capitolo ventisette: accetterei anche una bugia.

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Il pomeriggio era proseguito tra alcol e inutili festeggiamenti.
In realtà ogni brindisi era fatto puramente a caso per il puro gusto di trovare una spiegazione a quella sbronza delle diciassette e trenta di un pomeriggio estivo tra tanti.
Il sole aiutò anche, portando i tre a finire vergognosamente sbronzi del giro di venti minuti.
Michelangelo e Alessandro tornarono in piscina mentre Riccardo, pieno di tristezza, si mise semplicemente a passeggiare per il giardino mentre, di tanto in tanto, era costretto a sopportare le prese in giro degli altri due.
Adesso Alessandro e Riccardo si trovavano in giardino a far nuovamente compagnia alla notte, intenti nella loro ormai usanza comune: la sigaretta di mezzanotte.
Dopo cena infatti, forse presi ancora dalla sbronza, avevano deciso di iniziare a lavorare sul pezzo dal giorno seguente e quindi anche Michelangelo si era aggiunto alla nuova e strana abitudine del "dormiamo tutti da Alessandro".
Si trovava sul divano adesso, mentre i due stavano fuori, crollato già in un sonno pesantissimo.
"Tanto ci sveglierà presto" fu Riccardo il primo a parlare.
Quello strano silenzio non gli stava piacendo e condividere una sigaretta senza accompagnarla a dei discorsi non gli era mai piaciuto.
A maggior ragione con Alessandro.
Odiava i silenzi tra lui e Alessandro perché erano sempre vuoti di parole si, ma pieni di altro.
Il modo in cui gli occhi del più grande gli correvano addosso riusciva ad estrapolare più informazioni in lui rispetto a qualsiasi altro discorso profondo.
Preferiva coprirli quei silenzi, coprire con parole quegli sguardi di troppo. Gli faceva sentire l'anima al sicuro lo scudo delle parole.
"Lo so" sbuffò Alessandro buttando via il fumo dalle narici "Potremmo chiudere a chiave la porta" fece poi spallucce.
"Pensi non sappia bussare?" lo guardò per un secondo Riccardo per poi sporgersi un po' per gettare la cenere nel contenitore.
"Potremmo tagliargli le mani" scrollò le spalle ancora il più grande per poi far lo stesso gesto del più piccolo, buttando la cenere nel contenitore troppo lontano.
Fu l'espressione seria che aveva assunto in quella frase a renderla più divertente rispetto a quanto lo fosse. Riccardo scoppiò inevitabilmente in una fragorosa risata.
"Shh" si sporse in avanti Alessandro coprendogli la bocca con la mano per soffocare la risata "Shh o lo sveglierai" proseguì trattenendo una risata.
Riccardo si zittì ma non perché chiesto, piuttosto a causa della vicinanza tra i due.
Si maledisse mentalmente per la sua terribile capacità di rovinare momenti belli come quello.
Anche quando il più grande si comportava da amico con lui ecco che Riccardo metteva imbarazzo imbarazzandosi.
E non sapeva neppure per quale assurdo motivo lo provasse quell'imbarazzo.
"Meglio" bisbigliò il piccolo liberandosi da quella mano "Almeno domani dorme di più" finì facendo spalancare gli occhi ad Alessandro.
"Giusto dovevamo tenerlo sveglio" disse infatti come sé quella fosse la migliore delle idee.
"Ma saremmo stati svegli anche noi, sarebbe stato inutile" scrollò le spalle il piccolo facendo sbarrare ancora gli occhi ad Alessandro.
"Giusto, non c'ho pensato" disse infatti come travolto dall'ennesima ideona.
"Alessandro sei ubriaco" biascicò il riccio trattenendo una risata soffocata.
"Sei anche tu ubriaco" rise il moro tornado a fumare la sua sigaretta.
"Si ma so gestirla la cosa" mormorò severo Riccardo.
"Stai insinuando che io non sappia gestire una sbornia?" si fece serio il più grande alzando un sopracciglio.
"Si" lo guardò il piccolo "non lo sto solo insinuando" disse poi serio.
Si vedeva bene avesse sul volto un cenno di sorriso furbo, quasi impercettibile, mascherato da quell'espressione seria.
