentire Alessandro sul suo corpo.
Solo il pensiero di ciò che era stato gli fece accelerare tanto il battito quanto io respiro e, dopo un breve sospiro, scrollò la testa per allontanare ogni cosa.
"Non è vero" sbuffò "Michi semplicemente abbiamo capito di non essere cosa"
"Ma non essere cosa che Richi?" rise Michelangelo "vi ho visti sul balcone la settimana scorsa" proseguì.
"Parlavamo" tentò di giustificarsi il piccolo.
"Come se non aveste mai discusso, come non vi foste mai separati" chiarì il ragazzo con le parole più semplici che conosceva, sperando così di farsi capire da Riccardo.
"E quindi?" sorrise il piccolo fingendosi stupido.
Non voleva capire, era questa la verità.
"E quindi due che non sono cosa non si parlano in quel modo" disse Michelangelo dandogli un calcio leggero.
"Stavamo solo parlando" sbuffò Riccardo.
"Okay, facciamo che stavate solo parlando" alzò gli occhi al cielo Michelangelo "Ma due che non sono cosa non si guardano manco come vi guardate voi" disse allora facendo un sorriso consapevole.
Riccardo si ritrovò a bocca aperta e senza parole da dire.
"E non puoi dire nulla adesso" finì l'amico soddisfatto mentre Riccardo, sconfitto, con degli sbuffi si voltò dal lato opposto sistemando il cuscino sotto la testa per abbandonarsi a quel sonno fortissimo.

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