capitolo settanta: david di michelangelo.

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Quando Alessandro arrivò in casa si preoccupò molto di più a correre verso la veranda che a far qualsiasi altra cosa.
Tanto che fu Riccardo a dover chiudere il cancelletto, la porta di casa, e quella della cucina una volta arrivato nella veranda anche lui.
"Che cazzo corri se ancora ci vuole un po'?" domandò guardando il ragazzo, che se ne stava già poggiato sul muretto con il mento sulla mano.
"Stai zitto" mormorò Alessandro voltandosi a guardarlo con un sorriso "Piuttosto prendi da bere" proseguì indicando la cucina con la testa.
"Sei tu il proprietario di casa" mormorò il piccolo avvicinandosi a lui con le mani in tasca.
"Vai tu" proseguì fermandosi di fianco a lui e scrollando le spalle, tenendo sempre le mani in tasca.
Sentiva il solito e ormai inspiegabile imbarazzo anche adesso. Quell'imbarazzo che in realtà c'era ogni qualvolta i due restavano da soli.
A rompere quell'imbarazzo erano solo i baci, il sesso e gli altri attorno.
Ma quando c'era silenzio in casa, nessuno nei dintorni e poche parole da dire ecco che questo si faceva sentire, forte e insistente.
Ma era in realtà assai piacevole, così familiare da essere ormai apprezzato da entrambi.
Era un imbarazzo che sapeva di intimità, di timidezza, di tranquillità.
"Dai ti prego prendilo tu" rispose Alessandro rendendo quel sorriso assai più dolce, quasi supplichevole "Ti dico dov'è, è semplice" proseguì.
"Okay" sbuffò Riccardo trovando impossibile resistergli.
Sembrava tanto un bimbo in attesa di qualcosa che aspettava da tanto, glielo si vedeva negli occhi quel bisogno di tramonto, quella voglia di vederlo quanto prima.
L'impazienza gli rendeva gli occhi assai più grandi e profondi tanto che Riccardo se ne sentì quasi risucchiato.
Gli ricordavano tanto i suoi, quelli che aveva avuto milioni di volte da bambino, in attesa di quel film alla sera che aveva aspettato per un'intera giornata, o della giornata allo stadio con il papà.
Erano gli stessi occhi che aveva anche adesso che era più grande, quando aveva voglia di far uscire musica nuova, quando aspettava la mezzanotte per pubblicare un nuovo pezzo, quando faceva sentire una canzone chiusa agli amici.
Ed erano gli stessi occhi che aveva in questo momento, impazienti e accesi dalla voglia di condividere quel tramonto con Alessandro.
Non era che un tramonto come tanti altri, questo si, ma se era importante per Alessandro lo era anche per lui.
Condivideva la stessa impazienza soltanto guardandolo negli occhi.
"Guarda, vieni" disse il più grande avvicinandolo a lui e avvolgendogli le spalle con un braccio.
"Vedi il mobiletto li?" domandò poi avvicinando il suo volto a quello del piccolo.
Riccardo, prima ancora di guardare oltre il suo dito, prima ancora di sbirciare oltre la tenda per trovare il mobile, si ritrovò a guardare Alessandro con la coda dell'occhio.
Sentirlo così vicino era confortante quanto fastidioso, sentire il bisogno di averlo ancora più vicino, quello faceva paura.
"Devi guardare il mio dito, non me" sorrise sotto i baffi il più grande facendo voltare Riccardo rapidamente.
"Non guardavo te" borbottò poi per difendersi.
"Si" biascicò Alessandro facendo segno di no con la testa "Certo" proseguì ridendo.
Riccardo, prontamente, osservò oltre il dito del moro, alla ricerca del mobile nominato.
"Si" rispose guardandolo "Lo vedo" proseguì.
"Okay, là" rispose Alessandro per poi allontanarsi e tornare sul muretto.
"Ti aspetto" urlò quando Riccardo era già lontano.
"Sese" rispose il piccolo mentre trascinava i piedi, senza voglia, per raggiungere la cucina.
"Prendi anche i calici" sentì urlare Alessandro quando era già in cucina.
"Vuoi altro? Un caffè?" urlò di risposta, per poi sbuffare.
"Voglio te" rispose il ragazzo e Riccardo si fermò nel mezzo della cucina di conseguenza, fermo nella posizione nella quale si trovava.
"Qui" proseguì Alessandro non udendo risposta "Quindi sbrigati" finì.
Riccardo decise che non fosse il caso di dire nulla e, dopo essersi ripreso, prese la bottiglia in una mano e i due calici nell'altra.