"Potresti giurarlo?" proseguì Alessandro avvicinandosi pericolosamente.
"Si" disse rapido il piccolo spostandosi un po' con la scusa di spegnere la sigaretta sul posacenere.
"Quindi non faresti cazzate in questo momento?" chiese Alessandro restandogli vicino.
"Non mi serve essere ubriaco per far cazzate" parlò piano il riccio sentendo di colpo l'ansia crescere.
Di solito l'alcol lo aiutava a smettere di pensare invece questa volta no, questa volta aveva soltanto abbeverato i suoi pensieri facendoli soltanto crescere, germogliare.
Alessandro invece, al contrario del solito, sentiva la mente completamente libera e fluida.
Zero pensieri, nessun tipo di freno.
"Stai insinuando che quel bacio sia stato una cazzata?" chiese Alessandro sentendo un improvviso dolore al petto.
"Non siamo nella stanza" osservò Riccardo guardandosi attorno come spaventato all'idea che Michelangelo si fosse potuto svegliare e fosse lì ad ascoltare.
"Andiamo in stanza allora" si alzò il moro porgendogli la mano.
"No Alessandro" borbottò Riccardo abbassando la testa.
"È comunque li che devi dormire" proseguì il grande sempre più offeso da quello strano rifiuto.
Non che si aspettare che succedesse qualsiasi cosa, ma evitare addirittura di andare in stanza era strano e lo feriva.
"Non ho detto di non voler venire nella tua stanza" lo guardò di colpo Riccardo.
Gli occhi grandi gli luccicavano al buio, e ora più che mai, sembravano spaventati, spaesati e confusi.
L'alcol aveva reso le sue guance rosse come la la punta del naso e ciò lo rendeva dolce.
"Non ti sto proponendo nulla" scrollò le spalle il più grande per poi abbassarsi, mettendosi in bilico sulle gambe, per guardare in faccia Riccardo.
"Non farò mai nulla che tu non voglia fare" proseguì poi sentendo la rabbia mano a mano diminuire di fronte alla paura negli occhi del ricciolino.
"Lo so" sussurrò il piccolo abbassando la testa.
"Penso di avertelo dimostrato, hai fatto tu il primo passo qualche giorno fa" parlò piano Alessandro alzandogli il mento con due dita.
Si ritrovò a sorridere con dolcezza davanti a quello sguardo dolce del piccolo, facendolo ridere di conseguenza.
Si stava meravigliando di sé stesso e del suo nuovo modo di reagire alle cose.
Si sarebbe arrabbiato in qualsiasi altra circostanza, con qualsiasi altra persona ma con Riccardo no, con lui sembrava essere tutto più semplice.
"Si lo so" disse rapido Riccardo.
Sentiva l'ansia diminuire adesso che Alessandro gli era vicino, per quanto la cosa fosse un controsenso.
Aveva paura di quel contatto eppure si sentiva meglio quando avveniva.
Come se accanto a quel ragazzo ogni cosa si sistemasse, persino i battiti del suo cuore.
"E allora?" chiese il moro alzando un sopracciglio.
Era sollevato all'idea di non averlo messo sotto pressione in alcun modo, neppure per sbaglio.
"Allora ho paura di quello che posso fare io" fu sincero Riccardo.
Non lo avrebbe mai fatto se non fosse stato per la grandissima quantità di alcol nel suo corpo.
"Perché hai paura?" chiese Alessandro mettendosi a sedere sulle mattonelle fredde.
"Non lo so" biascicò il piccolo abbassando la testa.
"Non devi vergognarti quando sei con me Riccardo, non lo fare" gli alzò di nuovo il mento con le dita costringendolo ad incrociare gli sguardi "Non abbassare neppure lo sguardo, voglio che mi guardi quando parli" finì con un sorriso sincero.
"Non è facile" sussurrò il piccolo nonostante si sentisse confortato da quegli occhi gentili del moro in quel momento.
"Lo so, lo so che non è facile" parlò piano Alessandro "ma fallo per me" finì.
"Okay" deglutì nervosamente il ricciolino sentendo il suo respiro farsi irregolare.
"Dimmi quindi, di cosa hai paura?" tornò a parlare il grande.
Riccardo fu costretto a sospirare un paio di volte, analizzando se fosse giusto o no intraprendere quella discussione.
L'alcol gli confondeva il cervello più di quanto avrebbe dovuto e trovare le parole giuste da dire era strano e difficile.
Ma la verità era che dar la colpa all'alcol era soltanto la cosa più comoda da fare, quando in realtà le parole giuste non esistevano e basta in quel momento.
"Non so che parole usare" disse piano Riccardo.
"Usa quelle che ti vengono, proverò a capirti lo stesso" gli sorrise il moro.
"Va bene" borbottò il piccolo costringendosi a non abbassare lo sguardo "È solo che provo cose strane e non riesco a non provocarti, a non fare battute a non..non..non lo so" si bloccò di colpo.
'a non pensare alle tue labbra' avrebbe voluto dire ma fu felice di fermarsi in tempo nonostante la poca lucidità.
"Non lo sai?" chiese Alessandro cercando di non far strane espressioni sul volto che potessero essere fraintese.
Rimase con la solita espressione piatta incollata sul volto, faticando comunque a nascondere un sorriso.
Sentirsi dire quelle cose era inspiegabilmente appagante.
"Tu non hai paura Alessandro?" piagnucolò Riccardo abbassando nuovamente la testa.
Ma si costrinse subito ad alzarla, certo che le mani sul volto dal più grande non le avrebbe sopportate ancora una volta.
"Si" disse semplicemente il moro.
"Solo si?" chiese il piccolo confuso.
La verità era però che Alessandro non trovava parole per spiegare quello che sentiva, piuttosto adesso la sua lingua era incollata al palato, la bocca asciutta, la gola gli pizzicava.
"No" disse poi non riuscendo a non parlare a monosillabi "Non solo si" disse ancora boccheggiando.
Parlare era difficile e ancor di più prendere fiato.
Riccardo, notando una goccia di sudore sulla sua fronte, gli poggiò una mano sulla gamba, sorridendo.
Ecco che sotto quel tocco, ancora una volta, Alessandro si distese.
Come poteva prendere di volergli stare lontano se riusciva a stare meglio solo avendolo vicino?
Era assurdo come colui che provocava in lui quei brividi era lo stesso a riuscire a interromperli.
Era assurdo il modo in cui quei tocchi gli provocassero agitazione, pace e eccitazione allo stesso momento.
"Ho paura si" sospirò Alessandro deciso a parlare "Non sono più abituato ad affezionarmi così in fretta" disse poi con voce rauca.
"Non sei affezionato o non lo vuoi fare?" chiese Riccardo scrollando le spalle.
"Inutile che ti dica che non voglio, poi lo faccio lo stesso senza rendermene conto" si lamentò Alessandro alzando gli occhi al cielo.
"Però comunque non vuoi" si affrettò a rispondere il riccio.
"Ho anche paura del modo in cui mi leggi dentro" sussurrò esausto il più grande.
Notò lo sguardo di Riccardo accendersi di colpo.
"Hai detto che sei tu a permettermelo" parlò il piccolo con un sorriso furbo sul volto.
Si riferiva a qualche giorno prima, quando aveva detto che ogni cosa che Riccardo recepiva era soltanto perché voluto da lui.
Vide Alessandro sospirare "Si, è vero, ma a volte capita che te lo permette senza rendermene conto" fece spallucce.
"È un modo dignitoso per dire che ti sei appena tradito con le tue stesse parole?" scoppiò a ridere il piccolo.
"Una cosa del genere, si" rise anche Alessandro.
"Va bene, farò finta di non averti sentito" proseguì il ragazzo con un sorriso furbo tra le labbra.
"Va bene grazie" disse il più grande con un finto tono sollevato.
"Possiamo andare a dormire adesso?" proseguì poi lasciandosi scappare uno sbadiglio.
Era stanco, di colpo, come se tutta la stanchezza accumulata nelle ultime notti insonni gli fosse piombata addosso tutta in una volta.
"No" parlò rapido Riccardo "prima finiamo questo discorso ti prego" lo guardò.
Alessandro si limitò a far un cenno, sicuro di poter combattere quel sonno pur di finire quel discorso, pur di tranquillizzare il piccolo.
"Dimmi" fece un sospiro.
