capitolo ventitre: a bordo piscina.

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I due avevano finito di cenare ormai da un po' e, dopo qualche chiacchiera Riccardo era andato a dormire, troppo stanco dalla sera precedente.
Alessandro invece, nonostante la notte quasi insonne passata, non si sentiva stanco.
Era a bordo piscina, con i piedi dentro l'acqua è una canna tra le mani e mai, come in quel momento, si era sentito così tranquillo.
Avrebbe potuto fare mille cose in quel momento, magari pensare a quel bacio, o piuttosto chiamare la sua migliore amica per raccontarglielo ma preferì approfittare di quel momento solo suo.
Si soffermò sul riflesso della luna nella piscina poco illuminata e si ritrovò a sorridere.
Era rossa, piena e bellissima e il ragazzo sentì come di essere privilegiato, di essere l'unico a godere di quel meraviglioso spettacolo.
Buttò via il fumo dalle narici e prese a muovere distrattamente i piedi dentro l'acqua trasparente meravigliandosi di quel momento di profonda meditazione che si stava concedendo senza neppure sforzarsi.
Nessun pensiero nella testa da fermare, solo semplice calma e profonda serenità.
"Ehi" sussurrò qualcuno alle sue spalle facendolo sussultare "Scusami non volevo spaventarti" proseguì.
Alessandro si voltò osservando attentamente Riccardo, in piedi di fronte a lui.
"Stai male?" chiese preoccupato.
"Nono" si affrettò a dire il riccio "Volevo solo fumare una sigaretta ma quella è meglio" finì indicando la canna.
"Non sono disposto a condividerla" rispose Alessandro riprendendo a fumare.
"Pensavo fossi un tipo generoso" si lamentò Riccardo mentre a fatica si sedeva sull'erba.
Mise dentro l'acqua la gamba sinistra e si sedette di lato, in modo da lasciare fuori l'altra.
"Dobbiamo scrivere qualcosa su quel gesso" osservò il più grande indicandolo.
Era troppo vuoto e semplice, quasi triste alla vista.
"Se mi passi quella si" insistette il più piccolo e Alessandro, seppur contro voglia, gliela porse.
"Ricordamelo domani" riprese a parlare subito dopo, indicando nuovamente la sua gamba destra.
"Come mai?" chiese Riccardo mentre buttava il fumo fuori dalle narici per poi aspirare ancora.
Si sentì immediatamente rilassato.
"Quando ero piccolo mi sono fratturato il braccio e nessuno me lo ha firmato il mio gesso" sospirò il più grande.
"Io te lo avrei firmato" parlò sincero il piccolo porgendogli di nuovo la canna.
Alessandro la prese per poi sorridere giusto un po' prima di aspirare.
"Comunque te lo ricordo domani" finì Riccardo ricevendo l'ennesimo sorriso dall'altro ragazzo.
"Sarà meglio" sospirò Alessandro per poi riprendere a fumare.

"Posso farti una domanda?"parlò il piccolo di colpo.
Avevano da un pezzo finito di fumare e si stavano godendo il silenzio rilassante di quella serata estiva.
"Dimmi" ripose il più grande guardandolo di colpo.
"Tu sapevi chi fossi quando sono arrivato qui la prima volta?" chiese Riccardo forzando un sorriso.
"Vuoi sapere se conoscevo la tua musica Blanchito?" chiese il moro ridendo giusto un po'.
"Non chiamarmi così" sbuffò Riccardo mettendo una mano sul volto per nascondere il sorriso imbarazzato.
"Perché Blanchito?" ripetè l'altro marcando quel nome "Ti chiamano così tutti" finì sincero.
"Si ma è come se io ti chiamassi Mahmood ora che conosco Alessandro" cercò di spiegare il suo pensiero muovendo appena le mani.
"Non mi conosci" ripose rapido il moro muovendo i piedi dentro la piscina.
"Più di quanto ti conoscano i tuoi fan si" proseguì deciso il ragazzo.
"Si, ma semplicemente perché mi hai vissuto oltre le canzoni" fece spallucce Alessandro.
"Non mentire" rise appena Riccardo "perché un po' ti conosco" ripetè guardandolo attentamente.
"Okay si" parlò il più grande buttando la testa verso dietro esausto "un po' mi conosci"
"E tu un po' conosci me" proseguì il riccio sperando di aver fatto intendere il suo concetto.
"Quindi non vuoi che ti chiami Blanco perché ho conosciuto Riccardo? Intendi questo?" chiese di colpo il più grande voltandosi un po' per guardarlo.
"Perché ti sto donando un pezzo di Riccardo, si" fece un cenno leggero il ragazzo.
"Okay, allora ti chiamerò Riccardo" sussurrò il moro convinto "Solo se tu mi chiamerai Alessandro" sorrise appena per poi alzarsi.
"Dove vai?" chiese il piccolo di colpo stranito.
Stava stando così bene lì, a fumare e parlare a bordo piscina che il pensiero che il momento fosse già finito gli diede fastidio.
"Prendo un asciugamano e le sigarette" lo tranquillizzò il più grande seppur inconsapevolmente.

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