Quando tornò fuori il cielo si stava già colorando di rosso e Alessandro, di spalle e senza maglietta, sembrava quasi dipinto in quello scenario mozzafiato.
Starlo a guardare da lì era appagante tanto quanto stare da soli davanti ad un quadro di Leonardo magari, o davanti al David di Michelangelo.
Essere l'unico spettatore di quella meraviglia era incredibile.
Era come essere il solo con un biglietto per poter ammirare un'opera d'arte in realtà tanto ambita.
"Vieni qui" disse Alessandro interrompendo ogni suo pensiero e, tornare alla realtà, per la prima volta, non fu poi così brusco.
Entrare in quel quadro era altrettanto bello, anzi forse addirittura più bello, che starlo a guardare da fuori.
"Dai, che da qui è più bello" proseguì voltandosi a guardarlo e rimase immobile di fronte alla vista di quel volto estasiato.
Gli sembrava così strano che Riccardo lo guardasse con quegli occhi, tanto che per un secondo pensò che quegli occhi non stessero in realtà brillando per lui ma piuttosto per quel tramonto.
"Anche da qui era bello" disse Riccardo scrollando le spalle.
Alessandro corse con lo sguardo su di lui, per la prima volta semplicemente con ammirazione.
Quel corpo scolpito era illuminato dalla luce rossa del cielo. Sul suo petto nudo quel sole calante creava ombre che sembravano renderlo una scultura, tanto bello da essere ammirato e basta.
"Vieni dai" sorrise Alessandro e, quando Riccardo gli fu vicino, di seguito a quel pensiero fatto, ebbe quasi paura a toccarlo.
Era così bello da guardare, così tanto, che quel corpo puro e quel volto bambino sarebbero soltanto bruciati sotto al suo tocco.
"Tieni" parlò piano il piccolo porgendogli la bottiglia "e..i bicchieri" proseguì mettendoli sul muretto.
Il più grande, dopo un piccolo sorriso di ringraziamento, aprì la bottiglia per poi riempire i bicchieri di vino bianco.
"Vino bianco da ricchi" rise il piccolo prendendo il calice tra le mani.
"Non sei abituato vero?" lo prese in giro Alessandro per poi avvicinare il suo calice a quello di Riccardo per fare un brindisi.
Riccardo lo assecondò, per poi attaccarsi al bicchiere con la speranza che l'alcol potesse servire a diminuire la tensione.
"Ancora?" domandò Alessandro con gli occhi sbarrati, trattenendo una risata.
"Mhmh" disse rapido il piccolo e guardò con ansia il bicchiere riempirsi ancora.
"Piano oh" rise Alessandro notandolo bere ancora.
"Manco fossi teso" proseguì e Riccardo si fermò, con il calice a metà tra la bocca e il marmo.
"Ops" proseguì il più grande con voce trascinata "C'ho preso" farfugliò poi.
"No, ma quando mai" parlò rapido il piccolo tornando a bere.
"Ma quando mai, infatti" rispose Alessandro tra una risata e l'altra, per poi bere il suo vino.
"Avevo solo sete" si difese il ricciolino guardandolo per un solo istante.
"Di vino" rispose Alessandro senza farla uscire come una domanda, né come una risposta non troppo sicura.
Finse che fosse tutto normale, che non ci fosse nulla di strano in quello che il più piccolo stava dicendo.
"Si, di vino" rispose lui smettendo di colpo di guardarlo.
"E come mai non mi guardi?" domandò a quel punto il più grande prendendo la palla al balzo.
"Sto guardando il tramonto" disse il piccolo indicando il cielo.
"Quindi non hai nessun problema a guardarmi?" domandò Alessandro con un sorriso furbo sul volto.
"Non ti importa più del tramonto?" domandò sperando che la finisse di parlare ma Alessandro lo guardò esattamente nello stesso modo, mantenendo lo stesso sorriso, la bocca semi aperta, il busto leggermente voltato verso di lui.
"Perché dovrei avere qualche problema a guardarti?" rispose il piccolo a quel punto, annoiato.
Eppure per quanto volesse farlo non riuscì a guardarlo, ancora.
Troppo intimidito da quella situazione forse, o spaventato all'idea di poterlo baciare se soltanto si fosse voltato.
Voleva in realtà soltanto godersi quel tramonto, e avrebbe voluto che Alessandro la smettesse con quei giochi e con quegli occhi su di lui, e facesse lo stesso.
"No ma infatti, che problema dovresti avere" rispose Alessandro con tono ovvio e, per quanto solitamente proprio quella frase avrebbe fatto voltare Riccardo, ecco che ancora una volta non si voltò.
