capitolo trentasei: nudo con i brividi.

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Quella notte Riccardo proprio non riusciva a prendere sonno, forse per il tanto sonno recuperato da quando era tornato a casa, forse per i mille pensieri che come al solito gli affollavano la mente.
Non vedeva Alessandro da quasi cinque giorni, aveva iniziato la riabilitazione da tre e tra meno di una settimana sarebbe andato con Michelangelo a casa sua per godersi finalmente un po' la piscina.
Nonostante la mancanza di Alessandro era felice e forse quella notte l'insonnia era solo dovuta a quella sua euforia.
Scese le scale in tutta fretta, per raggiungere la cucina nella speranza di trovare qualcosa da mangiare.
"Riccardo che ci fai sveglio?" sussurrò qualcuno seduto sul divano ed il piccolo, preso alla sprovvista per poco non urlò.
"Mamma" biascicò accendendo la luce.
La donna se ne stava seduta sul divano, con il telecomando tra le mani ed un film a caso che neppure stava guardando.
Al suo fianco aveva una tazza con qualche tisana dentro, le occhiaie scavate dal sonno e un sorriso leggero sul volto.
"Stai bene?" balbettò il piccolo sentendosi di colpo nel panico.
"Si" sussurrò lei in tutta fretta, giusto per farlo calmare all'immediato.
"Si?" chiese lui sedendole accanto.
"Si, non ho solo sonno stanotte" farfugliò la donna sincera.
Si era girata e rigirata nel letto a lungo prima di prendere la decisione di alzasi.
Era forse a causa del caldo ma quel letto non riusciva proprio a sopportarlo quella notte.
"Okay" sussurrò il piccolo sistemandosi meglio sul divano con un gran sorriso.
Era felice di poter condividere quella lunga notte con qualcuno, per riempirla di chiacchiere o di silenzi si, ma almeno condivisi.
"Tu invece?" chiese Carlotta osservandolo meglio.
Il piccolo stava stringendo un cuscino, il mento poggiato sopra, le gambe strette al petto.
Nonostante fossero passati gli anni ai suoi occhi Riccardo sarebbe sempre rimasto un bambino.
Ed era proprio così che lo vedeva in quel momento, come un bambino, il suo bambino.
Ed era come se fossero tornati assieme indietro nel tempo, a quando un Riccardo bambino correndo lungo tutto il corridoio, dopo un brutto sogno, cercava rifugio nel lettone, tra le sue braccia, per affrontare il resto della notte.
Riccardo aveva sempre trovato in lei il coraggio e sperava di poterlo fare anche stanotte, di potersi rifugiare ancora una volta tra le sue braccia per prendere sonno.
"Io penso" farfugliò con voce impastata.
"Pensi?" chiese la mamma avvicinandosi un po' a lui "E a cosa pensi?" disse poi curiosa.
"Ma niente di che mamma, sai che con la testa non sto mai fermo" rise il piccolo sprofondando ancora un po' nel cuscino, come per nascondersi.
"Si" rise con lui la donna "Ma so anche quanto tu sia dormiglione quindi se un pensiero ti leva il sonno significa che nulla non è" lo guardò ancora.
"Le canzoni mi levano il sonno" si difese il piccolo sperando di persuaderla.
"Quelle sono un'altra cosa" rispose rapida lei "Riccardo so quando menti come so quando stai giù e ora so bene che stai facendo entrambe le cose" chiarì.
Riccardo si ritrovò a sospirare rumorosamente, tanto che quel sospiro risuonò quasi come uno sbuffo.
"Se non vuoi dirmelo lo capisco, ma sappi che sono sempre qui" sorrise quindi la donna sperando di fargli capire la sua vicinanza.
La verità era che ultimamente i due parlavano davvero poco.
Da quando Riccardo aveva lasciato la scuola tra di loro le liti non avevano fatto che aumentare.
Le notti intere passate in studio a registrar musica, i pomeriggi passati a dormire..
I ritmi dì Riccardo erano assolutamente cambiati ed era difficile che i due si beccassero per la casa.
Eppure un tempo tra i due le conversazioni erano costanti.
Riccardo correva letteralmente da lei per dire tutto, subito.
Tornato da scuola gettava sempre lo zaino all'ingresso e le si gettava al collo pronto a raccontar qualcosa di nuovo.
Carlotta non riusciva a riconoscere, tornando indietro con la mente, l'esatto momento in cui il suo bambino avesse smesso di essere tale.
Da quando avesse smesso di ricercare in lei una confidente, di aver voglia di raccontare ogni cosa.
Ma la verità era soltanto che le cose da dire erano diminuite di gran lunga semplicemente perché Riccardo non poteva più dirle tutto.
Certamente andava da lei entusiasta come da bimbo per parlare della sua musica, dei suoi progetti. E spuntava sempre con una torta della pasticceria preferita della madre ogni volta che finiva un pezzo.
Ma oltre di ciò non sapeva di cosa parlare.
Forse di quanto avesse bevuto la sera prima?
O di chi avesse rimorchiato in quel locale alle due del mattino?

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