capitolo novantatre: stare in vasca con te.

1K 52 31
                                    

Il rubinetto perdeva qualche goccia, di tanto in tanto, nonostante fosse chiuso da un pezzo.
Nel silenzio della stanza ogni goccia sembrava far un rumore fortissimo cadendo nella vasca piena.
Alessandro stava da un lato, Riccardo da quello opposto, e nel silenzio l'unico contatto che avevano era quello per passarsi la canna.
Tutto attorno profumava di erba e vaniglia mentre la luce della luna entrava dalla finestra illuminando appena.
Ad illuminare ben di più era la luce fioca del mobiletto del lavandino, unica luce accesa nella stanza.
Era la penombra la cosa che Richi stava preferendo in quel momento, oltre che la vista di Alessandro nella sua stessa vasca naturalmente.
Ma il silenzio, quello per quanto fosse bello, gli stava dando assai fastidio.
Voleva sentirlo parlare piano, quasi in dei sussurri, interrotti dal rumore del rubinetto che perdeva di tanto in tanto.
Voleva sentirlo parlare tra un tiro e l'altro, chiedergli qualsiasi cosa pur di far rumore.
Ma non perché fosse il rumore ad importargli, non perché quel silenzio lo odiasse.
Voleva rumore affinché provenisse dalla bocca di Alessandro.
Voleva sentire soltanto la sua voce, per capire quanto bene si sarebbe intonata a quell'atmosfera già di per sé perfetta.
Voleva ricordarsi della voce di quel ragazzo in futuro, se mai si fosse ritrovato a pensare a quella sera.
Voleva sentirla chiaramente assieme all'odore di erba e al rumore delle gocce che sfioravano la superficie della vasca piena.
Voleva associare quella voce all'acqua, pur di essere certo di poterla risentire ancora ogni volta che avrebbe fatto la doccia.
"Passi?" domandò sperando di trovare in quelle parole un appiglio per discutere.
"Si, tieni" rispose Alessandro per poi tornare steso nella vasca.
Le braccia aperte attorno ai lati, l'acqua che gli arrivava fino al petto, appena sotto i pettorali.
Era una gran bella visione, di questo Riccardo ne era certo.
"La rivuoi?" domandò Riccardo dopo qualche tiro, mostrandogliela.
Stava effettivamente per finire e avrebbe gradito farli lui quegli ultimi tiri.
"Naturale" rispose il più grande accensando un sorriso, per poi sporgere la mano in avanti in attesa di riaverla.
'Vieni a prendertela' avrebbe voluto dire Riccardo ma si trattenne, decidendo che non fosse il caso di dire altro.
Che aveva voglia di parlare lo aveva già mostrato abbastanza, non aveva senso continuare.
Eppure, proprio quando Alessandro tornò a fumare lui un ultimo gesto lo tentò comunque.
Con un sorriso furbo stampato sulle labbra alzò una gamba, per poi portare il piede sulla spalla del moro che, senza dire nulla corse dal suo volto al piede che si trovava sulla spalla, senza lasciare scoperto dal suo sguardo neppure un centimetro della pelle del più piccolo.
Si soffermò su quel piede, per poi tornare ad osservare Riccardo con un sopracciglio alzato, come per chiedergli, anche se in silenzio, cosa volesse.
Il ricciolino scrollò le spalle istintivamente per
poi tornare a muovere il piede.
Lo avvicinò all'orecchio di Alessandro, facendolo spostare dopo un lamento.
Eppure imperterrito Riccardo tornò ancora con il piede sul suo lobo, giusto per dagli fastidio.

"Riccardo" si lamentò il più grande infastidito all'idea di dover parlare.
Stava apprezzando quel silenzio.
Gli permetteva di osservare meglio Riccardo.
Certo era di star vivendo qualcosa di tanto simile ad un sogno steso in quella vasca con quel ragazzo.
Chi mai glielo avrebbe detto? Come mai avrebbe potuto immaginarlo?
Avere una cosa tanto pura e bella al bordo della sua vasca, tanto vicina al suo corpo, nella penombra era meraviglioso.
La luna dietro passava quasi in secondo piano di fronte alla bellezza di quella situazione.
Voleva silenzio perché assecondava la magia.
"Riccardo" ripetè con uno sbuffo prendendogli il piede per toglierselo di dosso.
"Mi tratti male" piagnucolò Riccardo incrociando le braccia.
"No" rispose Alessandro sorridendo.
"Si" ripetè lui incrociando meglio le braccia, come per ribadire il gesto.
"Sei cattivo perché non mi stai coccolando" cantilenò poi, avvicinando le gambe al petto, come abbracciandole.
"Ti autoconsoli?" domandò Alessandro trattenendo a stento le risate.
Il sorriso pieno di tenerezza sul volto però c'era, quello non poteva nasconderlo di fronte alla purezza bambina di Riccardo.
"Vieni qua" proseguì dopo poco, allargando le braccia.
Fanculo il silenzio se Riccardo non lo voleva.
Ci avrebbero parlato sopra.
Era meraviglioso anche averlo addosso, forse più che averlo di fronte.
La luna potevano guardarla assieme da lì, abbracciati, rendendola di nuovo spettacolo non più oscurata da quel piccoletto.
"No" sbuffò il piccolo fingendosi offeso "È solo perché te l'ho chiesto" proseguì guardandolo male.
"Giuro no" rispose Alessandro sporgendosi appena in avanti, per avvicinarsi a lui.
Poggiò il mento sulle ginocchia di Riccardo, guardandolo bene negli occhi.
"Te lo avrei chiesto lo stesso dopo" disse sincero.
"Dopo cosa?" domandò Riccardo facendo vincere ancora una volta la curiosità.
La perdeva sempre quella gara del "mi fingo arrabbiato". Non ci riusciva mai a resistere alla curiosità di fargli domande.
"Dopo averti guardato" gli sorrise il moro.
"Sei un paraculo" rise Riccardo, rassegnato all'idea di non riuscire a tenergli il muso.
Era felice però del fatto che fosse una cosa quantomeno reciproca.
Quel non riuscire a stare arrabbiati gli uni con gli altri era vantaggioso.
Così potevano tornare a parlarsi subito, così le liti duravano giusto il tempo di una sigaretta, poi chiarire era altrettanto facile, litigare ancora di più.
Ma litigare valeva sempre la pena se subito dopo c'erano sorrisi reciproci e bisogno di contatto.
Sembravano quasi discutere apposta per poi chiarire a modo loro.
"Non sono paraculo" sbuffò Alessandro "Mi stavo solo godendo la vista di te nella mia vasca" sorrise lasciandogli un bacio sulle ginocchia, poi uno sulle braccia che stringeva ad esse.
Riccardo lo guardò accennando appena un sorriso, per poi alzare gli occhi al cielo.
"Non ci credo" disse poi, palesemente fingendo.
Alessandro lo capì subito ma non disse altro, non volendo cadere nella sua trappola.
Tornò piuttosto a poggiare le spalle nel suo lato di vasca, guardando Riccardo in attesa che lo raggiungesse.
Il piccolo però, non intenzionato a far ciò che Alessandro voleva, per quanto lo volesse allo stesso modo, tornò ad allungare un piede verso di lui, felice di dargli fastidio ancora.
"Oh ma che palle" si lamentò Alessandro per poi, con un movimento rapido, tirare Riccardo per il piede, facendolo scivolare nella vasca.
Il piccolo, preso alla sprovvista, per poco non si affogò con l'acqua che gli arrivò fin sopra i capelli.
Quando riemerse Alessandro stava ridendo.
"Sei pazzo" sbuffò arrendendosi, senza dire altro, al suo volere.
Si sistemò con attenzione tra le sue gambe, nonostante l'improvviso imbarazzo e, dopo un sospiro, poggiò la nuca sulla sua spalla.
"Potevo morire" proseguì guardandolo per poi staccargli la canna dalla bocca "E gli ultimi tiri lo faccio io".
Nonostante il lamento da parte di Alessandro se ne fregò della sua contrarietà e, soddisfatto, finì la canna.
"Non mi hai lasciato neanche un tiro" osservò il moro mentre spegneva la cicca nel posacenere ai piedi della vasca "che merda" sbuffò.
"Tu mi stavi uccidendo, era il minimo" scrollò le spalle il piccolo mentre distrattamente giocava con la schiuma che stava sulla superficie dell'acqua.
"Non potevi affogare dentro una vasca" disse con tono ovvio Alessandro, poggiando poi la guancia sulla testa dal più piccolo, quasi come cercasse un contatto.
"Potevo invece" si lamentò Riccardo guardandolo male.
"Ma sta zitto" biascicò Alessandro per poi racchiudendolo in una sorta di abbraccio.

•come lo Yin e lo Yang•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora