capitolo ventiquattro: come le canzoni.

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Il buio avvolgeva sempre più i due ragazzi che, apprezzando la luce di quella luna gentile, se ne stavano comunque stesi sulle stesse sdraio, davvero intenzionati a non abbandonare ancora quella notte.
Alessandro pensava che la notte fosse grata a loro due in quel momento tanto quanto loro lo erano a lei.
Si stavano facendo infatti compagnia a vicenda loro e la notte. I due ragazzi le tenevano compagnia, non lasciandola sola nel silenzio, illuminando il suo buio con il loro sorrisi e lei, gentile come non mai, concedeva loro silenzio tutto attorno.
Anche la luna sembrava guardarli, forse consapevole dal fatto che fossero ormai rimasti gli unici spettatori della sua luce.
"Com'è stato vincere Sanremo?" chiese il piccolo di colpo, impaziente di iniziare quel discorso prima promesso dal più grande.
"Un salto nel vuoto" disse sincero Alessandro "non me lo aspettavo per nulla" proseguì.
"Ma almeno eri felice di vincere?" domandò Riccardo perplesso.
"Si" rise appena il moro "Forse mi sono espresso male, è stato un salto nel vuoto positivo" disse mentre guardava il cielo.
Riccardo si voltò a guardarlo. La luna rossa lo illuminava appena, rendendo i tratti del suo volto assai più spigolosi date le ombre che gli si formavano.
"Hai una strana idea di positività" osservò il piccolo per poi tornare a guardare il cielo.
"Lo so" sussurrò Alessandro guardandolo "Ma per me i salti nel vuoto sono sempre positivi" fu sincero.
Aveva sempre adorato l'ignoto, quello che non da aspettative di alcun tipo, quello che non ti porta a fantasticare.
Insomma, se una cosa di fronte a te ti fa paura di certo non ti trovi ad aspettarti che oltre ci sia la felicità, le vittorie personali, la popolarità e qualsiasi cosa tu possa desiderare.
Era molto meglio non sapere che sapere e trovarsi ad immaginare.
Come quando, la sera prima di un viaggio, ti ritrovi involontariamente ad immaginare posti, emozioni, incontri seppur non volendo.
E allora le aspettative si alzano un sacco, la voglia di arrivare al mattino seguente anche per poi finire a vivere un viaggio diverso da quello che avevi immaginato.
La voglia di salto nel vuoto era di certo riconducibile alla sua ansia dopo le cose belle che gli accadevano, non c'erano dubbi.
"Sono spaventosi" rispose Riccardo restando a guardarlo.
"Lo so" disse ancora Alessandro "Ma me li godo capisci? Senza il bisogno di crearmi pensieri negativi per sovrastare l'ansia" disse sincero.
Non aveva più paura a svelare i suoi pensieri al piccolo, non dopo che lui aveva dimostrato di capire bene e di rispettare le paure altrui.
Riccardo era così genuino e puro da non dare mai per scontato nulla, da non minimizzare mai qualsisia problema, seppur apparentemente semplice da risolvere o difficile da capire.
Era dell'idea che qualsiasi cosa considerata un problema per chi aveva di fronte di colpo, seppur non problema per lui, lo diventava.
Aveva profondissimo rispetto per le altre persone.
"Tu quindi non te la godi mai la serenità?" chiese però perplesso.
Si era realmente posto quella domanda da quella sera, dopo la confessione di questo problema da parte del più grande.
"Si" parlò Alessandro costretto a sorridere per il buon umore improvviso.
Riccardo era l'unico a non fargli pesare quei discorsi, con lui qualsiasi cosa diventava semplice da dire
"Me la godo sempre la serenità, le ansie arrivano dopo" disse infatti.
"Quindi sei di rado felice" osservò il piccolo.
"Si, ma va bene così" sospirò Alessandro mettendosi a sedere di colpo "Ciò mi porta a vivermela a pieno la felicità, non la do mai per scontata" finì osservando Riccardo.
Se ne stava sdraiato con le mani dietro la testa e i piedi lunghi sulla sdraio, completamente rilassato.
"Io la do spesso per scontata invece, purtroppo" disse il ricciolino con un'espressione accigliata.
"Come mai?" domandò il più grande.
