capitolo quarantacinque: solo per 24 ore.

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Un profumo di estate faceva comunque da padrone in quella mattinata nuvolosa.
Nonostante il vento leggero e il sole nascosto però quella giornata apparentemente tranquilla appariva una delle migliori agli occhi di Alessandro e Riccardo che, dopo la fine delle registrazioni, avevano deciso di far una passeggiata al parco.
Michelangelo era tornato a casa con la scusa di "preparare un buon pranzo" ma era chiaro ad entrambi che fosse solo una scusa.
Alessandro era felice all'idea di passare un po' di tempo da solo con il piccolo ma lui no, Riccardo ne era terrorizzato.
L'idea di passare del tempo da solo con il più grande gli toglieva il fiato e non riusciva davvero a capirne il motivo.
"A che ora hai l'aereo?" disse d'un tratto smettendo di camminare.
Era stanco di far giri a vuoto privi di dialogo, era il silenzio a farlo pensare e lui voleva assolutamente coprirlo con chiacchiere che potessero sostituirsi ai suoi pensieri.
"Stanotte" parlò rapido Alessandro fermandosi un po' più in là.
"Solo 24 ore" sussurrò il piccolo tra sé e sé.
"Cosa?" domandò Alessandro avvicinandosi appena per sentirlo meglio.
"Solo 24 ore" ripetè Riccardo a voce più alta "Solo per 24 ore" proseguì dopo uno sbuffo.
"Vorresti fosse di più?" rise il più grande facendo ancora un passo.
Fu quello l'esatto momento in cui il ricciolino, quasi come di seguito ad una scossa elettrica, si sedette sulla panchina, cercando di mettere nuovamente distanza tra i due.
Non lo faceva apposta, quelli non erano gesti volontari.
Lui si ritrovava costretto ad allontanarsi da Alessandro. Lo faceva per autodifesa.
"Vorrei fosse di meno" sbuffò ironico sedendo senza alcuna grazia sulla panchina.
"Non capisco se sei serio" gli si piazzò davanti in più grande.
Aveva le braccia strette ai fianchi ed un'espressione corrugata sotto gli occhiali da sole.
"Perché?" domandò Riccardo guardandolo dalla testa ai piedi.
Il pantalone largo sembrava evidenziare una notevole perdita di peso, ma di questo non ne era certo, forse era soltanto a causa di quel pantalone immenso.
Una canottiera bianca più corta del previsto mostrava un pezzo del suo ventre, appena sotto l'ombelico.
I suoi occhi si vedevano appena a causa degli occhiali da sole scuri ma erano comunque fissi su di lui, questo Riccardo potè giurarlo.
Li avrebbe sentiti addosso anche di spalle, anche lontano.
Il modo in cui bruciavano sulla sua pelle era una sensazione fin troppo riconoscibile.
"Perché sei strano" biascicò Alessandro osservandolo meglio.
Sul volto aveva il solito sorriso, gli occhi erano sempre gli stessi eppure nulla gli faceva togliere dalla testa che quel ragazzo avesse qualche problema nei suoi confronti.
"Non sono strano" sussurrò il piccolo, mentendo spudoratamente.
"Si?" domandò Alessandro iniziando a guardare altrove.
"Togli gli occhiali" parlò di colpo Riccardo svegliandolo dai suoi pensieri.
"Perché?" domandò il più grande tornando a guardarlo.
Adesso il ricciolino si era sporto in avanti, più vicino a lui, e teneva i gomiti sulle ginocchia.
Che fosse bello Alessandro non avrebbe mai potuto smettere di pensarlo.
"Perché ti voglio guardare in faccia" rise appena il piccolo.
"E perché?" chiese ancora il ragazzo avvicinandosi un po' al sul volto, forse per provocazione.
Non sapeva bene il motivo dei suoi gesti quando era con il piccolo.
Non erano mai calcolati, mai decisi, mai possibili da spiegare.
Con Riccardo di fronte a lui qualsiasi cosa veniva automatica.
"Perché" prese a parlare Riccardo e dovette usare tutta la forza che aveva in corpo per non allontanarsi. Farlo avrebbe dato riposta ad Alessandro e lui non voleva concedergli certe soddisfazioni.
"Perché?" disse infatti il più grande approfittando di quel suo momento di cedimento.
"Perché voglio guardarti negli occhi" disse Riccardo in un sospiro per poi, con un sorriso fiero, ripogiare le spalle sulla spalliera della panchina. "Come tu fai con me" rise poi mettendo le mani dietro la testa.
"Come io faccio con te" parlò piano Alessandro tornando in posizione eretta "In effetti" proseguì poi sedendogli accanto.
"Li tolgo si" parlò poi guardando l'altro ragazzo "Se mi garantisci che è tutto okay" finì.
Il sorriso di Riccardo scomparve di colpo e ciò non passò inosservato egli occhi di Alessandro.
"Okay" sbuffò Riccardo stanco.
Se non avesse parlato sicuramente l'altro ragazzo lo avrebbe tormentato per il resto della giornata e non era di certo così che voleva passare quelle poche ore con lui.
"Sono solo intimorito da te" disse talmente tanto rapidamente che il più grande dovette prestare su di lui la sua totale attenzione.
Tolse gli occhiali da sole quasi di conseguenza, ostinato a guardarlo meglio negli occhi.
"Intimorito da me?" domandò confuso.
"Si" biascicò il piccolo accennando un sorriso timido.
Era questa la strana cosa che c'era nel sul volto da quando Alessandro era tornato.
Fu palese agli occhi del più grande solo in quel momento e né fu investito.
Riccardo era di colpo timido di fronte a lui.
"Perché?" si ritrovò a domandare allarmato.
"Perché continui a sembrare quello che sa cosa vuole" piagnucolò quasi Riccardo.
La verità era che vederlo così sicuro di sé era spaventoso.
Alessandro sapeva sempre ciò che voleva, lui non ne aveva la più pallida idea.
"E tu non lo sei? È quello il punto?" domandò Alessandro alzando un sopracciglio.
Riccardo si limitò a far cenno di sì con la testa due o tre volte.
"E quindi ti faccio paura" proseguì avvicinandosi appena.
Riccardo lo osservo attentamente, né un sorriso furbo, né occhi fieri e vittoriosi.
Alessandro lo stava guardando con calma e comprensione.
Sentì di colpo tutto il corpo sciogliersi da quei nervi e sorridere fu automatico.
Che senso aveva essere timido con lui?
Lui era sempre lo stesso, nulla era cambiato in quelle due settimane.
"Sono stupido, sta zitto lo so" scoppiò a ridere il piccolo.
"Non sto dicendo nulla" alzò le mani in segno di resa Alessandro "Stai facendo tutto tu" rise.
"Avresti voluto dirlo" lo indicò Riccardo ridendo ancora.
Il più grande sentì il cuore farsi più leggero. Vederlo nuovamente ridere gli fece bene.
"No" tornò poi serio.
Era deciso a dir ciò che stava per dire con tutta la serietà possibile. Voleva che Riccardo capisse bene.
"Non sei stupido per nulla" disse rapido ricevendo un sorriso dal piccolo.
"E non sono uno che sa ciò che vuole, mai e poi mai" proseguì "non so mai ciò che voglio Riccardo, mi terrorizza ogni cosa" sussurrò.
"Ah si?" domandò il più piccolo sentendosi di colpo più tranquillo.
Sapere che non era l'unico ad aver paura di quello che c'era tra loro lo rassicurò.
"Si" rispose Alessandro "io ho paura di questa cosa tanto quanto te, ma abbiamo tutto il tempo" finì sorridendo.
"Okay" sorrise il piccolo saltando di nuovo in piedi "Ma per ora abbiamo solo 24 ore, quindi passeggiata, subito" rise indicando la strada.
"Passeggiata" sospirò Alessandro mettendosi in piedi.
"E questi li dai a me" proseguì Riccardo prendendogli gli occhiali da sole dalla testa.
"Ora chiedi troppo Riccardo" si lamentò lui cercando di riprenderli.
Il piccolo iniziò a correre, per poi fermarsi più lontano dondolando gli occhiali con la mano.
"Prenditeli" rise furbo.
"Non voglio correre Riccardo" disse annoiato il più grande "Riccardo" urlò poi notando che questo aveva iniziato a correre.
Alessandro alzò gli occhi al cielo e lasciò scivolare le braccia sui fianchi, stanco.
"Sei un bambino" urlò prima di iniziare a rincorrerlo.

*spazio autore*
Giuro che tra oggi e domani risospendo ai commenti.
So di essere un po' assente per ora ma sto facendo un sacco di cose e HO POCHISSIMO TEMPO.
vi voglio tanto bene <3

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