capitolo ottanta: la strada verso casa.

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"Oh" parlò dopo un po' Riccardo.
Aveva preferito stare in silenzio, rispettando il silenzio di Alessandro, per quasi tutto il tragitto e adesso, adesso che stava riconoscendo in quelle strade vie già percorse decise di dire qualcosa prima di arrivare a casa.
Alessandro stava piangendo, visibilmente.
Ma non era uno di quei pianti disperati, era quasi nascosto, quasi non voluto.
Le lacrime scendevano libere sul volto, leggere, lontane le une dalle altre, sofferte.
E il ragazzo le lasciava correre solo fino agli zigomi dove le catturava poi nella manica della sua camicia.
"Tutto bene?" parlò Riccardo ancora, e gli si avvicinò dopo un sospiro.
"Si" rispose rapido Alessandro riprendendo a guardarlo "Piuttosto tu" proseguì dopo qualche istante.
Stava esaminando il suo volto in silenzio, chiedendosi da dove mai fosse uscito tutto quel sangue ormai secco.
"Tu come stai?" sospirò tornando a guardare la strada.
Osservare il volto di Riccardo gli faceva male e la verità era che in quel momento non voleva, in alcun modo, provare ulteriore dolore.
"Si, io sto bene, non deve importanti di come sto io adesso" sbuffò il piccolo guardandolo.
"Invece si" sussurrò il ragazzo "Avrei dovuto assicurarmi che stessi bene piuttosto che piangermi addosso tutto il tempo" disse fermandosi in mezzo alla strada.
Riccardo si voltò a guardarlo poco dopo, allargando le braccia, come chiedendosi cosa stesse facendo.
"Quindi era questo il motivo della lite tra voi due" decise di dire poco dopo, senza avvicinarsi ad Alessandro.
"Si" lo guardò Alessandro ma solo per poco, infatti dopo qualche secondo abbassò nuovamente la testa.
"Avresti potuto dirmelo" disse ancora Riccardo.
"Non volevo farti sentire in colpa" piagnucolò il più grande guardandolo.
"Pensi che non mi ci senta in colpa adesso?" allargò ancora le braccia il ricciolino.
"Non volevo lo venissi a sapere così" disse sincero Alessandro, facendo qualche passo avanti ma non abbastanza.
Non aveva il coraggio di avvicinarsi a lui chissà quanto, ancora terrorizzato all'idea che potesse essere arrabbiato con lui.
"Non pensavi che sarebbe potuto uscire fuori comunque?" domandò ancora Riccardo e vide il moro limitarsi a fare spallucce.
"Io te l'ho chiesto più volte, avevi mille occasioni per dirmelo" proseguì il piccolo.
Manteneva un tono abbastanza dolce nonostante fosse piuttosto infastidito da quella situazione.
Non voleva in alcun modo aggredirlo, non dopo tutto ciò che era già accaduto.
"Richi" parlò Alessandro tornando a guardarlo.
"Si?" domandò il piccolo guardandolo meglio.
"Sei arrabbiato con me?" farfugliò il moro guardandosi le scarpe.
Stava nervosamente muovendo il piede per terra, tanto da creare un solco sulla terra che c'era.
"Cosa?" domandò Riccardo avvicinandosi a lui.
"Sei arrabbiato con me?" domandò nuovamente Alessandro.
"Guardami" disse rapido il piccolo fermandosi di fronte a lui e incrociando le braccia.
Il più grande, dopo qualche istante, fece come detto e si ritrovò a rabbrividire ancora sotto quello sguardo.
"Ti sto guardando" disse dopo un po', sperando di fargli dire altro perché, di starsene in silenzio e sostenere quello sguardo non ne aveva voglia.
"Ti sembro arrabbiato con te?" domandò il ricciolino alzando un sopracciglio.
"No" fu sincero Alessandro.
Prima di rispondere aveva esaminato il volto del più piccolo con molta attenzione, studiando ogni espressione, cercando risposta in ogni dettaglio.
"E allora perché dovrei esserlo?" parlò ancora Riccardo, per poi sorridergli dolcemente.
"Perché avrei dovuto dirtelo" sussurrò il moro "Perché avrei dovuto prendere quello a schiaffi prima" proseguì.
"Ehi" disse Riccardo prendendolo per le spalle.
Per la prima volta Alessandro, seppur fosse più alto di lui, sembrava così piccolo sotto ai suoi occhi.
Era come se di colpo si fosse abbassato di qualche centimetro, come se fosse diventato tanto piccolo da tenerlo facilmente per le spalle.
Riccardo sentì crescere dentro di lui un gran bisogno di abbracciarlo ma si trattenne.
Sentiva un senso di protezione sempre maggiore verso Alessandro.
"Non importa" sussurrò ancora mentre gli accarezzava i lati delle braccia "Importa solo che tu stia bene, che io stia bene e che siamo quasi a casa" sorrise.
"Tu non stai bene" sbuffò Alessandro abbassando nuovamente lo sguardo "Se stessi bene io avrei il coraggio di guardarti in faccia"
"Pensi che quelli siano stati i primi pugni che ho preso e che ho dato?" domandò Riccardo abbassando la testa alla ricerca del sul sguardo.
"Ho fatto a pugni per cose meno importanti di questa" proseguì cercando di rassicurarlo.
'Importante' aveva appena detto Riccardo parlando di una faccenda che riguardava loro due.
Aveva appena definito 'importante' ciò che loro erano, qualsiasi cosa fossero.
Fu questo a rimettere di buon umore Alessandro, più di qualsiasi altra parola di conforto che Riccardo stava cercando di riservargli.
"Tipo?" domandò guardandolo di nuovo, questa volta con più facilità.
"Tipo perché quello passando mi aveva toccato il sellino della bici ai Navigli" fece spallucce il ragazzo per poi lasciargli le spalle, e riprendere a camminare con le mani in tasca.
"Sul serio?" domandò Alessandro scoppiando a ridere, per poi seguirlo.
"Si, e questo non è niente" proseguì il ragazzo felice di sentirlo ridere.
"Racconta" disse Alessandro affrettando il passo per camminargli accanto.
"Non mi sembra il momento" lo guardò Riccardo.
"A me si" disse Alessandro mettendo le braccia dietro la schiena e unendo le mani, proprio come se fosse un vecchietto al cantiere.
"Dimmi" proseguì per poi dargli un colpo con la spalla, spingendolo un po'.
Riccardo fece lo stesso "Okay" disse poi prendendolo per la spalla per non farlo cadere.
"Ma che fai?" disse guardandolo "Quanto cazzo sei ubriaco?" proseguì ricevendo solo una risata di risposta da Alessandro.
"Tanto" disse a quel punto, prendendo quella risata già come una risposta.
"Tanto" ripetè Alessandro avvicinandosi di nuovo a lui e dandogli un'altra spallata, seppur leggera.
La usò come una scusa per poggiarsi su di lui, per lasciarsi scivolare appena sulla sua schiena, poggiando il mento sulle sue spalle e iniziando a camminare piano, usando Riccardo come muro al quale reggersi.
"Ti levi?" disse il piccolo facendo per spostarsi ma Alessandro, intenzionato a non staccarsi da quel contatto che tanto aveva desiderato nel tempo in cui erano stati distanti, lo prese per il collo poggiandosi ancora di più su di lui.
"No" disse piano, con un sorriso tra le labbra talmente palese che Riccardo, senza neppure vederlo, ne fu certo lo stesso.
"Racconta" borbottò poi mentre lasciava scivolare le mani giù, sul suo petto, stringendolo in un abbraccio da dietro.
Riccardo, a causa del peso di Alessandro, prese a camminare goffamente.
"Una volta ho pestato uno perché mi aveva chiesto dove avessi comprato la maglietta" disse cercando di ricordare.
"Ma davvero?" rise Alessandro ricevendo un cenno dal piccolo.
"Ma perché?" proseguì a voce un po' troppo alta.
"L'orecchio" si lamentò Riccardo spostando appena la testa "Comunque non lo so, ero ubriaco e mi ha dato fastidio che volesse comparsi la mia stessa maglietta" disse sincero.
Sentì Alessandro ridere ancora e il cuore si fece più leggero al pensiero che lui stesse meglio.
"Ancora ancora" disse poi con una voce da bambino mentre saltellava, tenendosi comunque alle spalle di Riccardo che si ritrovò a ridere.
"Okay" disse cercando di farlo fermare "Okay ma sta buono" proseguì.
Era strano il modo in cui, per la prima volta, fosse lui a far il lavoro che di solito faceva Alessandro.
Era sempre lui quello da fermare, da reggere perché ubriaco, da intrattenere.
Era sempre stato lui il bambino della situazione e Alessandro, pazientemente, lo aveva sempre assecondato.
Ma quella sera la situazione si era capovolta completamente.
Era Alessandro, a causa dell'alcol, ad essere quello da intrattenere e da tenere a bada.
"Ancora?" domandò il piccolo voltandosi e ritrovandosi a sorridere.
Alessandro se ne stava poggiato totalmente su di lui, mentre a malapena si reggeva sulle gambe, avvolto ancora al sul collo nonostante lui si fosse voltato.
Lo guardava con gli occhi con i quali un bambino guarda il suo cartone animato preferito, e con il sorriso di chi ha appena visto
la cosa più bella del mondo.
Riccardo, di fronte a quello sguardo, si sentì tanto importante da sentire il suo cuore perdere un battito, per poi aumentare di cinque o sei.
Era così bello che Alessandro lo guardasse in quel modo.
"Si, ancora" sorrise ancora il moro.
"Okay" rise Riccardo cingendogli le spalle con il braccio, per poi riprendere a camminare.
"Non ne ho molte però" osservò mentre cercava qualche altra lite stupida e iconica che aveva vissuto.
"Ma se fai sempre a botte tu" rise il più grande guardandolo ancora.
"Faccio sempre a botte io?" domandò il piccolo ricevendo un cenno "E tu che ne sai?"
"Si capisce da come dai i pugni" osservò Alessandro.
Era divertente il modo in cui stava parlando a causa dell'alcol. La voce era rauca e profonda, le parole trascinate.
"Da come do i pugni" ripetè Riccardo con un sorriso "E come do i pugni?" domandò guardando Alessandro e, per un secondo, si pentì di averlo fatto.
Avere quel ragazzo così vicino, nonostante fosse ubriaco, era assai pericoloso per lui.
Era sempre così ed era certo che mai si sarebbe abituato alla vicinanza di Alessandro.
Ogni tocco, ogni contatto, ogni sguardo sarebbe sempre stato come il primo, gli avrebbe sempre provocato lo stesso imbarazzo, la stessa tensione, lo stesso disagio.
"Li dai bene" biascicò Alessandro.
"Li dai bene anche tu, questo dovrebbe suggerirmi che hai fatto tanto a pugni?" domandò il ragazzo.
"La notte la notte la notte noi siamo un klan" canticchiò il più grande "Io ho la gang" proseguì tutto fiero.
"Si, che fa bang" rispose il più piccolo in un sospiro "Ora andiamo a casa, che devi riposarti e io devo darmi una pulita" disse Riccardo guardandosi la maglietta sporca.
"Ti faccio la doccia io" disse Alessandro allontanandosi e iniziando a camminargli davanti, guardandolo.
"Non esiste Alessandro" rise imbarazzato il piccolo.
"Si" trascinò l'ultima lettera Alessandro "Ti faccio la doccia io" ripetè.
"Me la so fare da solo, grazie" borbottò il piccolo cercando di non mostrare le guance rosse.
"Allora ti spoglio io" proseguì Alessandro con un sorriso furbo.
"So anche spogliarmi da solo, grazie" proseguì imperterrito il piccolo.
"Che vuol dire?" domandò Alessandro bloccandosi di colpo e Riccardo, seppur restando lontano, fece lo stesso.
"Anche io so spogliarmi da solo ma mi piacerebbe che tu mi spogliassi" fece spallucce.
"Sei ubriaco" disse Riccardo osservandolo.
"Non poi così tanto" rispose il più grande andandogli incontro.
"Pensi che non direi le stesse cose se fossi sobrio? Non ti ho mai fatto avance da sobrio? Mh?" domandò camminando ancora verso di lui.
Riccardo, preso dal panico improvviso, fece due o tre passi indietro.
Vide Alessandro notare la cosa per poi, salendo con lo sguardo lentamente lungo tutto il suo corpo, fermarsi nuovamente nei suoi occhi con un sorriso.
"Che c'è?" domandò alzando le spalle.
"Nulla" balbettò quasi il ragazzo.
"Ti ho messo in imbarazzo?" domandò Alessandro tornando serio.
"No" mormorò il piccolo "Cioè si, ma non sei stato tu" disse rapido.
"E cos'è stato?" domandò il ragazzo perplesso.
"Io, sono stato io, cioè i miei pensieri" sbuffò guardandolo "Hai finito? Sono ubriaco anche io, evita di farmi dire cose di cui mi pentirei" disse Riccardo riprendendo a camminare, per poi superarlo.
"Addirittura?" chiese Alessandro raggiungendolo.

Si sentiva di colpo più tranquillo e, la discussione con Ylenia era ormai solo un ricordo lontano, come fosse stato un sogno.
Sapeva bene che l'indomani, quel dolore sarebbe tornato assieme al post sbornia, rendendogli la giornata impossibile.
Ma adesso non voleva pensarci affatto.
Voleva solo godersi la tranquillità che finalmente si era creata.
Voleva godersi il tempo con Riccardo.
"Addirittura si" disse il piccolo mentre si guardava i piedi.
"E cosa vuoi che faccia quando torniamo a casa?" domandò Alessandro mentre metteva le mani in tasca "Per sapere" scrollò le spalle poi.
"Mi rimetti a posto la faccia" disse il piccolo guardandosi dalla telecamera interna del telefono.
Scattò una foto giusto quando Alessandro lo stava guardando ed entrambi si ritrovarono a ridere.
"La nostra prima foto e la fai post pestaggio" rise ancora Alessandro.
"Poi te la mando così ti ricordi che danni fai" lo guardò il piccolo.
"Più che altro mandamela come testimonianza della tua gelosia" sorrise.
"Ancora con questa gelosia?" lo guardò male Riccardo ma quell'espressione severa durò poco, infatti proprio quando il più grande si ritrovò a ridergli in faccia Riccardo fu costretto a fare lo stesso.
"Sei una merda" si lamentò guardandolo.
"Grazie" rispose però Alessandro.
"Grazie?" chiese il piccolo confuso.
"Si, grazie" disse Alessandro per poi riprendere a camminare.
Casa era ormai vicina.

*spazio autore*
forse tra qualche ora metto un altro capitolo ma non prometto nulla.

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