"Non so cosa dire" piagnucolò il piccolo stropicciandosi gli occhi per poi sbadigliare a causa dello sbadiglio precedente dell'altro ragazzo.
"Cosa vuoi sentirti dire allora?" proseguì il grande con un altro sorriso.
Sentiva il cuore battere forte ma non lo diede a vedere, consapevole del fatto che al momento la cosa più importante fosse Riccardo.
Voleva rassicurarlo, fargli capire che c'era per lui.
"Cosa sta succedendo?" parlò rapido Riccardo "tra me e te intendo" proseguì indicando prima lui e poi l'altro ragazzo.
"Non lo so" fu sincero Alessandro "sono confuso proprio come te"
"Perché?" esclamò il piccolo a voce più alta "Tu dovresti saperlo" finì abbassando la testa.
"Perché dovrei saperlo? Perché sono gay?" lo guardò male Alessandro.
Riccardo solo a quel punto trovò opportuno rialzare lo sguardo.
"Non sto dicendo questo Alessandro non fare il caga cazzo" sbuffò "Non lo direi mai"
"L'altro giorno hai inteso questo quando hai detto che facevo passi avanti solo io verso di te, povero etero costretto ad avance non desiderate" ricordò e di colpo una strana rabbia lo pervase. Riuscì a trattenerla a stento, certo che se soltanto le avesse permesso di uscir fuori sarebbe soltanto risultato immaturo.
"Ti ho chiesto scusa" lo guardò di colpo il piccolo.
"Lo so, scusami tu" sospirò Alessandro "È solo che non so quanto te cosa stia succedendo" disse poi rapido.
Fu lui ad abbassare la testa questa volta, stanco delle occhiate di Riccardo.
"Cosa facciamo?" parlò poi il più piccolo abbassandosi un po' per riuscire a incrociare il suo sguardo.
Il modo in cui ogni volta quel ragazzino invadesse il suo campo visivo era estenuante ma gli faceva venire il sorriso.
Alessandro non avrebbe sopportato quella cosa da nessun altro se non da lui.
"Allora" parlò Alessandro tornando a guardarlo "Dopo questa settimana io parto per un po'" parlò piano il moro e non poté fare a meno di notare il modo in cui lo sguardo di Riccardo si fece cupo.
"Come parti?" chiese infatti con voce da bimbo.
"Si, ho prenotato con amici mesi e mesi fa" parlò rapido Alessandro.
Riccardo lo vide quasi scusarsi con lo sguardo, anche se farlo non aveva senso.
Stava giustamente partendo per le vacanze estive perché dispiacersene?
Eppure per quanto il piccolo si ripetesse in testa quelle parole, esclusivamente per convincersene, la delusione e la rabbia stavano crescendo in lui secondo dopo secondo.
Gli aveva già dedicato troppo tempo eppure gli faceva male sapere che non lo avrebbe rivisto.
"Quanto starai via?" domandò il piccolo ancora, sempre con la stessa voce.
"Tutto agosto, poi qualcosa a settembre ma prima torno" disse rapidamente Alessandro.
"Va bene" parlò piano il piccolo con l'umore a terra.
Il cambio improvviso di umore fu palese agli occhi di Alessandro che, dolcemente, gli poggio la mano sul braccio accarezzandolo.
"Ci può fare bene sai?" gli sorrise appena il moro "Volevi sapere cosa dovessimo fare, magari stando lontani possiamo capire" disse ancora.
"Dici?" lo guardò nuovamente Riccardo.
Adesso gli occhi sembravano più sorridenti e il volto non era più contratto come prima.
"Si" disse convinto Alessandro "aiuta a schiarire la mente non vederci per un po'" parlò rapido.
Sentiva il cuore farsi piccolo piccolo per il dolore che stava sentendo.
"Non ci vedremo più tanto" borbottò Riccardo alzandosi.
"Ehi no" lo raggiunse il più grande prendendolo per il braccio "Stiamo facendo  musica assieme, vedi quello come pretesto" mormorò.
"E come la portiamo avanti scusa? Se siamo distanti" lo guardò Riccardo di colpo stanco.
Voleva finire quel discorso quanto prima ed andarsene a dormire.
"Io scrivo il mio pezzo tu il tuo, quando torno ci vediamo e proseguiamo" gli sorrise Alessandro.
