capitolo novantaquattro: chimica.

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"Ci sono le lasagne" disse Riccardo, forse per la terza volta, mentre con il dito indicava il vassoio al centro del tavolo.
"Riccardo che c'e?" domandò Alessandro correndo verso di lui per paura che potesse urlare pur di farsi sentire.
Lo sentiva parlare da una decina di minuti, dalla cameretta.
"Te l'ho detto sei volte Ale" si lamentò Riccardo guardandolo male.
"Richi ma se stavo di là" si lamentò anche il moro, raggiungendolo "Te l'ho detto sei volte che dovevo posare una cosa in camera" disse con un pizzico di disperazione nella voce.
"Ci sono le lasagne" ripetè Riccardo imperterrito.
"Che cosa ci sono?" disse Alessandro chiudendo un solo occhio e avvicinandosi con l'orecchio a lui.
"No basta Ale vaffanculo" borbottò il piccolo alzando gli occhi al cielo, per poi tornare a guardare il frigo in cerca di altro.
"Riccardo parli male" disse il più grande "Hai la voce impastata" chiarì.
"Si, sto cazzo ho impastato" disse il piccolo mentre stava scavando dentro quel frigo troppo pieno, alla ricerca di cibo.
"Te lo giuro Riccardo" disse Alessandro trattenendo le risate "Non capisco un cazzo"
"Ci sono le lasagne" ripetè Riccardo vicino ad una crisi di nervi "Le lasagne" proseguì scandendo bene ogni lettera, quasi come facendo lo spelling.
"Quelle cose con il formaggio, buonissime, hai presente?" proseguì poi prendendolo in giro.
"Non sono scemo" si lamentò Alessandro avvicinandosi al frigo per guardarle "Cosa cerchiamo?" proseguì poggiandosi con il mento sulla spalla di Riccardo.
"Altro?" chiese quasi il piccolo dopo uno sbuffo.
"Oltre quelle?" domandò Alessandro indicando il vassoio con le lasagne.
"Si non penso bastino, ho fame" disse Riccardo e questa volta lo sentì chiaramente ciò che prima Alessandro gli aveva fatto presente: aveva davvero la voce impastata.
"Che cosa?" disse infatti di conseguenza Alessandro, alzando appena la voce.
"Vedi che parli malissimo?" proseguì.
"Sto fatto Ale" disse Riccardo guardandolo "e sei fatto pure tu" proseguì facendolo scoppiare a ridere.
"Shhh" gli disse mettendo una mano sulla sua bocca per zittirlo quanto prima.
Se Anna fosse arrivata lì, svegliata da quello scemo di suo figlio che rideva, di certo quello che avrebbe provato più imbarazzo sarebbe stato lui.
Non era bello farsi vedere da una persona che a malapena conosceva, fatto, con il proprio figlio, per giunta in casa sua e con il suo frigo aperto.
"Tua mamma" proseguì cercando di intimorire di conseguenza Alessandro facendogli venire gli stessi pensieri.
"Giusto giusto" disse il più grande senza però smetterla di ridere.
"Ale basta" disse Riccardo trattenendo appena le risate.
"Prendi quelle cazzo di lasagne e andiamo di la" si lamentò Alessandro mentre, rapidamente, raggiungeva la porta finestra che portava al verandino per aprirla.
Avrebbero mangiato lì, per stare all'aria aperta e non farsi sentire.
Anche in stanza avrebbero fatto casino finendo per farsi sentire, né era certo.
"Voglio altro" disse Riccardo in un urlo strozzato affacciandosi dalla finestra per guardarlo.
"Che palle" si lamentò il moro mentre, a passi svelti, tornava dentro per aprire nuovamente il frigo.
Il rumore dei suoi piedi nudi si sentiva bene sul pavimento, facendo sembrare la sua camminata assai più goffa.
"Porta quelle fuori, arrivo" borbottò indicando la finestra al più piccolo che, dopo uno sbuffo, la raggiunse per poi uscire.

L'aria profumava come sempre fa in estate, alla notte.
Riccardo non sapeva descrivere quel profumo, non sapeva individuare cosa facesse quell'odore, cosa portasse a sentire quell'aria di magia. Ma gli era comunque così familiare.
Quella sensazione era la solita, la sentiva da anni, ogni estate, così tanto intensamente da sentirla familiare in qualsiasi posto si trovasse.
Era certo che se fosse stato in qualsiasi parte del mondo quella sera avrebbe fatto comunque profumo di casa.
"Ecco a te" lo svegliò dai suoi pensieri Alessandro sbattendo un paio di pacchetti sul tavolo di ferro.
Riccardo sussultò per poi guardarlo male.
"Grazie" borbottò poi aprendo quei pacchetti.
Un piacevolissimo profumo di salumi gli arrivò dritto al naso facendogli venire l'acquolina in bocca.
"Posso mangiare tutto?" domandò alzando un sopracciglio e guardando Alessandro, che adesso stava seduto accanto a lui.
"Più lasagne per me" scrollò le spalle Alessandro mentre apriva un'altro pacchetto di salumi.
"Mangio anche quelle, tranquillo" borbottò Riccardo ancora arrabbiato con lui.
"Ma la smetti di guardarmi male?" lo rimproverò Alessandro per poi mangiare un pezzo di prosciutto.
"No" sbuffò Riccardo per poi far lo stesso, e mangiare qualcosa.
"Cos'è quella faccia?" disse il moro per poi scoppiare a ridere subito dopo.
Il più piccolo aveva sul volto un'espressione che era un misto tra perplessa e schifata senza un ovvio motivo.
"Ma che è?" domandò Riccardo accendendo la torcia del telefono, per vedere cosa ci fosse dentro quell'involucro.
"Che è?" domandò poi puntando la luce, senza rendersene conto, sulla faccia di Alessandro.
Il ragazzo chiuse gli occhi automaticamente cercando alla ceca di togliere il telefono prima che rimanesse senza vista.
"Riccardo mi accechi" decise di dire dopo poco.
"Scusa" borbottò Riccardo abbassando la luce come se avesse notato solo in quel momento che gliela aveva puntata contro "Non avevo notato" piagnucolò poi.
"Ma cosa non avevi notato?" rise Alessandro tornando a guardarlo dopo un po', avendo sbattuto gli occhi a lungo prima di recuperare la vista. "Come puoi non notare che mi punti la torcia in faccia?" proseguì.
"Non lo so" scoppiò a ridere il piccolo, sporgendosi in avanti con il corpo per poi prendere con la bocca una fetta di prosciutto distrattamente dal pacco.
"Ma fai schifo Riccardo, e se non la finiamo?" domandò Alessandro osservandolo mentre, senza alcuna grazia, cercava di mangiare senza far cadere il cibo dalla sua bocca.
"Io finisco tutto" borbottò lui con la bocca piena.
"Ti devi fare perdonare" disse dopo un po' Alessandro come illuminato da un pensiero, mettendosi in piedi tanto rapidamente da far cadere la sedia.
"Alessandro sei scemo" urlò Riccardo mettendo le mani tra i capelli "Fai rumore" proseguì guardandolo con la bocca aperta.
"Hai appena urlato Riccardo" disse il più grande indicandolo "Fai rumore tu"
"Pensavo ti piacesse quando urlavo" disse Riccardo prendendo direttamente tutto il pacco in mano, intenzionato a finire quel prosciutto.
"Ti prego queste battute no" disse il più grande mentre goffamente cercava di riprendere la sedia da terra "Non quando sono fatto" proseguì.
Riccardo però preferì osservarlo piuttosto che rispondere, assai più divertito da quella scena.
Alessandro infatti stava cercando di recuperare la sedia da un po' ma l'unica cosa che riusciva a fare era farla cadere ancora e ancora.
"Aspetta" disse tra una risata e l'altra alzandosi per aiutarlo.
Lo raggiunse dopo qualche passo, prendendo la sedia tra le mani per alzarla.
"Guarda me" disse però prima di farlo "Si mette una mano qua" proseguì prendendosi gioco di lui. D'altronde ogni occasione era buona per farlo.
Mise una mano sullo schienale, poi anche l'altra.
"Poi si fa forza con le mani, hai presente?" domandò alzando un sopracciglio.
"Si, ho abbastanza chiaro come si fa" disse Alessandro riservandogli un sorriso furbo.
Riccardo sapeva, grazie a quel sorriso, in quali pensieri stesse correndo con la mente l'altro ragazzo ma in ogni caso non capì il riferimento.
"La cosa è uguale per me" disse però cercando di chiudere quelle provocazioni "Non questo gioco da fatti, non riusciamo a sostenerlo" lo guardò male.
"Io riesco a sostenerlo sempre" disse tutto impettito il più grande.
"Ma se non sai neanche alzare una sedia" lo rimproverò il piccolo.
"Lo so fare" lo guardò male Alessandro.
"Okay" sospirò Riccardo "Fai tu allora" proseguì lasciandola cadere di colpo.
Alessandro sussultò per lo spavento.
"Ma sei scemo? Fai rumore" disse scoppiando a ridere.
"Ma stai zitto" rise il piccolo per poi mettere le mani sui fianchi per godersi lo spettacolo.
Alessandro tornò a combattere con la sedia ed entro poco gli venne automatico andargli incontro.
"Lasciami fare dai" disse tra una risata e l'altra e il più grande, nel porgli resistenza, finì per fargli per far sbattere le loro teste.
Entrambi andarono verso dietro perdendo l'equilibrio e cadendo.
Anche la sedia finì a terra provocando un tonfo assai più forte delle altre volte.
"Ma ahia" urlò Riccardo massaggiandomi la fronte indolenzita.
"Babbo di minchia" rispose Alessandro facendo lo stesso.
Dopo qualche secondo di silenzio entrambi si guardarono in faccia scoppiando a ridere.
"Basta ridere" disse Alessandro gattonando verso il più piccolo mettendogli un dito sulle labbra "Basta o vomito" piagnucolò quasi pregandolo.
"Che schifo" rise ancora il più piccolo.
"Riccardo ti giuro che se rido ancora vomito" proseguì il più grande sedendosi.
"Dai" disse Riccardo sdraiandosi, poggiando poi la testa sulle sue gambe.
"La smetto" disse dopo guardandolo.
"Ma ho fame" esclamò ancora Alessandro.
"Ma se hai detto che tra poco vomiti" disse il piccolo guardandolo mentre con le mani cercava di raggiungere il suo volto per toccarlo.
Alessandro lo abbassò appena per lasciare che lo facesse ma entro poco si allontanò a causa di quelle mani quasi nel suo naso.
"Ma caga cazzo Riccardo" sbuffò facendo per alzarsi.
"Nonono" disse il ricciolino cercando di fermarlo pur restando sdraiato.
"Restiamo qui, shh, stiamo qui" disse trascinando le parole.
"Ho fame" ripetè Alessandro com voce impastata.
"Prendi il mangiare" disse indicando il tavolo distrattamente "Ma fermo"
"Come sto fermo e prendo le cose nel frattempo?" urlò Alessandro per poi ridere.
Sentì Riccardo ridere di conseguenza e rimase a guardarlo per un po', incantato da quella sua risata genuina, da quei occhi di colpo più piccoli, dagli zigomi rossi, i capelli scompigliati e le guance rosse.
"Non lo so" disse dopo un po' stropicciandosi gli occhi "Trascinati" ipotizzò.
"Se, vabbè" mormorò Alessandro "Aspe" proseguì cercando di sporgersi leggermente in avanti.
Cercò di mettersi appena in equilibrio sulle gambe, con ancora Riccardo buttato di peso su di lui e, con difficoltà, riuscì a prendere le lasagne.
"Siediti però" disse poi mettendogli sotto il naso le lasagne.
Riccardo riaprì gli occhi di colpo "Che profumo" disse ancora con voce impastata.
"Aspetta" proseguì poi mettendosi a gattoni.
"Dove vai?" domandò Alessandro con voce allarmata.
Se non si fidava dei movimenti e delle idee di Riccardo da sano di quelle che poteva prendere e fare da fatto né era terrorizzato.
"Lá" disse indicando il muretto.
"Vuoi buttarti giù?" domandò Alessandro spalancando gli occhi.
"No" mormorò il piccolo bloccandosi a guardarlo "Voglio poggiare le spalle" disse poi e, una volta arrivato lì, si sedette poggiando la schiena al muro.
"Vieni?" disse dopo poco facendo un sorriso dolce.
"E la sedia?" mormorò il più grande indicandola.
"Lasciala la" sorrise il piccolo.

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