Strizzò gli occhi consapevole del fatto che di certo dandogli ragione in quel modo Alessandro di guardarlo sodisfatto non avrebbe smesso e, cercando ancora coraggio nel vino, riempì l'ennesimo bicchiere.
"Allora guardami" parlò rapido Alessandro, voltandosi totalmente con il busto verso di lui.
Riccardo sentì tutto il corpo tremare di colpo, e si fece rigido nella sua postura, stringendo forte il calice alla mano destra, tanto che ebbe persino paura di romperlo.
Ma cosa gli stava succedendo?
Era stato così tranquillo quel giorno, così tanto che adesso quasi non si riconosceva.
Come mai tutta quella tensione improvvisa?
Solo il pensiero di guardare negli occhi Alessandro gli metteva tanta ansia da togliergli il respiro.
"Certo" rispose comunque, stranito dal fatto che, al contrario di tutto, la voce non fosse bloccata.
"Sto aspettando" rispose Alessandro incrociando le braccia al petto.
Senza pensarci, ne senza sapere come avesse fatto, Riccardo si voltò a guardarlo.
"Contento?" domandò alzando un sopracciglio.
"Si" rispose il più grande con un sorriso fiero.
"Quasi mi era parso che non riuscissi a guardarmi, come fossi teso" lo prese in giro poi.
"Io? Teso? Ma quando mai?" mentì spudoratamente il piccolo.
E per quanto la risposta fosse rapida e pronta tanto da sembrare vera fu la voce a tradirlo, tremando.
"Tu teso" rispose Alessandro "Si" finì con un sorriso.
"Se è per la cosa della spiaggia tranquillo, non sentirti in imbarazzo io.." prese a parlare poi, cercando di capire quale fosse il problema.
Era certo si, lusingato, dal modo in cui il piccolo non riuscisse a guardarlo per la tensione, o per la paura che i suoi occhi si bloccassero su di lui.
Ma voleva comunque sapere se fosse tutto okay.
"Nono" lo interruppe lui "Non è quello è solo che.." prese a parlare ma poi si bloccò, mordendosi un labbro per zittirsi.
"Che?" domandò Alessandro avvicinandosi appena a lui e facendolo sussultare.
"So che per te il tramonto è importante, e piace anche a me te lo giuro ma" riprese a parlare il piccolo, tanto rapidamente che quasi era impossibile capirlo e stargli dietro.
"Ma?" domandò il più grande cingendogli la vita con le mani.
Lo sentì sussultare e vide le sue mani tremare.
Che fosse agitato era ovvio, dove sarebbe arrivato con quelle parole disordinate invece no.
"Ma lo dobbiamo finire per forza? Cioè proprio per forza per forza?" domandò il piccolo forzando un sorriso tenero.
"Perché? Hai altri piani?" domandò Alessandro abbozzando un sorriso.
Tirò un sospiro di sollievo nel capire che il problema era proprio quello che sperava fosse: Riccardo non resisteva più tanto quanto lui.
"Forse..penso..si" balbettò il ragazzo "Andiamo nella tua stanza Ale?" finì quasi sussurrando e si sentì subito il petto leggero dopo quella domanda.
Se la teneva dentro da troppo tempo e proprio non ne poteva più.
"Si" disse Alessandro con un gran sorriso.
"Non volevi vedere il tramonto?" domandò Riccardo perplesso facendo sbuffare il più grande.
"Perché fai sempre un passo avanti e poi due indietro?" domandò infatti spontaneamente.
"Perché mi viene l'ansia" fu sincero il piccolo.
"Andiamo in stanza e zitto" rispose Alessandro iniziando a camminare verso l'ingresso della cucina.
"Prendi il vino" proseguì poi.
"Prendo il vino" sussurrò il piccolo tornando indietro. "E i bicchieri?" urlò poi guardandolo.
"Non vale la pena, poi non so, non penso sia un problema bere dalla stessa bottiglia no?" domandò con un sorriso furbo.
"Non prendo i bicchieri" si limitò a rispondere il piccolo impacciato facendo scoppiare a ridere Alessandro.
"Peccato per il tramonto" sbuffò poi Riccardo, palesemente per provocare il più grande.
"Fanculo i tramonti" rise Alessandro chiudendo la persiana.
Il buio li avvolse eppure gli occhi accessi di Riccardo era facilissimo vederli lo stesso.
Splendevano quasi nella penombra della casa.
"Non eri il tipo da tramonti tu?" domandò Riccardo con un sorriso soddisfatto.
"Sono più tipo da sesso con te" rispose Alessandro imitando il suo sorriso.

*spazio autore*
scusate il ritardo, domani capitolo più lungo per farmi perdonare.
oggi sono stata con parenti quindi non ho scritto.

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