"Perché sento di doverla vivere per forza e quindi, anche quando non c'è, me la creo da me" disse osservando bene Alessandro.
Era bello parlare tranquillamente con lui e gli occhi che aveva di fronte a discussioni serie erano più profondi che mai.
Riccardo li trovava i più belli tra i suoi sguardi, quelli che aveva di fronte a discussioni intense.
"È una bella cosa" fece spallucce il più grande "Se ci riuscissi anche io di certo non vivrei terrorizzato l'attesa di cose brutte dopo quelle belle" finì sorridendo appena.
"Perché pensi che dopo una cosa molto bella ne arrivi sempre una brutta?" chiese il piccolo mettendosi a sedere.
Adesso i due erano più vicini, ma non troppo.
Eppure nonostante imbarazzi e tensioni in quel momento il bisogno di far quel discorso guardandosi in faccia era forte in entrambi.
Per la prima volta stavano parlando senza tachicardia dopo battute né brividi sulla pelle.
Erano due semplici ragazzi felici di scambiare pareri opposti, felici di scambiarsi un po' l'uno dell'altro.
"Non è sempre così che va?" osservò Alessandro alzando un sopracciglio.
"Non necessariamente" rispose sincero Riccardo "E anche se dovesse arrivare una cosa brutta ecco che entra in gioco la mia tattica" rise fiero "te li puoi creare i momenti belli"
"Io le cose brutte proprio non le sostengo, ho bisogno di abituarmici prima che arrivino" proseguì Alessandro.
"Ma così non ti godi il momento" disse Riccardo "Vivila così" proseguì poi facendo riferimento alla sua canzone.
"Che schifo auto citarsi" alzò gli occhi al cielo il più grande.
"Lo so" rise divertito il più piccolo "Ma è un motto di vita" proseguì sincero. "Tu non ne hai uno?"
"Mhh aspetta" disse Alessandro mentre si sfregava le mani sulle gambe per non sentire freddo.
Buttò la testa verso l'alto, guardando il cielo, come se quello potesse suggerirgli qualcosa.
"Non mi auto citerò se è quello che aspetti" rise poi tornando a guardarlo.
"Okay okay" rise anche il più piccolo alzando le mani in segno di resa.
"Sai che non lo so?" disse infine Alessandro stanco di pensare "Forse perché in effetti lo cambio di continuo" disse tornando a guardare l'altro ragazzo.
"Ci può stare" rispose Riccardo sincero "Questo ti rende ancora più noioso" lo punzecchiò con un sorriso furbo.
"Ma sta zitto" biascicò il moro mentre sorrideva.
"Prova con 'se sto mondo fosse un mercato io sarei l'anello più caro'" canticchiò il piccolo "Magari funziona come motto" fece spallucce.
"Mi stai prendendo in giro?" lo guardò alzando un sopracciglio Alessandro.
"Secondo te?" rise il piccolo muovendosi un po' sulla sdraio.
"È una bella frase dai" alzò gli occhi al cielo il moro.
Si sentiva sereno, come se non avesse più nessun pensiero in testa in quel momento e pensò che, se soltanto ogni giorno passato con Riccardo fosse stato così semplice come quella sera, le cose sarebbero state di certo molto più facili tra i due.
Riccardo lo rendeva felice e triste allo stesso momento, sereno e pieno di pensieri assieme.
E quel mix non gli piaceva per nulla, non era abituato a tutte quelle emozioni contrastanti.
"Di certo lo è molto di più di quell'altra là, come faceva?" disse Riccardo mentre schioccava le dita ripetutamente.
"Sentiamo" disse Alessandro incrociando le braccia e guardandolo annoiato.
"Ah si" disse di colpo il piccolo con gli occhi illuminati, come se fosse arrivato alla conclusione del secolo "più mi guardavo male più ero una hit mondiale" disse per poi sbuffare "Ma per favore" rise divertito.
"Quelli sono i momenti di ego" si ritrovò a ridere anche Alessandro seriamente divertito di fronte alla risata energica del piccolo.
"Ah si?" disse Riccardo tornando a guardarlo.
"Si" piagnucolò Alessandro "sono più down di così di solito" finì guardando il piccolo.