Ecco che Riccardo sembrò tornare sereno.
"Okay" si limitò a fare spallucce.
"Solo okay?" chiese Alessandro alzando un sopracciglio.
"Basta okay" proseguì il riccio "Ci siamo detti tutto con lo sguardo" disse poi entrando in casa.
Alessandro gli corse letteralmente dietro.
"Cosa ci siamo detti?" sussurrò a voce strozzata lungo il corridoio.
"Quello che dovevamo dirci" disse rapido Riccardo.
"Ma cosa?" piagnucolò Alessandro disperato.
Fu felice di chiudersi la porta della camera da letto alle spalle, sollevato all'idea di poter parlare di nuovo a voce alta.
"Io ho capito" proseguì il piccolo togliendo la maglietta.
La prima cosa che guardò fu il più grande che, ancora sulla porta, sembrava non stesse respirando.
Avere gli occhi di Alessandro su di lui era appagante e lo era ancor di più l'idea di quello sguardo comune.
Sapere che anche Alessandro non riusciva a smettere di correre con lo sguardo lungo il suo petto nudo era un modo, anche se non avesse senso, di giustificare il modo in cui lo aveva guardato prima a bordo piscina.
"Cosa?" balbettò quasi il più grande ancora schiacciato contro la porta.
Aveva lo sguardo intrappolato nel corpo del piccolo e risultò impossibile smettere di osservarlo.
"Tu non te ne andrai facilmente" rise il piccolo coricandosi.
"Ah si? E cosa te lo fa credere?" lo guardò perplesso il più grande allontanandosi finalmente dalla porta.
"Il modo in cui mi guardi" lo guardò con sguardo furbo il piccolo.
"E i miei occhi ti hanno detto qualcosa?" chiese poi mettendo le mani dietro la testa.
"Quindi adesso secondo te parliamo con gli sguardi?" disse il moro coricandosi sul letto.
"Non lo abbiamo sempre fatto?" osservò Riccardo facendogli fare un cenno.
"Quindi?" proseguì il piccolo curioso "Cosa ti hanno detto i miei occhi?" rise appena.
"Che ci vediamo a settembre" rise furbo il più grande.
In realtà era una cosa che sperava accadesse seppur certo che non sarebbe successo.
Insomma, Riccardo era coinvolto al momento ma non sarebbe stato così più avanti.
La distanza tra i due gli avrebbe sicuramente creato pensieri contrastanti per poi portarlo a pentirsene di ogni cosa.
I messaggi tra i due sarebbero mano a mano andati diminuendo e poi, di colpo, Riccardo sarebbe scomparso dalla sua vita lasciandogli un vuoto.
Sentì nuovamente il petto stringersi.
"Vieni qui?" chiese allargando le braccia.
Aveva bisogno di sentir Riccardo vicino in quel momento.
"Okay" sospirò il piccolo coricandosi sul suo petto.
In silenzio si lasciò coccolare da quelle mani delicate che avevano iniziato a corrergli sui capelli, arricciando con le dita affusolate i ricci e fungendo da pettine ai suoi nodi.
"Se fai così mi addormento" parlo con voce impastata il piccolo.
"Allora buonanotte" rise piano Alessandro.
Riccardo sentì la sua pancia e il suo petto fare su e giù e si sentì felice all'idea di aver sentito quella risata da vicino, come se ci fosse dentro.
"Buonanotte" sussurrò per poi abbandonarsi mano a mano ad un sonno troppo forte da evitare.
Alessandro si ritrovò a sorridere, felice di aver Riccardo addosso almeno per quella notte.
Sarebbe potuta essere anche l'unica e al momento poco gli importava.
Gli bastava averlo accanto, pensare che quella notte fosse una delle tante o che non finisse mai.
L'illusione che quella sarebbe stata solo una delle loro tante notti gli bastava.
Era vero, avrebbe accettato persino una bugia pur di stargli accanto.
Con questo pensiero trovò finalmente sonno.

*spazio autore*
ECCOMI, nuovo capitolo appena in tempo.
sono felice oggi, c'è il sole e pomeriggio c'è l'intervista di quei due bimbi di radio italia.
Grazie ancora per i complimenti, entro oggi rispondo a tutti.
bacini

•come lo Yin e lo Yang•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora