capitolo novantotto: da dove avevamo lasciato.

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"Michelangelo per caso hai" prese a parlare Riccardo affacciandosi dal balcone.
Si soffermò, per un solo istante, notando la presenza di Alessandro e sentendo un tuffo al cuore "hai..le chiavi della cantina?" domandò poi cercando di non mostrare di aver perso il filo del discorso.
"Che devi fare con le chiavi della cantina Riccardo?" sbuffò Michelangelo guardandolo male.
Subito dopo, senza farsi notare, cercò di lanciare un'occhiata verso Alessandro, per assicurarsi che stesse bene.
Lo notò a testa bassa, intento a guardarsi le scarpe mentre goffamente si dondolava sui piedi.
"Devo prendere" riprese a parlare il piccolo senza guardarlo.
Approfittando degli occhi bassi di Alessandro stava infatti approfittando della cosa per guardare lui.
"Il vino" finì con un sospiro.
Finire una discussione senza distrarsi o balbettare in quel momento era la più ardua delle imprese ed era felice di esserci riuscito con successo.
"No" rispose il produttore svegliandolo dai suoi pensieri "Il vino lo vado a prendere io" proseguì mostrandogli le chiavi che stava facendo dondolare sulle dita.
"Dai" piagnucolò il ricciolino "Voglio andare io" proseguì.
"No, non sei cosa" rispose Michelangelo mentre si faceva strada verso di lui.
"Quante bottiglie servono?" chiese poi alzando gli occhi al cielo.
"Sei" rispose il piccolo ma si corresse subito dopo notando l'occhiataccia da parte dell'amico "Cinque" disse infatti.
"Due" rispose Michelangelo facendo segno di no con la testa.
"Quattro" propose Riccardo con un sorriso convincente sul volto.
"Due Riccardo, e te le fai bastare" borbottò Michelangelo mentre si faceva strada verso la porta finestra.
"Tre" urlò il piccolo per farsi sentire, quasi pregandolo.
"Okay" sospirò il produttore.
"Tre e una bottiglia di rum?" azzardò Riccardo a quel punto.
"A te la vodka sotto marca non va bene vero?" domandò l'altro ragazzo andando via però senza aspettare alcuna risposta.