"Tipo?" ripose lui con un sorriso.
"Ti ho dato addosso senza senso, come posso già da adesso odiare me stesso se conosci bene il mio carattere" canticchiò piano.
"Ecco, ti sei auto citato" lo indicò il piccolo facendo poi un sorriso furbo.
Alessandro con uno schiaffo leggero cacciò via la mano del ragazzo da davanti a lui "Sei una merda" sbuffò stanco.
"Mai quanto te" rise ancora il ragazzo.
"Comunque posso chiederti una cosa?" proseguì tornando serio.
"Oh oh" si ritrovò involontariamente a dire il più grande "Mi fanno paura queste domande" rise poi facendo sorridere anche il riccio.
"Di tutti o solo mie?" disse infatti.
Era strano il suo costante bisogno di conferme.
Lo faceva continuamente, quasi più di Alessandro.
Era questo a confondere completamente il più grande. Perché chiedere così tante conferme?
"Solo tue" rise appena il moro per nascondere l'imbarazzo.
"Buono a sapersi" farfugliò il piccolo di colpo divertito.
Anche in momenti seri come quello si ritrova a involontariamente a riaprire quel gioco, a riaccendere quelle battute. Era più forte di lui.
"Te ne uscirai sempre con questa domanda adesso?" chiese Alessandro divertito.
"Solo quando voglio che mi guardi così" chiarì Riccardo guardandolo ancora.
Dopo frasi del genere il suo sguardo sembrava farsi più intenso, come più profondo.
Alessandro non sapeva dire con esattezza se fosse solo una sua impressione o meno.
"Così come?" chiese dopo qualche istante di silenzio.
"Come spaventato dalla mia domanda" rise il ragazzino.
"Non sono mai spaventato dalle tue domande, tu lo sei dalle mie affermazioni" lo punse il più grande.
"Io non sono spaventato da nulla" chiarì Riccardo prendendo quello scherzo parecchio sul personale.
La verità era che aveva così tanta paura di tutto quello che stava provando e sentirselo dire gli fece uno strano effetto.
"Si ma calmo, scherzavo" disse Alessandro notando la cosa.
"Sono calmo" schiarì la voce il più piccolo per sorridere. Alessandro ricambiò subito.
"Dimmi comunque" sbuffò poi annoiato all'idea che non riusciva a tenergli il muso neppure per un secondo.
Qualsiasi cosa succedesse bastava soltanto che il piccolo gli parlasse o gli sorridesse semplicemente e tutto tornava tranquillo, era stancante.
"Ti ha fatto così male l'amore?" domandò Riccardo di colpo.
"Ehm" si ritrovò impreparato il più grande.
"Se non vuoi rispondere non farlo" chiarì a quel punto il piccolo notando l'esitazione dell'altro ragazzo.
"Nono" si affrettò a rispondere lui "Va bene così, insomma lo canto tanto nelle mie canzoni perché non dirlo?" sorrise giusto un po' guardando Riccardo.
Poi, di colpo, si guardò le mani iniziando a giocarci e una strana sensazione gli fece venire dolore al petto.
"Si, ho sofferto parecchio per amore" disse senza guardare Riccardo.
"Come mai?" chiese il piccolo.
"Perché mi sono sempre avvicinato a gente sbagliata" prese a parlare Alessandro senza la forza di alzare lo sguardo.
Sentiva gli occhi di Riccardo bruciargli addosso ed era consapevole di quanto il piccolo volesse guardarlo mentre parlava.
Ma discorsi così dolorosi non riusciva mai a farli guardando negli occhi chi aveva di fronte.
Aveva paura parlassero per lui, che si facessero troppo lucidi, che mostrassero ciò che provava.
"E quando era giusta mi sono allontanato io" disse guardandolo per un'istante, giusto per compiacerlo.
Poi, piano piano, riabbassò lo sguardo cercando le parole giuste da dire.
"Diciamo che soffro in amore e faccio soffrire" sussurrò alla fine, non trovando altro da dire.
Riccardo, che di non guardarlo in faccia non ne aveva più voglia, lentamente si lasciò scivolare giù dalla sdraio per sedere a terra e, con lo sguardo più dolce che conosceva, si insinuò con la testa per arrivare quanto più possibile vicino allo sguardo del più grande.
Alla fine, con prepotenza, incastrò lo sguardo di Alessandro posandosi sul suo ginocchio.
Il moro si ritrovò a sorridere appena alla vista dello sguardo gentile quanto invadente del ragazzo che, senza chiedere il permesso, aveva sostituito la vista del prato sotto i piedi di Alessandro al suo volto.
"Sai che sei insopportabile?" chiese Alessandro in un sospiro.
Non sapeva più dove nascondere lo sguardo adesso, era costretto agli occhi di Riccardo, che lo volesse o no.
"Lo so" rise il piccolo. "Ma voglio che mi guardi" proseguì poi deciso.
"Perché?" domandò Alessandro seriamente curioso.
Era bello si, guardar negli occhi le persone quando parlavano, ma non era necessario tutte le volte. Eppure Riccardo sembrava averne costantemente bisogno.
"Perché voglio guardarti negli occhi quando parli" proseguì il piccolo per poi poggiarsi meglio sul suo ginocchio.
"Mi stai entrando nei pensieri senza permesso però" sbuffò Alessandro.
"Non era già successo da un pezzo?" chiese il piccolo con uno sguardo buffo.
"Non arrossisci neanche più quando dici queste cagate" rise il moro scuotendo la testa.
"Tu si invece" continuò il ricciolino facendo un sorriso sincero.
Alessandro lottò contro se stesso per non abbassare lo sguardo e, con il cuore che batteva forte, rimase fisso con lo sguardo nei piccoli occhi profondi dell'altro ragazzo.
"La prossima volta che vieni nella mia stanza te lo giuro Riccardo esco qualsiasi genere di discorso" rise appena, seppur nervosamente, allontanandosi un po'.
"Ahi" rise di conseguenza Riccardo.
Era felice del fatto che finalmente, in quelle battute, nessuno dei due provasse imbarazzo.
Il modo in cui erano arrivati a scherzarci su rendeva tutto più facile e Riccardo, al ricordo di quel bacio, non sentiva neppure di aver sbagliato.
Eppure era certo che nulla sarebbe più accaduto dopo quella tentazione alla quale si erano concessi.
Non sentiva più di doverlo baciare adesso che la curiosità era stata colmata.
"Non mi matterai in imbarazzo" rise poi il piccolo.
"No, lo so" fu sincero Alessandro "ma io non voglio imbarazzarti, piuttosto metterti in difficoltà" sussurrò con un sorriso furbo stampato sulle labbra.
"Non mi hai mai lasciato senza parole, sai che non è possibile farlo" si difese Riccardo.
"Non dire cazzate" esclamò il più grande indicandolo per un secondo per poi scoppiare a ridere "Non provarci, ci sono riuscito qualche volta" finì con un sorriso fiero sul volto.
"Sei una merda" rise Riccardo.
"E tu ti auto citi" lo prese ancora il giro Alessandro facendogli alzare gli occhi al cielo.
"Voglio ancora sapere del tuo modo di vedere l'amore" disse dopo un po' Riccardo poggiandosi con le spalle sul ferro della sdraio.
"Non vorrei risultare negativo ma non ho una bella concezione dell'amore" sbuffò Alessandro "Piuttosto tu, tu come vedi l'amore?" si trovò costretto a rigirare quella domanda.
Riccardo si sentì di colpo nudo e fu costretto ad abbassare lo sguardo.
Adesso capiva Alessandro e la voglia che aveva avuto di fuggire dai suoi sguardi precedenti.
"Ehm" disse grattandosi la testa per poi scoppiare a ridere "Prossima domanda?" finì con uno sbuffo.
Alessandro, rapido, scese giù dalla sdraio per sedere per terra, di fronte a lui.
Allungò le gambe ai lati di quelle di Riccardo per paura di fargli male al ginocchio.
"No dimmi" insistette cercando il suo sguardo abbassando la testa e inclinandola un po'.
Riccardo, notando la cosa, alzò leggermente la testa e lo osservò.
"Cosa pensi di fare?" sussurrò controvoglia.
Odiava averlo così vicino dopo quei baci.
Sentiva le sue labbra ricordare quel sapore.
"Guardarti" farfugliò il più grande "Non pensare che possa entrare nei miei pensieri con prepotenza solo tu" fece spallucce tornando a poggiare le spalle sulla sdraio.
"No" si limitò a dire 'Lo hai fatto anche tu' avrebbe voluto proseguire ma preferì fermarsi.
"Va bene" sbuffò stanco "Non mi piace tanto l'amore" disse infatti ricevendo un cenno da Alessandro "Non mi piace per niente"
"Perché?" domandò il più grande.
"Perché mi fa sentire vulnerabile" si affrettò a rispondere Riccardo "non mi piace sentirmi vulnerabile" disse guardando l'altro ragazzo.
Alessandro tremò di fronte a quello sguardo pieno di paura.
L'amore lo terrorizzava, glielo si poteva leggere negli occhi scuri e lucidi e per il più grande fu come guardarsi allo specchio, vedere in quegli occhi i suoi, pieni di terrore per quel sentimento che avevano nominato allo stesso modo.
"Sei spaventato a morte dall'amore" osservò ad alta voce il moro.
"Non lo sei forse anche te?" disse il piccolo facendosi di colpo serio.
"Si" ripose l'altro ragazzo sincero.
"C'è qualcuno che non ne ha paura?" disse poi osservando il più piccolo.
"Sembra di sì" farfugliò lui spostando i capelli dalla fronte "Il modo in cui tutti vivano bene l'amore mi fa sempre sentire inadatto"
"Non sei inadatto" si affrettò a dire Alessandro "Non lo sono neanche io, né nessuno" disse poi con uno sbuffo ricevendo un sorriso lieve da Riccardo.
"Penso che la gente finga di vivere l'amore bene ma è per tutti un salto nel vuoto" proseguì Alessandro.
Sperava di essere d'aiuto per il più piccolo con quelle parole nonostante fosse certo non fossero di conforto.
Sperava di farlo sentire meno solo tanto quanto faceva lui ogni volta.
E Riccardo, di colpo, guardando gli occhi di Alessandro, meno solo si sentì davvero.
Poco gli importava di tutta quanta quella gente, se fingessero amori facili o se li vivessero male quanto lui. Gli importava soltanto una cosa: Alessandro viveva l'amore come lui.
Era questo a non farlo sentire solo.
"Hai detto che i salti nel vuoto ti piacciono" osservò Riccardo sentendosi di colpo confuso.
"Ci sono salti e salti" chiarì Alessandro "alcuni fanno paura anche a me" finì sorridendo.
"Quindi l'amore ti fa paura" parlò piano Riccardo.
"Il mio modo di concepire l'amore mi fa paura" piagnucolò Alessandro.
Non si era mai espresso così tanto su quell'argomento né su molti altri.
Forse per paura di mostrare troppo di sé, forse perché parlare di certi pensieri profondi lo faceva sentire troppo esposto.
Eppure quando Riccardo era lì di fronte a lui, ogni discorso riusciva a farlo bene.
Era come se il piccolo con quegli sguardi lo accendesse, toccando con le sue abili mani i giusti tasti della sua anima.
Riccardo riusciva più di tutti a farlo parlare ed era come se Alessandro, sotto le parole a forma di mano di Riccardo, si facesse spogliare non solo dai vestisti ma anche dalla pelle, dalle ossa, tutto fin dentro l'anima.
Riccardo gli lasciava l'anima esposta, era la sensazione di paura più bella che provasse.
"Io sbaglio sempre" decise di parlare anche il più piccolo, come acceso da quella sincerità avvolgente dell'altro ragazzo.
Non era mai tipo da discorsi profondi lui, preferiva le risate e i discorsi vuoti o quelli pieni si, ma di niente.
Eppure quelle chiacchiere avvolte dai silenzi con Alessandro lo stavano portando a toccare una profondità nuova, quasi inesplorata.
Era come scrivere un testo parlare con Alessandro. Era come nelle canzoni.
"Vorrei amare ma non ci riesco mai, proprio mai" farfugliò ancora cercando negli occhi del più grande un conforto che non tardò ad arrivare.
"Io scappo" rise nervosamente il ragazzo "Tu almeno ci provi, io scappo" disse infatti sperando di aver usato le parole giuste.