Quando Michelangelo fu lontano Alessandro si sentì di colpo irrequieto.
Stare da solo con Riccardo su quel balcone era strano.
Si sentiva come all'interno di una stanza piena di gente, nonostante fosse in realtà all'aperto.
Sentiva quel bisogno di trovare aria, come fosse sott'acqua e in apnea.
Aveva quel bisogno fortissimo di trovare un buco per sgattaiolare via da quella situazione quanto prima.
Quel balcone, dapprima immenso, adesso che era condiviso con Riccardo gli sembrava troppo piccolo per tenerci dentro entrambi.
Alzò lo sguardo per osservare il piccolo e si ritrovò ad incastrare gli occhi nei suoi dato che Riccardo lo stava già guardando.
Entrambi abbassarono lo sguardo di colpo.
"Ciao eh" disse Alessandro d'un tratto, trovandosi a strizzare gli occhi mentre abbassava la testa per tornare a guardarsi le scarpe.
Ma cosa gli era saltato in mente?
Come mai aveva deciso di parlare con lui?
"Ciao" biascicò il piccolo mentre a passi lenti si avvicinava alla ringhiera dal lato opposto rispetto ad Alessandro, per starci lontano il più possibile.
Cercò con cura le successive parole da dire per non lasciar quel fastidioso silenzio libero di divenire sempre più intenso.
"Bella festa eh" disse poi, senza pensarci, e si sentì uno stupido.
Bella festa eh? Sul serio?
Non aveva assolutamente senso che parlassero dopo tutto quel tempo, figuriamoci se aveva senso che parlassero di quella festa.
"Già" rispose il più grande sorridendo appena ma non a Riccardo, rise piuttosto di quella situazione e di quei discorsi.
"Già" ripetè il piccolo mentre si accendeva una sigaretta per il nervosismo improvviso.
"Vuoi?" disse poi porgendo il pacchetto al moro, trovando quella come migliore scusa per portare avanti quel discorso.
Era davvero di scuse per parlare che aveva bisogno? Voleva davvero parlare con Alessandro?
Non si soffermò nel cercare una risposta a quella domanda, sia perché non trovava fosse il caso di saperla davvero, sia perché Alessandro bloccò i suoi pensieri facendo segno di no con la testa.
"Grazie lo stesso" biascicò poi.
La risposta a quella domanda però arrivo lo stesso poco dopo, quando senza pensarci disse altro.
"Non fumi più?" domandò infatti trovandosi a sbuffare piano di fronte all'ovvio.
Anche Alessandro si rese conto di quella palese scusa, trovandosi a sorridere appena, senza farlo notare.
Non significavano molto quelle domanda ma sapere che Riccardo aveva sentito la mancanza della sua voce quanto lui l'aveva sentita della sua era confortante.
"No fumo fumo" disse guardandolo, seppur con difficoltà.
Era strano riguardare quegli occhi che per un mese e mezzo aveva tentato di dimenticare.
Era strano rivedere dal vivo quegli occhi che per due mesi e mezzo gli avevano tormentato il sonno, tatuati dentro le sue palpebre così chiaramente da ricordare senza volerlo e senza il bisogno di sforzarsi.
"Solo che" riprese a parlare dopo un sospiro "non ne ho voglia adesso" finì a voce bassa.
"E neanche di bere" rise nervosamente Riccardo guardandolo solo per un secondo, per poi distogliere subito lo sguardo.
"Neanche di bere" disse le sue stesse parole Alessandro "per ora" proseguì guardandolo.
Riccardo si voltò, posando nuovamente lo sguardo su di lui mentre buttava via il fumo della sigaretta dal naso, per poi aspirare avidamente ancora.
"Perché?"chiese a voce bassa.
Alessandro sentì un brivido corrergli lungo tutta la schiena e si domandò come fosse possibile che discorsi così semplici e privi di contenuto avessero in realtà molto di profondo quando a farli erano loro due.
"Perché sono arrivato da poco" sorrise appena "Perché non ne ho avuto il tempo" disse ancora poggiandosi meglio sulla ringhiera "Perché non so" finì guardando il piccolo.
"Perché non sai" ripetè Riccardo piegando appena la testa, per poi sorridere.
"Perché non so" ripetè Alessandro facendo il suo stesso movimento con la testa.
"E perché non sai?" domandò Riccardo mentre buttava via la cenere dal balcone.
Alessandro la seguì con lo sguardo mentre i brividi gli correvano lungo la schiena in quella notte che sempre più aveva il profumo d'estate.
"Era la più irrilevante tra le motivazioni" sospirò tornando a guardare Riccardo.
Di colpo, nonostante l'imbarazzo palese tra i due, si rese conto di quanto in realtà sembrasse che non si vedessero solo da qualche ora.
Erano passati quasi due mesi ma non sembravano che un paio di ore, come sembrano due mesi interi quella manciata di minuti che stava passando sul balcone con Riccardo.
Di colpo corresse il suo precedente pensiero.
Quando erano assieme il tempo non si fermava come aveva detto sempre, il tempo cambiava solo unità di misura.
Riccardo lo rendeva opposto, facendo diventare i secondi ore, i minuti giorni, le ore settimane e i giorni mesi interi quando eri con lui e invece mesi interi una manciata di minuti quando lui non c'era.
Con Riccardo il tempo non ci capiva più nulla.
Era lui l'unità di misura.
Il tempo si divideva in quello passato senza lui e in quello passato con lui.
Ed era il tempo passato con lui quello di qualità.
"Era la più vera però" rispose il piccolo sorridendo appena.
"Ho cambiato idea" rispose Alessandro allontanandosi dalla ringhiera "Mi sa che mi è venuta voglia di bere" rispose sistemandosi sul muretto di fronte a gambe incrociate, giusto per stagli lontano.
"Colpa mia" rise Riccardo avvicinandosi a passi lenti "Parlo troppo" proseguì poggiandosi sul muretto, molto lontano da Alessandro, per poi accendere un'altra sigaretta.
"Fumi anche tanto" osservò Alessandro non avendo altro da dire che non fosse poi compromettente di quell'innocua osservazione.
"Solo per stasera" rispose Riccardo guardandolo per un secondo, per poi concentrarsi sull'accendino e sulle mani a cono per accendere quella sigaretta.
"Solo per stasera?" domandò Alessandro giocando il suo stesso gioco e si ritrovò a maledirsi subito dopo.
Stavano di nuovo giocando.
Sul serio gli stava permettendo di parlare ancora come se non fosse successo nulla?
Davvero aveva mandato, solo avendo Riccardo di fronte, ogni suo discorso passato a fanculo?
Si era ripromesso di non parlargli più, di non considerarlo, di stargli lontano, di non stare più male per lui.
E invece adesso era lì, a parlare come se nulla fosse, a giocare ancora a quel gioco pericoloso nel quale ogni volta i due inevitabilmente cadevano.
"Solo per stasera" rispose Riccardo con un sorriso furbo.
Quello di sempre, quello che più di tutti conosceva.
Fu così familiare che ad Alessandro destabilizzò. Non vedeva quel sorriso da più di un mese eppure, di colpo, gli sembrò di non vederlo solo dal giorno prima.
Come se di colpo tutto fosse ricominciato proprio da lì dove avevo lasciato in estate.
"E perché?" domandò infatti senza pensarci, entrando nel meccanismo, pensando fosse normale parlare in quel modo.
D'altronde lo avevano sempre fatto, d'altronde era sempre stato così.
'Era sempre stato così' si ripetè.
Da quando tre soli mesi di conoscenza erano divenuti sempre?
Da quando, in soli tre mesi, Riccardo era diventato nella sua vita un "da sempre"?
Gli sembrò, pensandoci bene, che Riccardo fosse davvero nella sua vita dal primo istante.
Come se avesse memoria di lui da quando Riccardo si era presentato, quel pomeriggio in piscina.
Quel nuovo lui era nato quel giorno, il lui che conosce Riccardo.
Di colpo si rese conto che esistevano due lui.
Quello prima di Riccardo e quello da quando c'era Riccardo.
Quale preferiva tra i due?

"Perché" cantilenò il piccolo allungando l'ultima parola giusto per risvegliare Alessandro dai pensieri.
Lo aveva visto, perso chissà dove con lo sguardo, come lo aveva visto tornare con lo sguardo su di lui di seguito al suono della sua voce.
"Perche perché perché" proseguì farfugliando come fosse ubriaco.
"Perché non lo so Ale" disse poi senza rendersi conto di averlo chiamato in quel modo.
Realizzò solo quando il moro alzò lo sguardo, cambiando espressione di seguito a quel nomignolo.
Riccardo non era forse arrabbiato con lui?
Se lo stavano chiedendo entrambi.
"Perché sono arrivato da molto " sorrise appena imitando il discorso precedente del più grande, ma al contrario "Perché  ne ho avuto tutto il tempo" disse ancora alzando il secondo dito "Perché non so" finì guardando Alessandro.
"Perché non sai" ripetè il moro piegando appena la testa, per poi sorridere.
Fece proprio come Riccardo aveva fatto prima, capendo il gioco del ricciolino.
"Perché non so" ripetè il piccolo facendo il suo stesso movimento con la testa.
"E perché non sai?" domandò Alessandro  stando ben attento ad usare le stesse parole di prima.
"Era la più irrilevante tra le motivazioni" rise piccolo.
"Stavi proprio aspettando per dirmi questo" lo guardò Alessandro, scrollando le spalle.
"Si, ho fatto lo stesso discorso per arrivare a questo" cantilenò Riccardo.
"Immaginavo" sopirò il più grande.
"Dammi qua una sigaretta dai" piagnucolò allungano le mani verso il pacchetto che Riccardo teneva in tasca.
"Lo sapevo" urlò il piccolo tutto contento, saltellando con entusiasmo.
Alessandro si ritrovò a sorridere di fronte a quel tanto entusiasmo che gli era così mancato.
"Tieni" sorrise poi dandogliene una.
"Vieni qua" disse il più grande indicando davanti a lui "Fai il cono, c'è vento" disse con la sigaretta tra le labbra.
Riccardo si avvicinò piano e intimidito e fece come detto, rimanendo ad osservarlo.
"Dai" lo rimproverò il moro alzando lo sguardo per guardarlo "Serio" lo invitò a mettere meglio le mani.
"Serio sono" farfugliò il piccolo, guardandolo male.
"Sai mettere le mani in modo da riparami dal vento o no?" domandò il più grande facendo un sorriso furbo, per provocarlo.
"No" sbuffò il ragazzo facendo per allontanarsi.
"Aspetta" mormorò il grande prendendogli i polsi per avvicinare le mani alla sua bocca, dove c'era la sigaretta "Fai le mani in quel modo" disse poi.
Riccardo fece finta di non star tremando sotto quel tocco e sistemò meglio le mani, guidato da Alessandro.
"Ecco" borbottò il ragazzo poi ancora con la sigaretta tra le labbra "Sei stato bravo vedi?" proseguì prendendolo in giro.
Riccardo guardò le mani di Alessandro strette ai suoi polsi e gli venne automatico chiedersi come avesse fatto tutto questo tempo senza quel contatto che bruciava ancora sulla sua pelle.
Come era stato senza quelle mani addosso?
Come aveva superato le notti senza il calore della sua pelle?
Come aveva superato la giornata senza la prese salda di Alessandro sul suo corpo?
Quel contatto gli era mancato, lo capì solo in quel momento.
Allontanò le mani e Alessandro lo lasciò di conseguenza, allontanandosi in imbarazzo.
"Scusa" farfugliò poi il piccolo.
"No scusami tu" disse il più grande allontanandosi.
Tutto quell'imbarazzo era così insolito.
Loro due che fino a poco prima avevano condiviso tutto.
Ma era anche bello.
Significava che a Riccardo importava ancora.

*spazio autore*
scusate l'assenza di ieri ma sono stata ad un instore.
ECCOMI TORNATA.

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