"L'amore fa schifo perché ti fa sentire nudo" proseguì poi il piccolo, facendo uno sbuffo.
"Penso che resteremo due zitelle acide a vita di questo passo" scoppiò a ridere Alessandro.
"Ripeto" sospirò il più piccolo dopo una risata "Ciò che ci lega è il disagio" finì guardandolo.
"Decisamente" sospirò Alessandro "decisamente" proseguì per poi guardare in cielo.
Era quasi mattina e un rosa scolorito stava colorando le nuvole.
Le stelle erano sparite, lasciando il posto al nuovo giorno.
"Meglio questo" disse piano Alessandro "Meglio un'alba dell'amore" rise appena.
"Strano" farfugliò il piccolo "Pensavo che una cosa che preannuncia il nuovo giorno ti mettesse paura" disse poi.
Alessandro lo guardò per un istante "Si, è un salto nel vuoto bello" si ricollegò a discorso precedente.
"Mi sa che non sono poi così male questi salti nel vuoto sai?" gli sorrise il piccolo "Portano ed albe belle" tornò a guardar il cielo.
Alessandro invece rimase fisso ancora per un po' su di lui.
I momenti in cui era l'unico a guardarlo erano i suoi preferiti in assoluto.
Era come se fosse un quadro solo suo, lo faceva sentire bene l'idea di essere l'unico spettatore ad ammiralo.
E poi Riccardo era così bello, che gli piacesse o no ammetterlo, era così bello.
"Si, sono proprio belli" finì Alessandro con un sorriso tornando poi a guardare il cielo rosso.
Era esplosa l'alba più bella tra tutte, quella incitata dai discorsi di una notte.
Ma era anche la più dolorosa di tutte, preannunciava la fine della profondità che si erano concessi per quella notte, lì costringeva al sole del giorno.

*spazio autore*
ciao raga, capitolo di prima mattina perché per un corso mi sono svegliata presto e ho finito di scrivere.
Oggi se riesco vorrei pubblicarvi due capitoli, un po' per ringraziarvi.
non so davvero come dirvi grazie per tutto quanto il supporto che mi state dando.
Scrivere è la mia più grande passione, da sempre.
E l'idea di pubblicare un libro solo per arrivare dritta al cuore della gente che legge, solo per far ritrovare nelle mie parole qualcuno è sempre stato il mio sogno.
Far del bene a qualcuno con le mia parole è la cosa che più mi appaga, mi riempie e mi fa sentire realizzata.
Empatia come sono sento il dolore attorno più del mio, sento quello del mondo in questo momento, sento la frustrazione e la paura che il covid ha lasciato a tutti, soprattutto a noi ragazzi.
Scrivo per non pensare, per non farvi pensare, per non farci pensare.
Le parole sono la miglior medicina, lo sono sempre state per me.
E scrivere le parole giuste per curare gli altri, per provocare sorrisi è il mio intento, per quanto difficile sia, io ci provo.
E vedere il modo in cui mi inondate d'amore è indescrivibile.
Non conosco parole umane per dire ciò che provo.
Mi state facendo sentire amata e apprezzata e svegliarmi la mattina vedendo i vostri commenti mi riempie di amore e good vibes.
Mi fate affrontare le giornate con il sorriso e vi giuro, vi giuro, che non esistono parole umane per descrivere quello che provo.
Poi ci sono questi due tipetti che mi fanno anche venire voglia di scrivere eh.
Richi lo conosco bene da quest'estate e giuro che dal primo giorno in cui l'ho sentito, nell'auto di un amico mentre ero in vacanza, è diventato parte integrate delle mie giornate.
Mi trasmette spensieratezza e leggerezza.
Ale invece è arrivato nella mia vita di botto, senza preavviso e mi ha riparato il cuore come pochi riescono.
Mi sta dando tanta forza in questo periodo e mi ritrovo così tanto nei suoi testi, nelle sue ansie, nei suoi problemi.
Mi trasmette profondità e pace.
So quanto bene possano fare anche a voi e scrivere di loro mi fa sentire più vicina a loro, a me e a voi.
Vi abbraccio tutti.
Vi voglio bene.

•come lo Yin e lo Yang•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora